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La pinna – Racconto di Alessandra Biagini

 

Firenze, mercoledì 1 agosto 2018, ore 10:15.

Sto procedendo, in sella al mio fido destriero, sulla ciclabile di lungarno Ferrucci. Una pedalata pigra dà il ritmo ai miei pensieri.

Fa già un caldo boia.

La culla del Rinascimento è meravigliosa, ma in fatto di clima non esagero se dico, da buona fiorentina, che è una città abbastanza sfigata, soprattutto per le estati parecchio calde e umide. Il solleone agostano, poi, la trasforma in una sorta di foresta tropicale: oltre all’afa insopportabile, pure una quantità gargantuesca di zanzare.

 

Comunque, tornando a noi, mentre pedalo sul lungarno ho la sensazione di essermi dimenticata qualcosa di importante…

Sì, ma cosa?

Giro la testa verso l’Arno, e vedo un tizio su una canoa che pagaia in mezzo al fiume. Noto un’anomalia, nell’acqua, una cinquantina di metri dietro di lui. Inchiodo. Accosto alla spalletta. Scendo dal bolide. Guardo meglio.

Non posso credere ai miei occhi.

Una… pinna…? E di squalo, per giunta!

Non c’è assolutamente tempo da perdere.

“Ehi, ehiii! Attenzioneee!” grido, sbracciandomi in direzione dell’uomo.

Ma niente, sulle prime non mi caga di pezza. Quindi scavalco la spalletta e scendo sulla riva.

“Pericolo! Pericolooo!” riprendo a vociare, come un’ossessa, agitando le braccia in aria.

Il canoista, finalmente, mi degna di uno sguardo.

“SQUA-LOOO!” urlo (sul serio?!) con tutto il fiato che ho in corpo, indicando, a mo’ di pointer inglese, la pinna alle spalle del tizio.

E mentre continuo a fare dei segnali al poveruomo, esco per un attimo dal corpo e mi osservo da fuori: sono sul serio io quella donna che sta cercando di avvertire un canoista di essere inseguito da uno… squalo?

Uno squalo.

In Arno.

No. Fermi tutti. Qualcosa non quadra…

Rientro in me. Cesso di colpo di sbraitare e agitarmi. Al contrario dell’uomo sulla canoa che, nel frattempo, si sta sgolando per chiedermi cosa voglia da lui.

Riguardo meglio la pinna.

Sembra proprio una pinna. È senza alcun dubbio una pinna che fende l’acqua. Mmmm, no… Forse non è una pinna. Non può essere una pinna. È tutto fuorché una pinna. Una visione, un miraggio, una suggestione, ecco cos’è. Uno strano gioco di luci — che lascia pure la scia nell’acqua, pensa te…

“Dài, sii seria: come potrebbe esserci finito uno squalo in Arno?” dico a me stessa a voce alta, mentre mi volto per capire se qualcuno ha assistito a quella scena delirante.

Nessun testimone, per fortuna, ad eccezione dell’intrepido canoista. Sorrido.

Poi, d’un tratto, mi torna in mente la cosa importante che non ho fatto: buttar giù la consueta pasticca di antipsicotico dopo essermi alzata dal letto, qualche ora fa.

Ma porc…

Faccio un cenno con la mano all’uomo in canoa, come per dire lascia stare è tutto un gioco, risalgo l’argine, scavalco la spalletta, monto in sella, e riprendo a pedalare verso casa. Sento delle urla atroci provenire da dietro, in mezzo al fiume: continuo a pedalare, senza voltarmi, accelerando sempre di più.

Malattia bastarda.

Stringo gli occhi, ma non riesco comunque a trattenere un paio di lacrime che mi rigano le guance.

Malattia infame.

Tutto ciò che voglio, in questo momento, è solo tornare a casa il prima possibile.

 

Firenze, giovedì 2 agosto 2018.

La Repubblica titola: “Ritrovato cadavere martoriato, in Arno, sul lungarno Ferrucci. Le forze dell’ordine non escludono l’attacco di un animale, ancora ignoto, di grandi dimensioni”.

E se vi dicessi che, nonostante tutto, sono un po’ contenta…?

Alessandra Biagini

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