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Se rimani, qualcosa di te andrà comunque via – racconto di Mariapia Crisafulli

Se rimani, qualcosa di te andrà comunque via. Lo aveva letto una volta, da qualche parte in uno dei tanti libri che aveva letto. Lo aveva letto e, come spesso capita, lo aveva interiorizzato facendolo un pensiero suo. Era già grande, era già forte e pronta – o almeno così sembrava – per affrontare la vita. Glielo avevano detto in tanti: “Farai strada. Hai talento. Sei grande. Diventerai qualcuno…”. Mentre camminava tutto questo le rimbombava nella testa, la rendeva distratta, assorta, veloce nel passo… “Lia, ci sei? Ti vedo assente…”. “Sì, va tutto bene, sono solo un po’ stanca. Scusami”. Era una frase fatta e sempre pronta all’uso, quella; una garanzia a lungo termine per le domande che non esigono una vera risposta. Lei voleva partire, amava partire perché, in fondo, amava tornare, portando con sé sguardi e sorrisi nuovi. Quel pomeriggio fin troppo assolato, mentre camminava a testa china, pensava anche a questo. Ma non le era facile avere dei desideri, non era facile vederli disfarsi tra le sue mani nel momento esatto in cui erano pronte ad accoglierli. Ed era triste, più di qualche tempo prima, più che mai. Salutò le amiche e andò a casa.

Ogni volta che si chiudeva la porta dietro le spalle, il tonfo faceva una forte eco che squarciava il silenzio in maniera quasi assordante: erano i suoi pensieri che, finalmente, potevano urlarle contro, ricordandole che ancora una volta aveva fallito. Lei allora si chiudeva nello studio, si sedeva alla scrivania e scriveva, buttava via tutta la rabbia che per tutto il giorno -e per tutti suoi anni- si era portata dentro. E per un attimo trovava la pace: mite, silenziosa, paga… abbracciava le sue braccia ed era grata alle lacrime che avevano imparato a fare il loro corso, al momento giusto. Poi, dopo essersi sfogata abbastanza, si metteva al lavoro. Quel pomeriggio terminò tardi, più tardi del solito: doveva portare a termine un compito gravoso che da sola si era inflitta, finendo, però, per compiacersene. Quel giorno era fiera di sé, quel giorno ce l’aveva fatta, si ripeteva. Lei era fatta così: le bastava fare il suo dovere, riuscire a farlo bene per sentirsi a posto, per tornare a darsi un giusto senso. Quegli ultimi mesi erano stati duri, è vero, ma erano stati anche necessari: il trampolino di lancio per l’ennesima caduta? No, se ben assimilati potevano essere ancora di più, potevano essere anche meglio.

E il meglio era partire, ne era certa: l’idea del viaggio coccolava i suoi incubi, acquietandoli. Ma quando? Ma per dove? Ma con chi? Ah, le domande… che grande inquietudine iniettavano nel suo fragile cuore! Però le piacevano, le concedevano tutte quelle possibilità che la realtà si ostinava a nasconderle. Non aveva l’ambizione del “voglio ricominciare tutto daccapo”, sapeva bene che i grandi obbiettivi sono fatti di piccoli passi; lei voleva iniziare proprio da lì: da un tragitto breve ma incisivo. Cominciò col comprarsi un nuovo paio di scarpe, comode e leggere: quelle per le lunghe passeggiate estive. Comprò una nuova borsa dove poter mettere i libri per l’università. E poi ne comprò altri, di libri, giusto per il gusto di farlo, giusto per la soddisfazione di averne sempre di più. Pochi gesti ed era partita: aveva piantato dentro sé il germe del viaggio. La sua gatta, dal divano, la fissava; anche lei intuiva un deciso cambiamento. Non era un cambiamento fisico, radicale, recepibile con pochi sguardi: era un cambiamento riscontrabile nella tensione delle rughe, il suo, nella luce degli occhi…

Un grande saggio lo definirebbe passaggio esistenziale, il classico viaggio interiore che ha per meta il viaggio stesso, la scoperta del valore della propria vita. La spiritualità, sia religiosa che laica, l’aveva sempre affascinata: credeva fortemente in qualcosa di intangibile che ci vive dentro, che designa il vero noi. Tutti gli uomini, visti da dentro, si assomigliano, aveva letto una volta da qualche parte in uno dei tanti libri che aveva letto; a una prima lettura ci aveva persino creduto, ma adesso era sempre più convinta che gli esseri umani fossero simili nella loro rara e speciale diversità. Ed era quella diversità che lei andava cercando, affinché la sottraesse alla sua attuale esistenza che tanto le andava stretta, costringendola a reprimersi, a disconoscere quella persona che ancora faceva fatica a identificare, sebbene portasse addosso il suo nome e il peso ancora leggero dei suoi anni…

 

 

Mariapia Crisafulli

 

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