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Giulia e Margherita – racconto di Caterina Corucci

Quando la prese in braccio per la prima volta le dissero “questa è una bambina che non deve piangere”. La sua cardiopatia poteva rendere gli sforzi, compreso quello del pianto, un rischio per la sua minuscola vita. Portarono a casa Margherita senza la gioia piena che il copione avrebbe previsto, con il pensiero rivolto soprattutto alla prossima visita col cardiologo.
Prima che uscissero dall’ascensore la porta di casa si era già spalancata e l’entusiasmo di Giulia li travolse senza possibilità di scampo.
Giulia, oro liquido negli occhi e guance da morsi, era una bimba attenta e silenziosa. Le fu spiegato, in modo semplice per i suoi 6 anni, che Margherita aveva il cuoricino delicato e che quando piangeva andava cullata e coccolata subito perché smettesse, per non farlo stancare troppo. Giulia annuiva, le sopracciglia aggrottate a elaborare chissà che.
I giorni erano batuffoli di ovatta, alcuni soffici e lievi, altri inzuppati d’acqua. A volte la madre correva in ospedale con Margherita, quando il suo piccolo cuore superava i 140 battiti al minuto per una febbre che non si abbassava, o perché i neonati hanno tanti motivi misteriosi per piangere e per non smettere di piangere, e non sempre le mamme hanno tutte le soluzioni. Allora Giulia aspettava a casa della vicina, disegnando per la piccola i sogni più belli e colorati. Oppure capitava che la madre interrompesse la fiaba della buonanotte perché Margherita la reclamava, lasciando Giulia da sola nel letto a proseguire con la fantasia il racconto interrotto, mentre si dondolava un dentino che non voleva cadere. E quando tornava da Giulia, lei faceva finta di essersi addormentata aspettando il bacio più morbido, che a volte arrivava salato sulla guancia.
Ma quando c’era il papà a occuparsi di Margherita, la mamma diventava per Giulia la gita più bella e facevano insieme cose scintillanti, sdraiate sul tappeto fra cartoncini colorati e nastri, oppure andavano al cinema e si ubriacavano di Coca Cola e pop corn.
Accadde un giorno che la mamma chiese a Giulia di sorvegliare Margherita mentre lei si faceva una doccia. Non c’era nessun’altro a casa, ma la donna si sentiva più tranquilla, ormai i pianti di Margherita erano abbastanza gestibili e le ultime visite cardiologiche riferivano miglioramenti.
Ancora insaponata, la madre sentì piangere la piccola. In pochi secondi che erano secoli uscì dalla doccia e si infilò l’accappatoio. Si precipitò fuori dal bagno sbattendo contro il mobile e facendo cadere stupidi profumi. Avvicinandosi alla camera udì la voce delicata di Giulia. Cantava e faceva volteggiare Raffa la giraffa davanti agli occhi di Margherita, che aveva smesso di piangere e seguiva i movimenti del pupazzo agitando le manine. La donna si fermò sulla porta a consolarsi l’anima, incurante dell’acqua che grondando dai capelli allargava una pozza sul parquet, finché un sorriso a finestre, fiero e luminoso, si voltò verso di lei.

Caterina Corucci

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