“Vivere è facile con gli occhi chiusi”. (John Lennon)
C’erano voci, luci, profumi attorno a lei, ma non era del tutto certa di essere sveglia. Non lo era mai.
Certe volte si sentiva pesante, come se tutte le paure e i problemi del mondo le gravassero sulle spalle, e altre volte, invece, accadeva l’esatto contrario: era leggera, quasi staccata dal proprio corpo. Era lontana, era altrove. Era in un sogno.
Aprì meglio gli occhi, sbattendo più volte le palpebre, tentando di mettere a fuoco le immagini. Sì, era sveglia e la professoressa di economia stava spiegando qualcosa. Che cosa? Lei non riusciva a sentire; nessuno stava mai veramente a sentire la professoressa di economia: c’era Nicola che lanciava palline di carta sulla testa di Riccardo, c’era Katia che whatsappava quasi sicuramente con qualcuno dei suoi spasimanti, c’era Emilio che disegnava nudi femminili sul suo quaderno…
Nessuno era realmente in classe, i pensieri di tutti erano già proiettati alla spiaggia, ai giorni di sole, alla primavera che era appena arrivata e che li richiamava a sé.
Al suono improvviso della campanella, gli studenti si alzarono dal proprio banco in un unico movimento. Tutti tranne lei. Lei non aveva fretta di andare.
Andare dove?
A sedici anni Marta si poneva tutti quei quesiti esistenziali che chiunque si domanda prima o poi, nel corso della propria vita: chi siamo? Da dove veniamo? Qual’è il nostro scopo? Dove andiamo? La vita cos’è? E che succede dopo, quando si muore? Perchè? Perché tutto? Perché la scuola? Perché lavorare? Perché sposarsi e procreare?
Perchè?
E poi, il quesito più importante: l’amore che cos’è? A sedici anni una ragazza non pensa ad altro, e Marta non era da meno. Dov’era l’amore? Cos’era? Cosa si provava ad amare un ragazzo, e ad essere amata?
“Vuoi restare qui? Non hai sentito la campanella?” le domandò qualcuno, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Alzò il capo e vide Lorenzo e Silvia che le venivano incontro. “Stai bene?”
“Non lo so” fece lei vagamente, tirandosi su con un po’ di fatica. Raccolse le proprie cose dal banco e infilò tutto disordinatamente nella cartella.
Silvia la prese a braccetto conducendola verso l’uscita. “Noi stiamo andando ai giardinetti. Vieni?”
“Non posso. Devo andare ad aggiornare il sito…”
Vide Silvia sospirare e Lorenzo scuotere la testa: “Ovvio, in una così bella giornata di primavera tu preferisci restare davanti al pc ad aggiornare il tuo stupido sito web”.
“Ehi!” Marta si voltò a guardarli, torva. “Non è… stupido”. Quasi sputò quella parola. “Se proprio vuoi saperlo è uno dei siti web di ufologia più visitati in Italia”. Ed era vero: UfoFriends.com era nato in un noioso pomeriggio di dicembre, dapprima come semplice blog in cui la gente poteva segnalare avvistamenti, poi come vero sito per appassionati di ufologia. Marta lo curava personalmente, spesso aveva persino trascurato gli studi per dedicarsi ad esso, ma ne era valsa la pena. Ne andava molto orgogliosa. Una volta era stata persino contattata dal Cisu – il Centro Italiano Studi Ufologici – per partecipare a un importante meeting, ma l’invito era stato annullato quando avevano scoperto che la creatrice di UfoFriends.com altri non era che una sedicenne annoiata.
“Tu hai qualche problema se sprechi un simile pomeriggio di sole per restartene in camera tua tutta sola”, ribadì Silvia. “Dai, non farti pregare!”
Marta abbozzò un sorriso. Se qualcuno le avesse chiesto di definire Silvia e Lorenzo lei avrebbe risposto che non erano esattamente i suoi migliori amici ma che erano comunque le due persone che lei ‘sopportava meglio’. Ecco, quella sarebbe stata la definizione più esatta ma, a modo suo, voleva bene a entrambi. “Facciamo che vado a casa, aggiorno velocemente il sito e poi vi raggiungo ai giardinetti” disse per placare le loro lamentele. Si liberò dalla presa di Silvia, soffiò un bacio in sua direzione e si diede alla fuga verso casa.
Il percorso era sempre lo stesso di tutti i giorni: dritta fino alla villetta di mattoni rossi, attraversava la strada e percorreva il viale alberato; arrivata al bivio girava a sinistra, superava il Miro Barber Shop, il barbiere dei ricchi – Marta era certa di aver visto persino qualche personaggio famoso della tv uscire da quelle porte con un nuovo look – e la gelateria di Monica, dove lei aveva comprato i frappè più buoni della sua vita. Casa sua era una costruzione su tre piani che sorgeva oltre un imponente cancello nero in ferro battuto. Suo padre l’aveva comprata per ostentare la propria ricchezza, e Marta l’aveva sempre considerata esageratamente grande. Che cosa se ne faceva una famiglia di quattro persone – due delle quali trascorrevano la maggior parte della giornata in ufficio o in viaggio per affari – di cinque bagni e sette camere da letto?
