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Trent’anni dopo – racconto di Milena Privitera

Da allora non si erano più incontrati. Trent’anni. Trenta lunghi anni durante i quali le loro vite, come due strade parallele erano state percorse ma non si erano mai più incrociate. A volte in quei trent’anni si erano inviati lettere scritte con una calligrafia minuta e fitta dove si raccontavano solo ciò che l’altro doveva sapere. Lei quando si recava in libreria prestava sempre attenzione agli immensi scaffali di libri per cercare il suo nuovo romanzo. Di fatto una volta trovato, lo comprava, ma poi non sempre riusciva a leggerlo. Quando questo accadeva lo immaginava con il suo cappotto, sempre quello, e il suo cappello, sempre lo stesso, solo un po’ più curvo, canuto e meno bello. Lui, invece, ogni tanto sfogliando i giornali aveva letto dei suoi successi teatrali di cui si era più volte ripromesso di andare a vedere. Lui non riusciva a immaginarla: di lei le era rimasto impresso nelle narici quel dolce profumo di gelsomino. Solo una volta in quei trent’anni lo aveva risentito in maniera intensa, inebriante, e l’aveva rivista, bella, eterea, raggomitolata, come un escargot, nella sedia di velluto bordeaux vicino a un vecchio tavolino di mogano da tè, di fronte al caminetto acceso, che emanava un calore rosso fuoco in una tearoom al centro di Londra.
Quando aprì la porta e lo vide lì in piedi, era più emozionata di trent’anni prima e anche lui sembrava più coinvolto di allora.
“Quanto tempo …”
“Già …”
“Accomodati. Stavo per farmi un tè.”
“Non dirmi che hai preparato anche la torta …”
“No, mi dispiace ci sono solo delle tartine.”
Dopo aver appoggiato cappotto e cappello, si guardò intorno, tutto apparentemente era lo stesso, solo un po’ più malandato e scolorito dallo scorrere di un tempo dilatato che aveva incartapecorito l’atmosfera della stanza. Qualcosa non era al suo posto e lo disorientava. Ecco, il caminetto, dov’era finito il caminetto? Al suo posto un enorme termosifone bianco di ghisa irrompeva tra i mobili antichi vicino il vecchio tavolo e la poltrona azzurra ormai sbiadita.
“Vuoi una sigaretta?”
“Non fumo più, sai il cuore.”
“Ma accomodati, ti servo subito il tè.”
L’emozione del primo momento aveva lasciato spazio all’imbarazzo. Lui continuava a rimanere in piedi, toccandosi nervosamente la cravatta blu cobalto e lei teneva nella mano pallida e tremante la teiera di porcellana cinese e nel versare il tè macchiò la tovaglietta ricamata finemente e ingiallita dal tempo. Il silenzio che li separava veniva interrotto in maniera ritmata da un rumore secco proveniente dalla strada adiacente: un fastidioso tonfo metallico.
“Hai letto il mio ultimo romanzo?”
“No, non ancora. Ė appoggiato sul mio comodino. Ogni sera prima di addormentarmi mi riprometto di iniziarlo ma, sai, in questo periodo ho prove ogni giorno e sono stanca, molto stanca.”
“Stai preparando una nuova commedia?” A quando il debutto?”
“Il prossimo mese. Verrai a vederla?”
“Ho letto che riproponete “Il ventaglio di Lady Windermere”. Sei perfetta in quel ruolo. Ricordo perfettamente la tua interpretazione e il successo che hai ottenuo”.
“Non sono più Lady Windermere, sai l’età. Sono Mrs Erlynne, un ruolo più adatto a me e poi così potrò dire di aver recitato tutte le donne di Wilde”.
“Non credo che il personaggio di Mrs Erlynne ti si addica molto, troppo egocentrica, troppo spregiudicata. Sei sempre stata una perfetta interprete della figura femminile fragile e buona, romantica ed innamorata, perbene e gentile”.
“Non parlare con tanta severità delle donne. Ora non credo più che la gente si possa dividere in buona o cattiva, come si trattasse di razze o creazioni diverse. Quelle che chiamiamo donne buone possono avere in sé cose terribili, pazze disposizioni d’animo all’indifferenza, all’egoismo, alla gelosia, al peccato. Le donne cosidette cattive, possono avere in sé dolore, pentimento, pietà, spirito di sacrificio. E non credo che Mrs Erlynne sia una donna cattiva … adesso so che non lo è.” (da Il Ventaglio di Lady Windermere)
“Sai bene che le donne sono state accettate nell’arte, nei secoli, prevalentemente come oggetto da guardare, da desiderare da raffigurare. Anche Wilde non è da meno e trasmette la stessa idea di donna-oggetto passivo in mano dell’uomo”.
“Eppure mi sono divertita molto di più ad interpretare Mrs Erlynne di quanto mi sia divertita trent’anni fa a recitare il ruolo di Lady Windermere. Mrs. Erlynne è una donna moderna del suo tempo; impavida, indipendente, coraggiosa e sincera sino alla fine”.
Continuarono a conversare del più e del meno, soffermandosi soprattutto sui loro temi preferiti: letteratura, teatro, psicanalisi. Gli argomenti erano vecchi proprio come loro due. Il mondo era cambiato in quei trent’anni e loro fingevano di non saperlo. Ancora una volta c’era un altro modo di parlarsi e ancora una volta non lo avevano trovato. Dalla strada il tonfo assordante e fastidioso ritmava le loro parole vuote e i loro pensieri confusi, segnando una linea di demarcazione tra il passato e il presente.

 

Milena Privitera

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