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L’Aurora dalle dita di rosa – racconto di Alessandra Zermoglio

Era rimasto solo. Una valanga di roccia si era staccata all’improvviso rotolando ferocemente verso di loro. Aveva sentito delle urla e delle esplosioni, non sapeva più in quale ordine. Poi solo del fumo giallastro un sibilo nelle orecchie. Ora, finalmente, illuminata dalla luna una costruzione.

Troppo grande per essere una casa è troppo piccola per essere una caserma. Entrò lentamente inciampando nelle macerie e contando i secondi ad uno ad uno certo di essere sotto tiro di qualche cecchino. A questo punto non gli importava voleva solo fermarsi. Invece nulla. Lungo una parete dei rubinetti gocciolavano.

Ipnotizzato dal rumore rimase fermo finché la sete gli comandò di dissetarsi. Poi si sdraiò a fissare le stelle attraverso i fori del tetto. Un rumore secco lo paralizzo’ . Quelle voci, quei suoni erano morte certa. Si voltò ansimando in cerca di una via di fuga. Una botola aperta sul pavimento di fronte a lui. Il suo corpo si precipitò nel buio mentre la sua mente pregava.

Passi e polvere sopra la sua testa, risate, forse inni. Il desiderio irrefrenabile di deglutire e respirare forte poi di nuovo in silenzio allungò le gambe e le braccia rattrappite. Un tocco lieve, forse è un topo un altro animale nascosto nel buio come lui. Il tocco si ripeté. Erano cinque dita delicate. “L’Aurora dalle dita di rosa”. Emerse un verso dalle profondità dei suoi ricordi di scuola.

Una voce sottile chiedeva pietà in quella lingua che aveva imparato a conoscere. Allungò le mani a toccare un volto bagnato di lacrime e polvere. I tocchi aumentarono le voci aumentarono. Ripensò alla lavagna intravista di sopra, alle lettere bianche di gesso e luna. Cercò di abbracciarli tutti, nel buio, e promise di salvarli tutti.

 

Alessandra Zermoglio

 

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