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Racconto di Elena Mazzocchi

Sam uscì di casa sbattendo la porta, sapeva che quello che, di lì a poco avrebbe dovuto affrontare, non gli avrebbe portato niente di buono ma era l’ unico modo per uscire da quella situazione. Mentre scendeva le scale un tremore gli attraversò il petto fino a sfiorargli il cuore facendolo battere più forte. Fuori, anche il tempo sembrava condividere il suo stesso stato d’ animo, pioveva e l’ aria era umida e appiccicosa.

Sam abitava al sesto e ultimo piano di un palazzo di periferia un luogo, per come si dice, “dimenticato da Dio”, dove però lungo le sue strade con tanta fatica, era riuscito a costruire la sua vita. Qualche minuto dopo era in strada, mise il cappuccio per proteggersi dalla pioggia e prese a camminare lungo un viale deserto che lo avrebbe condotto a destinazione; aveva deciso di rompere gli accordi con gli spacciatori che per mesi gli avevano venduto la roba, era stufo di quella vita che gli aveva promesso tanto e dato niente.

Con il fiato sospeso entrò in un bar, con un insegna gigantesca illuminata di rosso, dove c’ era scritto il nome del locale: “AMERICA”.
L’odore di whisky si poteva sentire fin dalla soglia della porta, all’ interno si poteva vedere sulle facce della gente il dolore, la disperazione, chi aveva bisogno di un altra dose chi pensava che affogare nell’ alcool avrebbe aiutato a dimenticare…e poi c’ era Sam nell’ angolo più buio del locale, quel ragazzo così bello dagli occhi dolci che si era ritrovato ad essere lo spettatore di quel degrado umano.

I motivi che lo avevano spinto a imboccare quella strada erano stati tanti, la morte della madre, un padre che sfogava la sua rabbia prendendolo a calci e pugni e l’ umiliazione di dover lavorare per poi rendere conto a suo padre che avrebbe sperperato tutto in bottiglie di vodka e rum. Si avvicinò al bancone e chiese al barista dove potesse trovare un certo Roy, il malvivente che gli aveva venduto i sogni per troppo tempo. Di colpo da una porta non molto distante, coperta da una tendina sudicia uscì un uomo, alto con una massa muscolare tutta da invidiare, aveva i capelli corvini raccolti in una coda di cavallo, una barba altrettanto scura quanto incolta. Aveva gli occhi iniettati di sangue, forse per l’ alcool o più probabilmente per gli stupefacenti che assumeva.

Con sguardo fisso prese a camminare nella direzione del ragazzo, gli si fermò ad un palmo dal viso e con fare canzonatorio disse “Lo sai che qui i bambini non possono entrare?!” seguito da una rumorosa risata, Sam rimase per qualche istante in silenzio forse intimidito per poi riprendersi un attimo dopo dicendo “Sono qui per chiudere i conti, non voglio più sapere niente di questa storia. Dimmi che cosa devo fare e facciamola finita”. Roy indietreggiò leggermente per guardarlo più attentamente negli occhi “Sembri sicuro ragazzo, ma non basta, c’è ancora qualcosa che devi fare per me”. Sam non sembrava sorpreso dalla risposta, sapeva che non sarebbe stato facile liberarsene.

 

Elena Mazzocchi

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