Sei qui: Home » Racconti » Il ritorno di Ulisse – di Luisa Zambrotta

Il ritorno di Ulisse – di Luisa Zambrotta

La guerra nucleare era stata lunga e devastante. Il mondo ne era rimasto sfigurato. La catastrofe aveva cancellato ogni traccia di quella civiltร  che ci aveva reso tanto superbi ed egoisti.

Gli spettri di creazioni supertecnologhe, del cui uso si era quasi persa la memoria costellavano le lande desolate, le steppe inospitali, e cittร  diroccate, percorse delle bande di razziatori.

Dopo mille peripezie Ulisse, con il suo legno, era riuscito a far rotta su Itaca. Lโ€™ultimo viaggio era stato pieno di tormenti e di creature mostruose, mutanti orribilmente voraci, giganti con un occhio solo, donne col corpo coperto di squame che emettevano onde ultrasoniche.

Ora perรฒ stava arrivando a casa! Non lโ€™aveva mai dimenticata, neppure quando dai fanghi nucleari erano stati prodotti frutti che annientavano la memoria. La vide, allโ€™orizzonte, la sua Itaca; dapprima scorse le alte torri di difesa, semidistrutte, poi il tetto del suo antico palazzo. Chissร  se la virtuosa Penelope lo stava aspettando ancora, integerrima, come alla sua partenza. Era penosamente conscio che le sue lunghe giornate dovevano essere state piene di attesa, terrore e tedio profondo. Come avrebbe potuto svagarsi, come un tempo, davanti al suo terminale ormai privato di un qualsiasi tipo di alimentazione? Quel passatempo sociale cosรฌ divertente, collegato alla piattaforma che consentiva di connettersi ai pensieri degli altri utenti online. Senza di quello, cosโ€™avrebbe potuto fare per dilettarsi? Ricorrere allโ€™antiquato telaio? Passeggiare? No, impossibile nellโ€™aria ancora pregna di gas tossici. O avrร  trovato altre distrazioni che non lโ€™avranno lasciata cosรฌ fedelmente oziosa? No, impossibile, lui lo sapeva bene che a detta di tutti era โ€œmolto saggia e nutr(iva) pensieri sapienti/la figlia di Icario, Penelope,โ€ una virtรน che anche lo sventurato Agamennone le aveva riconosciuto.

Man mano che si avvicinava alla riva, riusciva a scorgere anche le costruzioni piรน basse, e i tetti delle casupole che costellavano la steppa.

La cittร  sembrava aver sopportato la sciagura globale meglio di altri luoghi visitati nel suo peregrinare.

La cappa di gas rendeva il panorama tremolante. Ricordava uno scenario cosรฌ tremulo anche quando era approdato a Ogigia, ma allora era calura soffocante che rendeva indistinto lโ€™orizzonte. Fortunatamente su quellโ€™โ€ isola remotaโ€, aveva trovato un fresco riparo nella โ€œspazรฏosa grotta/soggiorno della Ninfa il crin ricciutaโ€. Era la bellissima Calipso โ€œdalle crespe chiomeโ€, rimasta sola dopo che le sue ancelle cibernetiche si erano esaurite, una ad una. Lei lo adorava, Ulisse, eppure lui non era riuscito ad innamorarsene, sempre lรฌ, a scrutare il mare. con il chiodo fisso della sua patria. Tuttavia aveva accettato di passare โ€œle notti nella cava grotta/con lei vogliosa non voglioso..โ€ E lร , cercando di darle unโ€™illusione di amore, chiudeva gli occhi, e immaginava la sua terra e la sua sposa.

Nello stordimento causato dai gas tossici, rivide anche Circe, lโ€™ammaliatrice, โ€œla Diva dalle belle trecceโ€ che lo aveva accolto sulle sue โ€œmaritali piumeโ€. Non il materasso molecolare a memoria di forma del suo talamo nuziale, che aveva personalmente intagliato, nel tempo libero, nellโ€™ ulivo e intarsiatoโ€ dโ€™oro, dโ€™avorio e argentoโ€, ma delle semplici piume di gabbiano, che Circe aveva steso per terra, e, con le sue arti, aveva saputo rendere sensualissime. Con la sua magia era riuscita addirittura a cancellargli dalla vista lo scheletro della centrale atomica che si alzava lugubre al centro dellโ€™isola.
Gli tornรฒ davanti agli occhi della mente anche il corpo della bella Nausicaa โ€œdalle bianche bracciaโ€, che aveva suscitato il suo desiderio una volta appurato che non era unโ€™apparizione divina. Nausicaa, la dolce tenera amante mancata, cosรฌ giovane da non aver memoria di cosa fosse stato il verde mondo prima dellโ€™apocalisse

Lโ€™ultimo braccio di mare sembrava interminabile, allora si gettรฒ giรน dalla zattera e si mise a percorrerlo a nuoto, con bracciate frenetiche, impaziente di toccare la sua desolata terra amata

Non cโ€™era nessuno ad attenderlo, le vecchie telecamere di sorveglianza erano tutte distrutte, spettrali relitti di una passata civiltร . Le bandiere sventolavano stanche, a brandelli. Come i brandelli di quella che era stata una cittร  fiorente che ora bisognava faticosamente ricucire

Ma ecco qualcuno apparve allโ€™orizzonte , avvicinandosi lentamente nellโ€™arsura della steppa. Non riconobbe subito quella figura, magra e impolverata . Ma poi notรฒ quellโ€™ancheggiare ritmico che ricordava bene e scorse il lampo di quegli occhi lucenti, di quello sguardo vivace in cui un tempo adorava tuffarsi. Gli tornarono allora alla mente i lunghi baci umidi, con cui soleva percorrergli il volto e le mani

La figura si stava avvicinando alla riva, sembrava stanca e provata e a Ulisse pareva che quelle sue ultime bracciate fossero senza fine. Tormentosamente interminabili, un supplizio davanti alla pregustazione di quelle labbra premute sul palmo della sua mano. Dapprima con delicatezza poi con una passione sempre piรน vorace. Avrebbe sentito che aspirava con eccitazione lโ€™odore amato. Quellโ€™odore cosรฌ unico, che, Ulisse lo sapeva , doveva aver ossessionato i suoi sogni per tutti quei lunghissimi anni. Venti anni in cui quella creatura cara, trepidante dโ€™amore , forse aveva temuto di averlo perso per sempre.

In un lampo Ulisse rivide i lunghi momenti in cui gli regalava il suo affetto, gratuito, sincero, profondo. E anche ora, lo sapeva bene, quellโ€™amore era vivo. Lโ€™unico modo per placare lโ€™ardore sarebbe stato, come sempre, abbandonarsi completamente a esso, senza opporre alcuna resistenza.

La creatura si sarebbe accarezzata contro di lui, lo avrebbe provocato con i suoi assalti carichi di affetto, gli si sarebbe gettata addosso, cosรฌ da fargli percepire il suo peso, il calore, la gioia.

Immensa sarebbe stata lโ€™estasi, indescrivibile, incontenibile. Troppo acuta da sopportare. Troppo!

โ€œE Argo,il fido can poscia che visto
Ebbe dopo dieci anni e dieci Ulisse,
Gli occhi nel sonno della morte chiuse.โ€

 

Luisa Zambrotta

ยฉ Riproduzione Riservata