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Due occhi – Racconto di Luigi Del Vecchio

Francesca è una ragazza bellissima con lunghi capelli neri e due occhi scuri che accompagnano un sorriso incantevole. Da pochi giorni ha compiuto ventiquattro anni.

E’ piena di amici, grintosa e non si è mai resa conto di apparire agli altri seducente e sicura di sè. Lavora in una compagnia telefonica promuovendo e vendendo contratti ma quell’impiego non le è mai piaciuto.

Da un paio di mesi si è lasciata con il suo fidanzato, un coetaneo immaturo che è riuscito a imbalsamarla in una gelosia morbosa derubandole un pezzo di anima. La fine della storia, nonostante sia durata cinque anni, non l’ha turbata più di tanto anche perchè si è sempre trascinata tra litigi e incomprensioni, rari i momenti belli.

Persino il sesso non ha mai funzionato del tutto fra loro e lei tante volte ha sentito il suo corpo fremere di un piacere che non riusciva a soddisfare.

Ma ora, finalmente, ha il tempo di riprendere in mano la sua vita e sperimentare gli angoli e i perimetri della sua più intima essenza. Come cullare i suoi sogni e girare il mondo per esempio. Addirittura sin da quando era bambina fantasticava anche di avere una rubrica di gastronomia in televisione.

I suoi amici dicono che da quando è tornata single è più serena. In realtà dovrebbe essere contenta, ma non riesce ad esserlo ora che lo ha lasciato. Da quel giorno si sente protagonista di una sensazione oscura a cui non riesce a dare alcuna risposta  ma che le fa paura. E’ come se due occhi, bui e profondi, simili a quelli di uno squalo affamato, la divorassero e la circondassero ad ogni movimento.

Avverte quella presenza minacciosa dietro le spalle soprattutto di notte quando il silenzio ti fa inseguire pensieri inafferrabili chiusi in un labirinto dove non ti puoi specchiare. La sente come un elemento invisibile, una cosa negativa da cui fuggire entrata all’improvviso nella sua vita senza essere stata invitata e senza che le abbia chiesto alcun permesso.

Ma non riesce mai ad incrociare quello sguardo che, ogni volta, resta uno sterile e vuoto eco.

 

Anche per questo non ha nessuna voglia di trascorrere le vacanze estive con i suoi genitori. Lo scorso anno di questi tempi era in un’isola greca con il fidanzato e altre due coppie che, per fortuna, attenuavano il fallimento e la solitudine della sua relazione. Nonostante tutto era stata una bella vacanza in una casa che poteva ospitare fino a dieci persone con l’accesso diretto su una spiaggia privata. Ogni sera si cucinava pesce alla griglia e si ballava a piedi nudi fino all’alba. Fingeva di essere felice e spensierata.

Ora, invece, l’aspettano due settimane a Baia Domitia in un albergo con formula residence dove i suoi vanno da più di venti anni. Solite facce, solita animazione, solita noia, solite serate passate ad aspettare solo che arrivi la mattina dopo.

I genitori poi la considerano ancora una bambina e non sono nella pelle di potersela godere per così tanti giorni. L’ex fidanzato, tra l’altro, non è mai stato loro molto simpatico pur avendo accettato la sua presenza per il bene della figlia.

Insomma, roba da tagliarsi le vene dopo due giorni.

 

Quello sguardo oscuro non l’ha lasciata un solo istante, da due mesi a questa parte, anche fino al giorno prima di partire.

Non c’è momento in cui non senta sulla pelle quegli occhi magnetici e diabolici, un guizzo famelico che le entra nelle viscere. Persino quando lavora oppure mentre fa la spesa o addirittura in bagno mentre si lava i denti o è sotto la doccia l’inquietudine della sua presenza l’assale.

Talvolta arriva anche a identificare quello sguardo come il male assoluto, una percezione negativa che comincia a farsi strada in lei in modo sempre più profondo, più forte.

Ogni volta che accade, un soffio di vento riempie l’aria nebulosa intorno a sè e lei si guarda attorno, frenetica e ansimante, pur sapendo di non trovare mai nessuno.

Quell’incubo l’ha scelta come sua preda privilegiata capace di farla sentire nuda come mai le era capitato dandole appuntamento quando meno se lo aspetta.

