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La felicità dell’albero – racconto di Patrizia Parnisari

Camminava su e giù per la stanza angusta; angusti i suoi pensieri, angusta la sua breve vita. Affannato tra quei pensieri, cercava tra le mille pieghe invisibili della sua mente un solo attimo di felicità, qualcosa simile ad un piccolo, impercettibile attimo di perfezione. Ma nulla nella sua vita ormai trascorsa somigliava né ricordava la perfezione.
Tutto era andato così veloce… Il tempo lo aveva risucchiato senza mai concedergli quella pace sognante, quella tregua perfetta, che aveva visto insinuarsi in altre vite. A pochi passi dalla sua, altre esistenze avevano conosciuto la gioia. Ma per lui il destino aveva tenuto in serbo soltanto affanni e piccole afflizioni.
Erano trascorsi i giorni, poi i mesi, infine gli anni. Non ricordava pause, né attimi di quiete; solo un incessante procedere da un lato all’altro dell’infelicità. Quel vagabondare del cuore lo aveva infine spossato e indebolito.
Eppure, quell’incauto girovagare tra sogni e pensieri trascorsi, risvegliava ora in lui il desiderio mai sopito di felicità. Era sempre stata lì a pochi passi; sarebbe bastato tendere la mano ed afferrarla, così, semplicemente. Un piccola felicità perfetta e tersa, come perfetti e tersi sanno essere soltanto i cieli.
Perché non somigliare allora a quei cieli?- si chiedeva – Perché non farsi nube o arcobaleno lucente? Gli sarebbe bastato tendersi ad arco, da un estremo all’altro di quell’azzurro perfetto. Avrebbe tirato il cielo da ogni lato come mussola leggera e posando il capo su cuscini di nubi avrebbe infine provato tutta l’ebbrezza della perfezione.
Ma il cielo non è trina sottile e l’arcobaleno è soltanto illusione, miraggio perfetto – pensava – I cieli non sono di questo mondo – e la sua vita non valeva certo quelle stelle.
Uscì dall’angustia della stanza buia e camminò a lungo per le strade e poi tra campi e filari d’uva. Quando il sole sembrò spegnersi dietro la piccola collina, si accorse che il sentiero si perdeva nel crepuscolo. Un forte profumo di muschio ed ombra lo attrasse verso la radura. Prese allora a vagare fra i boschi, tra alberi ed arbusti.
Si fermò e si fermarono i suoi pensieri; poi il suo respiro. Tutto era immobile e silenzio. Poggiò il capo su un tronco e udì battere forte il cuore della quercia, il suo cuore. Poi sentì i piedi diventare pesanti; li vide farsi radici nodose e possenti e scavare il terreno con vigore e coraggio. Vide le sue fragili dita allungarsi fino ai cieli come rami spogli in autunno. La sua pelle sottile fu tronco e forza. I suoi pochi anni si fecero secoli tra gli anelli del tronco. Avvertì una brezza leggera tra i rami che ora si tendevano flessuosi ad arco. Non avvertì alcun dolore, né tristezza o rimpianto. E allo spuntare della sua prima foglia sentì, per un attimo, che la sua felicità era perfetta.

Patrizia Parnisari

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