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La Fata Sorda – racconto di Roberta Di Seclì

C’era una volta una fata, vestiva color cielo e danzava di notte sotto le stelle. Era un essere speciale, era sorda.

Nei suoi giorni più tristi si posava vicino ad un maestoso albero d’ulivo e piangeva. Pensava al canto degli uccelli che non avrebbe mai sentito, alle canterine voci dei bambini che giocavano nei boschi e alla musica che avrebbe accompagnato le sue danze al chiarore della luna. Piangeva e piangeva, e quel giorno pianse talmente tanto che le sue lacrime inondarono l’albero, quell’amico albero che ad un tratto trasformò parte del suo tronco in un grande, grandissimo orecchio.

E’ fu da lì che la piccola fata sorda udì per la prima volta il mondo. Insomma scoprì che l’albero amico la fece rinascere!!
Ogni volta che la fata sceglieva il suono al silenzio, quel silenzio che spesso invano noi tutti cerchiamo, se ne andava lì, tra le braccia dell’ulivo, e orecchio su orecchio la fata immaginava storie, facce, e le parole prendevano forma e i suoni divenivano melodie. Si poteva udire anche il mare e il cielo.
Il tempo passava e la fata era diventata una nonnina tutta bianca e l’albero un saggio e vecchio rifugio dei folletti e delle fate del bosco. Venivano da tutto il mondo per ammirare questo grande orecchio scolpito nel legno.

L’albero non si fece influenzare dalla mondanità, come spesso accade, e continuò nel suo magico intento di prestare il suo orecchio ai sordi e soprattutto, questo detto proprio da lui, a chi nonostante avesse le orecchie funzionanti, non voleva proprio sentire. Si riferiva cioè agli indifferenti, a coloro che non ascoltavano le urla e le grida di dolore, le voci, i suoni, i richiami e anche le risate provenienti da tutto il mondo.

I giorni trascorrevano sereni, la fata era diventata la custode fidata dell’ albero, e in attesa della sua dolce fine, pensava che se non fosse stata mai sorda non avrebbe mai conosciuto la felicità.

 

Roberta Seclì

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