Ma perchè ora inizia ad abbandonarsi ad esso, perchè inizia ad avvertire la sensazione che quella presenza inaccessibile stia colmando i vuoti della sua vita? Perchè ora vorrebbe solo toccarla abbandonandosi ad essa come se fosse un’amante curiosa e audace.

 

Il papà ha fissato la partenza alle otto del mattino nonostante ci voglia appena un’oretta di macchina per arrivare al residence. A lui piace sempre anticiparsi e chiacchierare con i proprietari dell’albergo, prima che siano libere le stanze, ricordando gli aneddoti dell’anno trascorso ma soprattutto le ultime vicende calcistiche. E’ uno sfegatato milanista che vive ancora dei ricordi del trio Gullit, Van Basten e Rijkaard con cui i rossoneri vinsero tutto quello che c’era da vincere nel mondo.

La notte è stata lenta e Francesca ha finito di preparare la valigia tardi. Oltre i costumi e i parei giusto qualche vestito e un paio di jeans, sa già che trascorrerà le serate in veranda a leggere qualcosa. Ha sempre odiato la vita mondana da villaggio. Tra l’altro gli amici della comitiva vanno in tutt’altre località  per cui neanche a pensare ad un’alternativa.

Si addormenta verso le due, il caldo è afoso, l’aria irrespirabile. Si agita nel letto fradicia di sudore che le scorre nei punti più nascosti del corpo.

Piccole gocce le bagnano la sottoveste mettendo in risalto le curve ampie e le rientranze profonde dei suoi lineamenti, i capezzoli sono gonfi. Sente il bisogno primitivo di tuffarsi tra le braccia di un uomo, non lo fa da tanto.

Non smette di pensare a quello sguardo a cui vorrebbe dare un nome, un volto, un’identità. E’ già qualche ora che l’ha lasciata sola e non ne capisce il motivo. Inizia a sentire la sensazione dell’assenza e, per la prima volta, lo desidera, lo cerca.

Eppure potrebbe essere solo un sogno, lungo e tribolato,  ma anche una follia in cui è caduta senza rendersene conto.

Quando sente quegli occhi dietro di sè non riesce a capire perchè i muscoli inizino a contrarsi, come se stessero esplodendo, come se gli abiti che indossa non fossero più capaci di contenere la sua passione, la sua voglia di fare l’amore fin troppe volte repressa.

Continua ad averne paura ma quando non c’è, le manca.

 

Come ogni anno il papà ha prenotato il pranzo del primo giorno al ristorante dell’albergo per buon augurio. L’ultima sera di vacanza prenota invece la cena per salutare tutti e per lasciarsi andare alle retoriche previsioni sul ritorno al lavoro e alla vita di tutti i giorni, nonchè su chi vincerà il prossimo campionato.

Francesca ha mangiato poco e svogliata, solo un’insalata di mare con pezzettini di sedano e carote. Un’anguria dolce e dissetante le ha rinfrescato la secchezza della gola che l’opprimeva sin da quando era partita. Fra una portata e l’altra il cameriere, un distinto signore a cui mancano un paio di anni alla pensione, esalta i miglioramenti della cucina rinnovata rispetto all’anno precedente grazie alle cure di un nuovo chef del nord.

Ma lei si sente sola, non gliene frega niente dell’albergo, dei nuovi piatti, dello chef. Non sente neanche i discorsi dei genitori preoccupati del suo futuro e di cosa farà da grande. La mamma l’avrebbe voluta insegnante e sistemata distinguendosi per l’originalità del pensiero.

Avverte solo l’angoscia della solitudine e vorrebbe che quegli occhi fossero lì, sente di appartenere a loro adesso.

Si accorge di guardarsi intorno toccandosi i capelli in un gesto compulsivo cercando di trovare nei volti degli ospiti lo stesso sguardo predatore che la spia da due mesi, che la tormenta alle spalle, che le sfiora la pelle di notte portandola a varcare il confine dell’istinto animale e irrefrenabile. Finge di essere distaccata ma scruta i turisti nella sala uno ad uno in una morbosità nebulosa e triste.

Ma nulla, nessuno la guarda, nessuno si accorge neanche della sua presenza. Nessuno ha voglia di lei.

La prima giornata al mare trascorre senza scossoni, piena di noia ma con il cuore agitato.

Il pomeriggio Francesca si trattiene a casa ascoltando distratta e sovrappensiero la musica con le cuffiette su un’amaca che prende orizzontalmente l’intero patio. L’unica cosa che le piace sul serio di quel residence, ama il suo leggero dondolio e vi trascorre ore intere.

