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Messaggio in bottiglia – Racconto di Benedicta Felice

Era uno di quei giorni in cui una leggera brezza marina soffiava sulla sabbia, resa soffice dalla carezza delle onde, i raggi del sole picchiavano sui volti dei passanti e sui sassi mentre la schiuma del mare brillava e sembrava invitasse a sorridere tutti coloro che la ammiravano. Quello era un mare che sembrava capire ogni cosa, che aveva ascoltato e continuava a raccogliere le storie dei volti che tante volte naufragavano in esso le loro inquietudini, raccontavano le loro allegrie, confidavano i loro desideri. In un giorno come tanti, un avvenimento del tutto inaspettato impresse le sue orme nell’anima di chi venne favorito da un fato indecifrabile e misterioso. Un ragazza di nome Ashley aveva deciso di sfruttare la bellezza di quella giornata soleggiata, facendo una corsa, come era solita fare nel suo tempo libero. All’improvviso, la monotonia di quella mattina fu smorzata da un ritrovamento, in apparenza banale ed insignificante: una bottiglia rinchiusa da un tappo di sughero, di quelle che si vedono nei film, ricoperta di sottilissimi granelli di sabbia amalgamati con il sapore amaro dell’acqua salata. Al suo interno un foglio bianco, privo di qualsiasi segno o macchia di inchiostro ma accartocciato e mai inciso da una penna. La ragazza senza esitare minimamente, incuriosita lo raccolse, lo ripose nella bottiglia e lo portò con sé, conservandolo come se fosse un amuleto acquistato in una nota località turistica. L’indomani decise di tornare sullo stesso posto, alla ricerca di un indizio che potesse spiegarle o farle comprendere il ritrovamento di quell’oggetto. Intanto svolgeva un monologo con se stessa e si chiedeva insistentemente: “Come c’era finito lì? Perché qualcuno aveva deciso di gettare in mare un foglio stropicciato senza scrivere nulla? Quale era lo scopo? Per quale motivo era finito nelle sue mani e non in altre?” Ignara di ciò, inizialmente pensò alla motivazione più plausibile. Forse quello era un gioco ideato da qualche ragazzino il quale, divertendosi ha sostituito il classico lancio delle pietre con quello di qualcosa di insolito. L’indomani si recò nel medesimo posto e trovò nuovamente un’altra bottiglia avente le stesse sembianze di quella trovata nel giorno precedente, questa volta, contenente un foglio rosa. L’identica situazione si ripetè nelle settimane successive e la ragazza, puntualmente portò con sé gli oggetti ritrovati, esposti in camera come se fossero manufatti da collezione. La notizia di tale ritrovamento si diffuse rapidamente e Ashley venne riempita di interviste e persino autografi. Tuttavia, alla ragazza ciò non interessava… voleva soltanto trovare un senso a quegli oggetti che gli erano apparsi sul suo cammino. All’inizio non fu facile però riuscì nell’intento al termine di una sera. Era una sera in cui la tristezza avvolse la mente, il cuore, l’anima e persino il sangue che le scorreva nelle vene, che in quell’attimo parve gelarsi e non pulsare più. Iniziò a pensare che ciascuna lettera nascondesse delle parole in procinto di essere scritte e di essere rivolte a qualche destinatario ma mai affondate nell’inchiostro, mai dette. Con l’immaginazione scavalcò ogni barriera e si sentì in armonia con tutte le persone del mondo, quasi tenendole per mano. Non esisteva più un “io” ma solo un “noi”.
Prese i suoi amuleti, si recò nel suo posto preferito e proprio lì, dove ogni sofferenza e dolore si annullavano vicendevolmente, cominciò a scrivere, a dare voce a quella carta che restava in silenzio, a quelle bottiglie in attesa di veder dipinto sul volto dei passanti e degli erranti dell’universo, un sorriso, un’espressione di stupore , di malinconia o di allegria.
Così cominciò a suddividere ogni frase per ogni pezzo di carta, attribuendo ad ogni colore un valore semantico e cominciò a dare forma alle sue parole che si susseguivano a ritmo incalzante: “Siamo viandanti alla ricerca di una mano che ci stringa forte, che non ci abbandoni e non ci lasci sprofondare nei nostri mille interrogativi, nelle nostre mille occasioni perse, nei nostri abbracci trattenuti, nelle nostre parole mai dette, affogate nel silenzio, imprigionate nell’orgoglio e legate alla paura di non essere comprese o ricambiate. Tutto dentro occhi letti poco fino in fondo e tutto dentro righe mai lette. Probabilmente, siamo ogni cosa che abbiamo dentro e non riesce a venire fuori, ogni emozione che viviamo solo dopo che è già passata, ogni scelta che è sempre quella sbagliata e l’unica scelta giusta che abbiamo compiuto. Forse è così, perché noi siamo un eterno vortice che non si stancherà mai di girare, un’eterna tempesta che nessuno riuscirà a placare.” Questi furono soltanto i primi versi di una lunga serie di frammenti di vita che riempirono, alla velocità di un uragano, tutte le bottiglie che aveva afferrato. Poi, si stese sulla riva con lo sguardo rivolto al sole. Lo guardò come non lo avesse mai osservato prima d’ora, con il cuore leggero e senza provare più nessun dolore. In quell’attimo, non esistevano più le lacrime, le incomprensioni, la solitudine, la paura perché tutte quelle emozioni erano state lanciate via e affidate al mare che le intrappolò nelle sue reti. Era come superare tutto il male del mondo, tutte le difficoltà in un solo piccolo, breve ma intenso istante. Si fece notte fonda e Ashley tornò verso casa. Si affacciò dalla finestra e vide piovere pagine bianche quasi ridotte a brandelli mentre sull’asfalto, la gente raccoglieva le penne come se fossero diamanti che ricordavano i fiocchi di neve adagiati alle finestre negli inverni gelidi. D’un tratto tutti iniziarono a tracciare sentimenti sulle carte, sciogliendo nodi aggrovigliati alla gola e al petto.
C’era chi stava stringendo le mani di tutti i cari scomparsi, dicendogli parole rimaste a metà che il tempo non gli aveva mai dato modo di pronunciare; chi scriveva agli amori finiti e a quelli mai iniziati;
chi alle amicizie di una vita e a quelle perse nel soffio del vento.
Agli anni indelebili e a quelli da cancellare. Alla morte e alla vita, al timore e al coraggio, alla rabbia e alla speranza.
La folla si radunò mentre uno sconosciuto, dall’altra parte dell’emisfero, continuava a lanciare pezzi di carta aggrovigliati, insieme al desiderio di ritrovare la sua identità svanita, molti anni fa, nelle acque dell’oceano.

 

Benedicta Felice

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