Arrivata in cucina, Marta gettò la cartella su una sedia, aprì il frigorifero e afferrò la prima cosa che vide – uno yogurt alla soia già aperto e dall’aspetto non proprio invitante. Per un po’ si sforzò di non pensare a niente, di godersi semplicemente il silenzio di quella casa troppo grande e troppo vuota, mentre consumava il suo misero pranzo.
Cinque minuti dopo era già al lavoro, davanti allo schermo del suo portatile. Scoprì con piacere che erano arrivate una decina di nuove email per UfoFriends. La prima era piena di complimenti che la fecero gongolare:
“Il sito è stupendo, lo visito ogni giorno, fate un lavoro straordinario… anch’io condivido la vostra idea che non c’è d’avere paura con gli extraterrestri e che dovremmo invece accoglierli nel nostro pianeta come AMICI. Grazie per quello che fate. Con affetto, StellaAzzurra93”
Marta sorrise tra sé e decise che avrebbe risposto più tardi. Passò alla seconda email:
“Buongiorno. Vi scrivo per segnalarvi che ieri notte, alle ore 21.35 circa, ho avvistato una forma luminosa nel cielo e mi sono anche preso uno bello spavento. Era abbastanza vicina, con delle luci rosse sul lato superiore simili a delle fiamme. In allegato alcune foto che sono riuscito a scattare. Saluti, by the Watcher of the Sky”.
Marta scaricò le foto e fece un balzo sulla sedia quando le aprì: era la Torta Fiammeggiante! Non era la prima volta che veniva avvistata, ma queste foto erano sinora le migliori che aveva ricevuto. Alta risoluzione, vicinanza impressionante, si vedevano persino alcuni dettagli che nelle altre foto, così sfocate, non era riuscita a notare. La Torta Fiammeggiante é ritornata! Sì, sarebbe stato un ottimo titolo per il suo nuovo post sul sito, pensò lei mentre passava alle prossime email. Pubblicità, pubblicità, complimenti, pubblicità, e poi ecco un’altra mail di segnalazione:
“Ciao, Team di UfoFriends! Ieri sera ero a cena con degli amici e quando siamo usciti dalla pizzeria abbiamo visto una cosa strana. L’abbiamo vista tutti quindi non ero ubriaco! 🙂 Era grande, dalla forma di una palla da rugby, e la luce che emanava sembrava fuoco rosso e vivo. Purtroppo non siamo riusciti a fotografarlo però non siamo stati gli unici a vederlo… qui a Montevecchio lo hanno visto tutti”.
Montevecchio. Marta rilesse l’email due, tre, quattro volte. Possibile che la Torta Fiammeggiante fosse apparsa sopra il suo stesso cielo? Montevecchio distava a pochi chilometri dal suo paese! “Che stupida sono! Stupida! Stupida!” esclamò mettendosi le mani nei capelli. “Invece di scrutare il cielo alla ricerca di ufo me ne sto sempre davanti a questo STUPIDO computer come una STUPIDA!”
Inveì contro sé stessa ancora per qualche minuto, prima di farsi prendere dallo sconforto. Cominciò a pensare che forse doveva mollare tutto, che forse era arrivato il momento di cambiare passatempo, che forse doveva spegnere quel dannato pc e raggiungere immediatamente i suoi amici, che forse doveva smetterla di sperare di trasferirsi in mondi sconosciuti e di cercare creature aliene…
Chiuse il portatile in un solo gesto secco e ci si poggiò sopra, nascondendo il viso tra le braccia incrociate. “La Torta Fiammeggiante era sopra la mia testa ed io non me ne sono nemmeno accorta” sussurrò quasi piangendo. Lei la studiava da così tanto tempo! Era un ufo diverso da tutti gli altri e… lei sentiva che era importante, in un modo che non riusciva a spiegare.
Vivere è facile con gli occhi chiusi.
Non era del tutto certa di essere sveglia. Non lo era mai. Di una cosa era sicura però: il sole stava tramontando, e la camera da letto era inondata dai suoi raggi tenui. Cercò di abituare la vista a quella luce soffusa stropicciando un po’ gli occhi, quando si accorse di non essere più sola nella stanza.
La prima figura che notò fu quella della bambina. Marta non aveva mai visto degli occhi tanto grandi su un viso tanto bello. Indossava un lungo abito bianco – lo stesso colore della sua pelle – e aveva un pesante pendente ovale che le brillava al petto.
Continua…
Francesca Garau