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Polacris – racconto di Bianca Pileri

Polacris era il nome della città di ghiaccio. Sorgeva su una piccola isola dell’Antartide, circondata dall’oceano gelato, in cui galleggiavano iceberg e nuotavano orsi e pinguini. Era l’unica città del suo genere, e aveva quindi un turismo incredibilmente sviluppato, anche se limitato dalle dimensioni stesse della città. Proprio il turismo era la principale fonte di reddito, visto che la città doveva importare tutto ciò che era necessario a suoi abitanti. Era nata come una piccola comunità di sbandati, come tutte le città che nascono isolate dal resto del mondo.

Gli abitanti originari di Polacris erano un gruppo di emarginati sociali, disadattati, che cercavano un posto nel mondo in cui sentirsi per la prima volta a casa. Uno di loro era un ricco ereditiere, che al contrario dei classici figli dei ricchi che passano la vita tra droga, lusso e donne, aveva preferito girare il mondo in cerca del luogo in cui stare bene. Ma scoprì presto che questo luogo non esisteva. Esistevano però tante persone come lui, le incontrò nei suoi
viaggi, come fossero calamitati dalla sua presenza. Persone che sembravano provenire da realtà parallele, persone diverse che non trovavano un modo per star bene in questo mondo. Così quel ragazzo ricco decise di creare un luogo per sé e per loro, isolato dal resto del mondo, decise di creare quella realtà parallela, quel rifugio per sognatori. L’unico luogo al mondo che poteva esser così isolato da tutto il resto non poteva essere che un’isola in Antartide. Cris, senza acca, era il nome di quel ragazzo, che trovò uno scopo nella sua vita proprio nel creare quel luogo, a cui diede il suo nome. Usò la sua immensa ricchezza per creare quel luogo magico, una città grande quanto l’isola, o per meglio dire una comunità senza confini, senza quartieri né regole, con gli edifici costruiti in ghiaccio che scintillano e le piscine d’acqua riscaldata. Non era di certo vivibile il clima artico, e così Cris assunse i migliori ingegneri, architetti, progettisti, e creò un’isola climatizzata, in cui ghiaccio è sinonimo di bellezza e non di freddo. A Polacris c’è costantemente una temperatura intorno ai venti gradi, senza grandi sbalzi stagionali, che permette a tutti di vivere serenamente. C’è un governo indipendente democratico, ma veramente democratico, c’è lavoro per tutti, c’è sempre a Polacris un modo per seguire i propri sogni.

Potete immaginare come sia arrivarci per la prima volta. Si arriva volando su degli aeroplanini della linea privata dell’isola, e dal cielo, incappucciato in enormi giubbotti e strati di vestiti, vedi quest’isola circondata da una cupola che brilla in mezzo all’oceano e brulica di vita umana. Enormi palazzi in stile americano, rigorosamente esternamente di ghiaccio nella zona centrale, abitazioni a villette tutt’intorno, il tutto cosparso qua e là di “piscine” di acqua
riscaldata, come laghi artificiali, e giardini. Non è una cosa immaginabile se non lo si vede, il verde in mezzo al ghiaccio. È così strabiliante, tutto così ordinato, da sembrare uno strano eden alieno. Si alloggia in grandi alberghi, si fanno i tour organizzati per visitare tutte le attrazioni, si esce liberamente la sera per i locali, e dopo si torna al proprio mondo terrestre. Tutti vogliono andare nella propria vita almeno una volta a Polacris. È una di quelle cose che devi fare. È più delle sette meraviglie del mondo, è come la Mecca per i musulmani. Ma nessuno può restare a Polacris.

I suoi abitanti sono i discendenti del gruppo originale che la fondò, e il governo limita fortemente ogni tipo di trasferimento. È un’isola “privata”, un gates del mondo. Tuttavia si dice che ci sia sempre qualcuno che non torna dal suo viaggio a Polacris. Io sono una di quelle persone. Non so come faccia la gente, ma se sei uno di loro, da qualunque parte del mondo tu provenga, se ne accorgono. Cercano allora di conoscerti, ti chiedono della tua vita, che
puntualmente è quella di un sognatore, di un poeta con le ali troppo grandi per camminare, come diceva Baudelaire, di un qualcuno che si sente estraneo del suo mondo. E allora trovano un posticino per te. Finanziano i tuoi sogni. Ti danno un sostegno iniziale…non che ti regalino
qualcosa! Ti dicono ehi, ci sembri dei nostri, perché non provi a rimanere? Così tu vai all’assistenza sociale, qui funziona tutto davvero come dovrebbe, e lì una ragazza gentilissima ti aiuta a trovare una casa da dividere con altri ragazzi come te, ti trova un lavoretto adatto a te.

