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In spiaggia – Racconto di Fabrizio Melfa

Tanto amorevoli… quanto psico-devastanti ! Le donne.
Sabato mattina a dir poco perfetto sull’isola di Vulcano nelle meravigliose nostrane Eolie.
Io a mare con quasi tutta la mia famiglia.
Ombrellone in seconda fila, ahimè la fantastica cena del venerdì sera aveva determinato il ritardo mattiniero colpevole della perdita di quello in prima fila.
Due quotidiani appena comprati, insieme a un settimanale perché non si sa mai mi annoio, uno di questi in mano aperto in seconda e terza pagina.
Il mio cappuccino caldo, non più fumante, poggiato sul sospetto di tavolino che avvolge la base dell’ombrellone ben piantato sulla sabbia nera, mare ultrapiatto modalità lago, un pargolo di non oltre 13 mesi con il costu-pannolino ultraimbevuto che mima la camminata bipede tenuto da mamma e papà che lo stimolano ad alzare i piedini inconsapevoli.
Due ragazzotti, decini o massimo dodicini, uno color mozzarella e l’altro quasi mulatto, si scambiavano pallonate sul bagnasciuga con il mitico SuperSantos sotto lo sguardo arcigno di una donnina ultra-ottantenne ricurva dalla pigmentazione bruciata e “allaccaruta” cioè flaccida, ma in siciliano si intende quella flaccidità un po’ disonorevole, che attendeva un loro piccolo errore per rimbrottarli con le solite frasi minacciose.
Sono sicuro che non si conoscessero prima, perché non si scambiavano parole, solo movimenti d’anca e di braccia, ma si divertivano come pazzi. Di due nazionalità diverse, dovevano essere, alla faccia delle diatribe su etnie, immigrazione e menate varie che mi passavano sotto gli occhi presenti proprio fra le righe del quotidiano che avevo fra le mani.
Mah… beata gioventù diceva mia nonna Maria.
Una coppietta flirtava in acqua, il bagnino o aiutante-del-lido di origine catanese avanti con l’età sbrogliava i nodi di un ombrellone accanto a noi, per una coppia “attempata” però “fine” assai e dall’accento della signora, che comandava a bacchetta il muto forse-marito, saranno “calati”, cioè scesi, dal nord credo da Milano o dintorni. Mi sbaglierò di pochi km.
Sorseggiavo il mio sempre più freddo cappuccino, mia moglie accanto che legge il suo ennesimo libro estivo, mia figlia sotto il sole cocente ascolta musica mentre l’altra figlia a casa in preda ancora all’abbraccio di Morfeo.
Questo splendido e meraviglioso momento che si ripete solamente una settimana delle 52 e 1 giorno dell’anno, venne interrotto dalla percezione e ricezione da parte del mio orecchio medio. Onde sonore credo di circa 9-11 kHz colpivano il mio timpano, che come noto amplifica di oltre 20 volte i suoni che viaggiano nell’aria per i “cavoli loro”, facendo vibrare i miei ossicini a lui timpano collegati tale da far “stralunare” la mia staffa, che come ultimo degli ossicini in grado di convertire le vibrazioni sonore a bassa pressione in vibrazioni “rompiballe” ad alta pressione, tali da rendermele psico-devastanti.
Si … psico-devastanti !!
Alzai mestamente lo sguardo, come un radar “alterato”, per cercare di capire la sorgente sonora di queste “strepitose” onde sonore e scopro trattasi di donna poco meno che sessantina colloquiante, si fa per dire, in piedi totalmente sotto un ombrellone a tre postazioni in lá sulla mia destra, con altra donna invece coricata forse stremata, nel suo lettino morbido in dotazione.
Colloquiava si fa per dire, perché era un vero e proprio monologo a “machinetta” come la Singer in azione sotto le mirabili mani e piedini sempre di mia nonna Maria.
Si districava da una comunicazione riguardante l’apertura di un ristorante alla malefatte della nuora passando per una critica oscena dell’indescrivibile atteggiamento sfrontato di una loro amica comune.
Un ritmo forsennato, quasi innaturale.
Un timbro monocorde con un tono alto costante e continuo, in sintesi una “rompipalle” di caratura mondiale.
In spiaggia accanto a me, al mio cappuccino e ai miei quotidiani mai acquistati durante il resto dell’anno gregorianamente cadenzato.
Mi occupo di amorevoli donne per lavoro tutto l’anno, qualcuna sicuramente poco amorevole, ma una psico-devastante così a mare NO !
Non è giusto, non è leale !
Il fato avrebbe dovuto esentarmi da questa esperienza.
Prima di poggiare, su quei pochissimi centimetri del tavolino a cravatta dell’ombrellone, il mio quotidiano piegato tale che farebbe rabbrividire mio padre Umberto e buttarmi in mare oggi in modalità lago, ho pensato al processo di beatificazione già avviato che sicuramente il marito, forse morto o fuggito all’estero, starà subendo.

Fabrizio Melfa

 

 

 

 

 

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