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Nemesi – Racconto di Maria Cristina Bartoletti

“Ma perché ci ripenso?” si chiese Giulia. Ma il ricordo non faceva più male era soltanto velato da un’ombra e domani 25 giugno avrebbe sposato Guglielmo e tutto sarebbe cambiato…
A quattrocento chilometri di distanza Donato arrancava su per le proprie scale con un ingombrante involucro sotto il braccio. “Chissà perché ho comprato questo quadro?” pensò mentre inspiegabilmente veniva assalito da una strana inquietudine, uno strano malessere. Aprì la porta proprio mentre squillava il telefono. Appoggiò il quadro e rispose. Era Luisa, sua moglie, si sarebbe trattenuta dalla madre ancora per qualche giorno. Si avviò nello studio, quando si ricordò del quadro. guardandolo, a casa, gli sembrò ancora più brutto: raffigurava una natura morta, con degli oggetti scuri, appannati che sembravano avvolti dalla nebbia. Chissà Luisa cosa avrebbe detto!
“Certo, tutti i torti non ce l’ha!” pensò Donato. Era l’ora che la smettesse di comprare oggetti inutili con i soldi di lei. Riprese in mano il quadro, provò ad appoggiarlo qua e là: era strano ma ogni volta che lo guardava gli sembrava diverso. a seconda della luce e della posizione quegli oggetti raffigurati cambiavano aspetto, a volte suscitavano un’impressione cupa, sembravano spenti, altre invece sembravano brillare di luce propria. E’ strano ma quel quadro gli metteva paura…Eppure l’aveva comprato come spinto da un impulso irrefrenabile e non sapeva spiegarsene il perché. Finalmente gli trovò una collocazione: di fronte alla finestra, con la luce che si rifletteva su quei quattro miseri oggetti dipinti, poteva apparire anche grazioso. Era contento della sistemazione finché non si accorse con orrore che con la luce diretta traspariva sulla tela un atro disegni.
“Accidenti, è veramente orribile” esclamò. Avrebbe voluto gettarlo via ma non riusciva era come se quel dipinto si fosse impossessato di lui. “Basta, lo appenderò in camera mia, lì non viene mai nessuno, nemmeno Luisa purtroppo”. E così fece.
Si buttò sul divano e si addormentò. La calura di quel 24 giugno era insopportabile. Si svegliò di soprassalto, tutto sudato, in preda ad un incubo…Gli oggetti di quel quadro maledetto sembrava roteassero nella stanza, non solo ma al loro posto sulla tela erano dipinti due occhi: due immensi grandi nostalgici occhi che sembrava lo guardassero malinconici e beffardi….nella mente affioravano episodi di quando era piccolo, immagini del passato momenti lieti e frammenti di situazioni penose, e la paura, che da sempre aveva dominato la sua vita, gli attanagliava le membra e quegli occhi..quegli occhi.. ma sì, gli ricordarono una ragazza che aveva conosciuto tanto tempo fa: anche lei gli aveva fatto paura ed aveva preferito lasciarla là, seduta sulla panchina del parco senza voltarsi a a guardare i suoi occhii pieni di lacrime…Giulia! quanto tempo era passato. Era giovane Giulia. L’aveva conosciuta in un negozio di articoli di pittura. lei si divertiva a dipingere e sciocchina! diceva che ogni pittore lascia sul quadro una vibrazione, un’emozione, un frammento di sè..Giulia, pazzerella, diceva che senza di lui non avrebbe potuto vivere. All’inizio fu divertente, poi la cosa si fece troppo seria e la paura prese il sopravvento. Era sposato e, per giunta, con una donna ricchissima. Era impensabile di perdere tutto questo e Giulia chissà a lungo andare cosa avrebbe combinato! Luisa poteva scoprire tutto da un momento all’altro. la paura! Oh! Giulia…era solo paura. Ma aveva esagerato. Adesso si rendeva conto. Abbandonarla così senza una spiegazione…”Per favore, per favore” Anche adesso ricordava quelle parole. Scrollò le spalle, aveva lasciato altre ragazze e nessuna si era mai suicidata per amore di lui. Sciocchezze, tutte sciocchezze. Si alzò, si dette dello stupido, ma anche mentre si preparava la cena ripensava alle immagini del sogno: un chiodo fisso di cui no riusciva a liberarsi. Non erano solo le immagini a dargli noia, erano le riflessioni, le considerazioni che affioravano. “Beh! comunque la colpa non è