Così inizi a sopravvivere, a mettere qualcosa da parte, a conoscere per la prima volta persone come te. Già i tuoi conviventi ti sembrano un’illusione. Sono tutte persone che sono state ferite dal mondo, che non hanno mai trovato il loro posto in esso, proprio come te. Non hanno mai capito come facesse la gente normale ad adattarsi a vivere così, vivendo tanto per vivere, senza sogni, senza aspirazioni, se non sballarsi e diventare ricchi per sballarsi ancora di più. Qui ognuno ha il suo sogno. C’è chi vuole essere un poeta come me, e infatti i miei primi lavori sono stati di aiuto agli insegnanti e in un giornale, c’è chi vuole fare musica, chi creare nuove assurde forme d’arte, chi vuole prendersi cura degli animali, chi vuole semplicemente aiutare
gli altri cercando di capirli, come l’assistente sociale. Non che siamo tutti per forza degli artisti: c’è a chi piacciono i bambini e lavora con loro, che chi ama i lavori manuali e fa il falegname o l’artigiano. L’importante è avere una passione in ciò che si fa, non farlo solo perché non si sa che altro fare per guadagnarsi da vivere. Molti lavorano con i turisti, molti rendono sempre più bella la città. Nessuno è mai disoccupato. Anche perché non è vero che i sognatori sono pigri. I sognatori nel mondo “normale” non hanno occasione di fare qualcosa. Sono così oppressi da urgenze secondarie, l’indipendenza economica, la pensione, l’assicurazione, campare mogli, figli e fratelli, mentre con la testa sono altrove. Ma qui tutti danno il loro contributo alla società
facendo ciò che amano. Chi dice che non ci siano dottori che fanno il loro mestiere per passione? Qui possono farlo senza esser travolti da mille incombenze ospedaliere che gli impediscono di avere una famiglia. Qui è tutto molto organizzato. Tutti hanno determinate ore di attività, sono aiutate le famiglie e i malati, di qualunque genere essi siano, sono favorite le creatività e singolarità, nessuno è oppresso. Ma perché tutto ciò funzioni ci vuole una certa mentalità, ecco perché vi è la selezione all’ingresso. C’è chi vuole venire qui solo perché pensa sia tutto più facile, perché vuole guadagnare, senza sapere cosa fare. Ma Polacris è la città dei sognatori. Non potrebbe che esserlo, visto dal suo aspetto così surreale e artistico.

Sembra uscita da una favola moderna e urbanizzata. Amo vivere qui. Amo svegliarmi, affacciarmi alla finestra e vedere casette di ghiaccio che mi circondano, i parchi verdi e i laghi, e la gente. Oh la gente qui è felice, e si vede. Sono tutti realizzati, o in fase di realizzazione, già grati del solo fatto che qualcuno per la prima volta li abbia ascoltati, li abbia capiti, gli abbia dato una possibilità. Ora sto imparando anch’io a distinguere i turisti dai residenti. E non è solo per le macchine fotografiche che i turisti svolazzano dappertutto. C’è qualcosa che già ti rendeva diverso da loro, che qui si accentua. Una certa pacatezza d’animo, che poi è brama d’infinito, un qualcosa che ti brilla negli occhi, e brilla sempre di più qui. Se nel mondo normale i sognatori sono i depressi, i malinconici, i solitari, qui trovano modo per sfogare questa loro inquietudine e trovano persone con cui condividerla. Nessuno è solo qui. Tutti, bene o male, hanno le loro ferite, che non nascondono più. Il dolore qui è un qualcosa da condividere, qualcosa con cui capirsi, senza esser giudicati, come se l’empatia fosse la religione ufficiale. Ora, se siete dei normali realisti, ciò non ha attrattiva per voi. Verrete qui da turisti, farete tante foto, girerete per i locali e vi divertirete, e poi dimenticherete, sempre pensando a quella gente strana che vive là. Se siete sognatori, state pregando che questo mondo esista davvero. Forse non vi hanno notati, e passate la vostra esistenza là fuori, persi nella realtà, immaginando come sarebbe stato poter essere qui. Vivete solo per vivere, senza capire perché, chiedendovi ogni maledetto giorno se ci sia un solo valido motivo per la vostra esistenza. Nessuno vi capisce. Siete come bradipi in mezzo alle pantere. Ma forse avete incontrato qualcuno come voi. Anche là, i diversi sono come calamitati l’uno dall’altro. E tra le sue braccia trovate un po’ di pace, un rifugio dalla realtà. Ma se cercate il vostro vero mondo, quella realtà parallela da cui pensate di provenire, in cui tutti sono come voi e non siete voi l’eccezione, in cui coltivare sogni e particolarità e non reprimerli, questo luogo esiste.

Venite a trovarci. Il luccichio nei vostri occhi ci dirà chi siete. Il ghiaccio sarà la vostra casa.

 

Bianca Pileri

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