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Perché è importante la distinzione tra Nomi Comuni e Nomi Propri

Il docente e scrittore Massimo Roscia, in occasione della Settimana della lingua italiana nel mondo, ci concede microlezioni tratte dal suo libro. Oggi parliamo di Nomi Comuni e Nomi Propri

MILANO – Da oggi fino al 23 ottobre si tiene la “Settimana della lingua italiana nel mondo”, curata dal Ministero degli Affari Esteri, dall’Accademia della Crusca e, all’estero, dagli Istituti Italiani di Cultura, dai Consolati italiani, dalle cattedre di Italianistica attive presso le varie Università, dai Comitati della Società Dante Alighieri e da altre Associazioni di italiani all’estero. Per l’occasione, oltre a presentarvi quali sono gli errori grammaticali più comuni commessi dagli italiani, abbiamo chiesto al docente e scrittore Massimo Roscia, autore del libro “Di grammatica non si muore” (Sperling & Kupfer), di darci in pillole alcune microlezioni tratte dal suo libro e legate ad alcuni degli errori linguistici più comuni. Dopo averci parlato della funzione delle sillabe e del corretto utilizzo degli accenti, oggi ci spiegherà la differenza tra Nomi Comuni e Nomi Propri.

 

NOMI COMUNI E NOMI PROPRI

È tutto molto semplice; camminiamo sul velluto, per ora. I nomi comuni sono quelli che indicano in maniera generica persone, animali, luoghi, cose della stessa specie (ragazzo, cantante, albero, città); i nomi propri sono invece quelli che identificano in maniera specifica, all’interno di una categoria, un determinato elemento: «Ken Daurio e Cinco Paul sono i creatori dei Minions»; «Dopo un lungo viaggio i tre scagnozzi arrivano finalmente a New York»; «Alla fine del film Kevin, Stuart e Bob ballano sulle note di Revolution dei Beatles». A cosa serve questa distinzione? Provate a chiamare, all’interno di un locale affollato, il vostro amico Matteo dicendo semplicemente «ragazzo». Si gireranno in venti. Oppure provate a chiedere informazioni a un passante, al centro di Roma, pregandolo di indicarvi una non meglio precisata «via». Vi insulterà in dialetto romanesco. Detto dell’utilità, un’avvertenza: i nomi propri – non dimenticatelo mai – hanno sempre l’iniziale maiuscola. Per quanto spregevole, non potete scrivere hitler*, un cognome di persona, con l’iniziale minuscola. Al contrario, non potete scrivere Sturalavandino con la s maiuscola, a meno che non stia all’inizio della frase o, meno probabile, sia il cognome del vostro vicino di casa. «Chi mette a capriccio, e senza ben fondata ragione Lettere Maiuscole, o Minuscole», scriveva il letterato Pier Domenico Soresi nei suoi Rudimenti della lingua italiana nel lontanissimo 1762, «oltre che fa una Scrittura poco leggiadra a vedersi, la rende il più delle volte intralciata, e confusa.»

* a proposito di Hitler, ho appena terminato di leggere “Lui è tornato”, romanzo di Timur Vermes. Ne consiglio caldamente la lettura.

 

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