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La signora Pipistrella e il primo giorno di scuola – di Rossella Calabrò

La signora Pipistrella si chiamava, in realtà, Rossella. Ma siccome la mattina dormiva e la notte scriveva, i bambini del piano di sopra la chiamavano Pipistrella. E lei li chiamava Lucy, da lucertolina, e Oky, da occhioni. Lucy era una bellissima bambina coi capelli lunghi come le fate, che apparecchiava la tavola alle lucertole del suo terrazzo con i piattini e le pentoline delle bambole. Che amava i gatti così tanto che se dicevi gatto lei si metteva a piangere dalla commozione.

Oky aveva un potere speciale: si ricordava i numeri di tutto il mondo. Dov’è la pizzeria? In via del Basilico numero tremilaseicentoventitré. Ed era sempre il numero giusto, né uno di più né uno di meno. Solo che questi bambini, come tutti i bambini, appena svegli correvano incontro alla giornata per dirle ciao. E, come in tutti i palazzi con le pareti sottili, a chi abitava sotto sembrava che corressero indossando, al posto dei piedi, due lingotti di titanio. BUM BUM BUM! E SBADABUM quando magari inciampavano.

La signora Pipistrella, che aveva scritto storie fino alle tre di notte, si svegliava con un salto, era mattina presto ma per lei era piena notte. Allora si metteva un cuscino sopra le orecchie, poi due, poi tre, poi ci aggiungeva un gatto vero e uno di peluche, ma quei BUM BUM li sentiva lo stesso. Io tag-lio loro kuei pietini ti titanio, pensava la Pipistrella che, quando si arrabbiava, parlava o pensava in tetesko. Poi le veniva da ridere, e buonanotte. No, niente buonanotte perché non si riaddormentava più, e passava la giornata con lo sguardo da zombie, occhi rossi e nervi a fior di pelle. Allora magari provava a dormire un po’ nel pomeriggio, per recuperare le ore di sonno perdute, ma RRRRRRRRROTOLLLLL!

C’era una pallina di piombo di Marte (che pesa molto di più per via della gravità) che le rotolava sulla testa. Kazzen, pampini, con kosa giokate atesso? pensava la pipistrella. E intanto, RRRRRRROTOLLLLLL, la pallina di piombo marziano rotolava, rotolava rotolava e la teneva sveglia. Poi un giorno, come per magia, arrivò per Lucy e per Oky il primo giorno di scuola. Erano così emozionati, ma così emozionati, che al posto dei piedini avevano cuori di velluto e, al posto della pallina di piombo marziano, in casa loro faceva le capriole uno scoiattolo venuto apposta dal pianeta Venere, che è il pianeta dell’amore, per far vedere a tutti quanto era morbido e puffoloso e silenzioso.

Queste cose la signora Pipistrella non le sapeva, un po’ perché non poteva vedere quello che succedeva al piano di sopra, un po’, soprattutto, perché dormiva. Era mattina presto, e lei dormiva, beata come una fata, come una crostata, come un’orata, con le palpebre che pesavano una tonnellata. Dormì, dormì, e poi dormì ancora fino a tardi, fino a che si svegliò persino rintronata, da quella gran dormata. Che sarebbe dormita, ma i pipistrelli amano le rime. Buon primo giorno di scuola, bambini belli, disse la pipistrelli. E pensò, quasi con una nostalgia anticipata, ai lingotti di titanio che un giorno non troppo lontano sarebbero diventati sneaker e tacchi a spillo, e sarebbe finita la magia. Intanto però, lei e la mamma dei bambini uscirono a cena e si divertirono e risero e diventarono amiche. Perché anche le mamme, quando i figli vanno a scuola, tornano un po’ bambine.

 

Rossella Calabrò

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