certo del quadro” si disse di fronte ad una bella bistecca alla fiorentina. ma il pensiero e l’immagine del dipinto non lo lasciarono per tutta la serata. lo scherzo di un pittore burlone? Di fronte alla tazzina di caffè che diffondeva un irresistibile aroma tutto era veramente ridicolo!!! Venne l’ora di andare a letto. Dette un’occhiata al quadro e..ne fu di nuovo catturato. Gli oggetti sembravano ipnotizzarlo…”Stupido, stupido”. Ancora gli incubi. Ma sapeva che niente sarebbe stato più come prima: guardava le immagini e riviveva tutte le situazioni e capiva che nemmeno i pensieri andavano perduti ed aveva l’impressione che tutto fosse un eterno presente. “Manca poco alla fine della settimana, tra poco tornerà Luisa e tutto sarà come prima”.
Era il 24 giugno, festa di San Giovanni, nel cielo fiorentino lampeggiavano i fuochi d’artificio. Si sdraiò sul letto: si sentiva molto tranquillo, finalmente! Gli oggetti del quadro erano al loro posto. fuori udiva delle voci lontane ed un lieve soffio d’aria muoveva le tende. Non era soddisfatto della vita che aveva condotto fino ad allora. sapeva che doveva far meglio.
Poi improvviso ed acuto il ricordo di Giulia come il dolore che sentiva nel petto: un dolore forte, penetrante lacerante; finalmente comprendeva e non aveva paura…chiuse gli occhi e si specchiò in quelli di Giulia e si abbandonò dolcemente, eternamente alla luce…
Giulia era ancora alla finestra. Quanti ricordi! Quante dolci sensazioni! Di Doato rimaneva solo un’ombra. Donato! Lo aveva conosciuto in un negozio di pittura e per lei, sola povera e disperata era diventato tutto. TUTTO scritto a lettere grandi, gigantesche. L’aveva presa e sollevata su, su in alto facendola volteggiare sopra le brutture di tutti quei giorni. Un giorno all’improvviso la alsciò andare giù giù nella disperazione, nel pianto nell’angoscia più nera.
Tornò vivida l’immagine del parco dove Donato, senza una spiegazione, senza niente, senza un motivo le disse che non la voleva più. Lo supplicò “per favore..per favore”. Era così tanta l’angoscia di quella sera di anni fa che anche adesso, dopo cinque anni le parole, a ripensarci, lì appoggiata alla finestra sembrava si materializzassero e rimanessero sospese e vaganti nella notte stellata di San Giovanni. Donato non si era voltato nemmeno a guardarla. Rimase là chissà per quanto tempo’ Il tempo non aveva valore. Furono il buio e il freddo penetrante a farla tornare a casa, niente altro. non c’era più scopo, non c’era più niente. Aprì barcollante la porta di casa. Non sapeva come farla finita. Si guardò intorno e l’angoscia si fece più forte: sul cavalletto era rimasto abbozzato il suo ritratto. voleva fare un regalo a Donato. Non aveva soldi
e l’unica cosa che poteva permettersi era un suo ritratto, ma sarebbe bastato perché negli occhi vi avrebbe dipinto tutta la gioia tutta la contentezza che lui sapeva donarle. Fu presa da un impulso furibondo. prese pennello e colori e vi dipinse sopra. Cosa? Quattro stupidi oggetti che erano suoi perché non aveva ppiù niente, nemmeno un’illusione. Ecco, avrebbe dipinto, fermato sulla tela quelle uniche cose che erano reali e sue prima che anch’esse per ub malefico sortilegio non le fossero strappate. piangeva e dipingeva era come in trance. Si svegliò alla luce del giorno. Era più calma ma spossata come quando ci si sveglia da un incubo. Qualcuno lassù l’aveva aiutata.
Aveva riversato sulla tela la disperazione della sera e dei giorni a venire. Capì che la pittura era la sua vera strada. Era stata dura, da Donato più niente, nemmeno una telefonata. Delle volte la speranza l’abbandonava ma ce l’aveva fatta. E stasera qui, alla finestra era davvero felice Giulia. Le stelle brillavano sui tetti delle case romane…A proposito di quel quadro! Chissà dov’era finito! Quel quadro doveva andare a Donato. Era suo: Gli spettava di diritto.
Un gatto rosso scivolò silenzioso su un tetto.
Guardò intensamente una stella.
Pensò intensamente a Donato.
E un sorriso ambiguo e beffardo l’accompagnò durante la notte.

Maria Cristina Bartoletti

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