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Il matrimonio – Racconto di Raffaella Noli

3 aprile 1974, la rinascita.

E’ inconfondibile, ma indefinibile. Ci sono mille modi per descrivere un tramonto, un ritornello, il sapore di una torta, la morbidezza di un velluto, ma un profumo no. Nessuna parola è in grado di dare concretezza a un profumo. Senza avvertire entra nel tuo corpo, diventa parte di te, si conficca silenziosamente in qualche angolino della tua anima e aspetta silenziosamente per travolgerti quando meno te lo aspetti. Non ti accorgi nemmeno di inalarlo e … boom: dal naso corre velocemente al cervello per esplodere nel cuore. È un po’ quello che era successo a Nina entrando sovrappensiero quel pomeriggio di aprile nel giardino della sua casa appena messa in vendita. Nonostante fosse incolto da anni, i giacinti, i narcisi e i muscari non avevano mai perso una primavera per fiorire. Si erano inselvatichiti, non presentavano più la carnosità di quando erano coltivati; ogni anno diventavano sempre più smilzi, sbiaditi, ma il loro intenso profumo lo avevamo conservato, anzi al dire il vero, intensificato: tutta la loro bellezza si era trasfigurata in essenza.
Appena entrata nel giardino, questa essenza la respirò con l’aria; e dal soprapensiero si ritrovò inaspettatamente quaranta anni indietro, il 13 aprile, il giorno delle sue nozze con Carlo. Era un bel mattino di sole; il suo sposo l’aspettava all’altare, mentre una festosa confusione di amici e parenti la circondava, la travolgeva, sollevandola dalla realtà. Proprio in quel giardino avevano addobbato il tavolo per il rinfresco e il fotografo stava scattando le foto. La sua lunga splendida chioma bionda intrecciata con le stesse margherite del bouquet, era eccelsa, ma muta, senza anima, nessun odore emanavano queste impeccabili margherite, talmente perfette che sembravano di plastica. La facevano sentire a disagio e un bizzarro e inopportuno pensiero: “come fanno ad essere così belle e non avere profumo?” la torturava di continuo, nonostante cercasse di soffocarlo dispensando sorrisi a tutti. E il disagio prese corpo in una calda lacrima, quando una brezza improvvisa, le portò sotto il naso l’odore delle sue radici: i fiori delle sue aiuole avevano stillato un’originale essenza e gliela avevano donata e respirandola diventò sua, per sempre.
Dopo quaranta anni, ecco col profumo riaffiorare quello strano malessere che era stato lavato via con una lacrima. Cosa c’è che non va? Cosa c’è di stonato? Che tradimento è stato consumato?
“Ti prometto che non sposerò nessuno che non sia tu!” Quante volte aveva ripetuto questa frase, convinta di quello che diceva, ma anche per infondere coraggio a Roberto nei giorni più duri della chemioterapia. Roberto non diceva nulla, sorrideva semplicemente, consapevole che non sarebbe stato così: sapeva che si sarebbero ritrovati in un’altra dimensione e che questo tempo non era per loro.
Dopo quaranta anni il profumo dei fiori le ricorda la promessa mancata, l’amore rinnegato. Se l’avesse mantenuta, cosa sarebbe successo? Avrebbe pensato di se stessa come di un essere perfetto grazie al sacrificio supremo di sé, sarebbe diventata come una delle margherite che adornavano la sua acconciatura da sposa, talmente impeccabile tanto da non essere vera. Agli occhi di tutti sarebbe apparsa come modello di abnegazione e di devozione, ma di fatto avrebbe vissuto una vita senza amore, cristallizzata in una perfezione sterile.
Rinnegare la sua promessa è stata necessaria alla sua salvezza, l’amore non è la ricerca della perfezione di sé, ma è un dono, è un offrirsi agli altri. Per riuscire in questo le occorreva lasciare andare, rinunciare al possesso legato ad una vita votata al ricordo. L’amore trascende l’oggetto amato perché dimora nelle profondità di noi stessi, ci conosce meglio di quanto ognuno conosca se stesso, ed il profumo, inspirato quarant’anni prima e di nuovo esploso nel suo cuore, finalmente glielo aveva fatto capire.
La data del suo matrimonio era un giorno memorabile da ricordare, perché ha coinciso con l’inizio di una nuova vita, di un nuovo modo di amare che non consiste nel trattenere, ma nel lasciare andare e donarsi continuamente.

 

Raffaella Noli

 

 

 

 

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