 

La sera, dopo una cena frugale, decide di scendere in spiaggia per sentire la sabbia fredda sotto i piedi e il rumore della risacca e per placare la sua ansia.

Indossa un vestitino di seta a fiorellini che le tiene scoperte le spalle con malizia. Lo ha acquistato a Santorini durante l’ultima vacanza, le piace molto e per lei rappresenta la libertà. E’ scalza, i lunghi capelli neri sono smossi e profumati di gelsomino in modo irresistibile.

Non se ne rende conto ma la scia che percorre avvolge l’aria di fascino e sensualità.

Il lido dell’albergo è deserto con gli ombrelloni perfettamente allineati che assumono la foggia di grandi guerrieri appositamente messi in posa per una grande parata.

Da qui sembra che i subbugli del mondo siano lontani, anche quelli della sua vita.

C’è poca luce, giusto un brandello, i riflettori sono spenti per un guasto all’impianto ma per fortuna la luna è fantastica, piena.

Le viene in mente un libro di Mark Twain che ha letto qualche anno fa dove lo scrittore dice che ognuno di noi è una luna, ha un lato oscuro che non mostra mai a nessun altro.

E’ vero, è rimasta profondamente colpita da quella frase e la ricorda spesso.

Anche lei ne ha uno che non mostra a nessuno? E se il suo lato oscuro fossero stati quegli occhi ossessivi e penetranti di cui non può più fare a meno?

Raggiunge la sdraio nel posto in prima fila che il papà occupa ogni anno, stesso numero da sempre, l’ottantasei.

Si sente abbracciata da un vento caldo ma è emotivamente e fisicamente svuotata, la stessa sensazione che si prova quando si è traditi. Non capisce perchè quello sguardo l’abbia lasciata sola proprio quella sera, proprio ora che è pronta ad abbandonarsi ad esso senza remore.

Il soffio salmastro che proviene dal mare, leggero come il suo vestito, trova segreto riparo in quell’angolino di sabbia occupato dal suo ombrellone.

Francesca l’avverte anche tra le gambe, dolce e silenzioso, facendola vibrare. Chiude gli occhi desiderando solo che quella eccitazione non la lasci mai sintetizzando al meglio il parallelo tra la sua anima e la sera infinita. Poi allunga le dita verso la sabbia fresca stringendone con il palmo un pugnetto e inizia a sgranarla, piano piano.

Le viene voglia di comparare le virgole di luce che si riflettono sulle onde a una vasta punteggiatura dove bisogna inserire le parole per comporre frasi banali, un giochino che fanno solo i bambini ma che le è sempre piaciuto.

Il chiaro di luna si riflette nei suoi capelli, nelle sfumature del suo corpo, nella morbidezza della sua pelle.

I pensieri cupi sembrano essere finalmente svaniti, la delusione di essere sola la sta abbandonando e lei vorrebbe vivere quella festa lasciva solo con la grazia della sua giovinezza.

 

Non se ne rende conto ma una mano prende la sua appoggiata sul bracciolo. Francesca non ha la forza di aprire gli occhi, non sa neanche da quanto tempo è lì. Ma non ha paura perchè attendeva quel momento. Quello sguardo, muto e oscuro, ora è lì, vicino a lei.

Si sente osservata dagli stessi occhi che l’hanno seguita in questi ultimi due mesi come un’ombra perversa e diabolica, percepisce per la prima volta il loro colore, ambra dorato.

La mano che preme sulla sua è dura quanto la pietra e fredda come il ghiaccio, è una mano forte che le infonde sicurezza ma che la marchia come una sua proprietà in una inaspettata onda di possessività.

Di questo non ha più alcun dubbio ormai, è pronta a cedere a quell’uragano. Lo sta aspettando e si lascia andare mentre le parti più intime del suo corpo fremono di piacere.

Due labbra si poggiano sulle sue, sono calde e morbide rispetto alla mano che, gelida, ancora è poggiata sulla sua.

Sono sensuali e irresistibili, potrebbero essere di chiunque, di un uomo o una donna ma poco importa. Francesca desidera solo che non si stacchino più dalle sue.

Come resistere alla seduzione di una bocca e di una lingua sconosciute si chiede. Perchè aver atteso due mesi se è tutto così bello? Perchè aver avuto paura di quell’ombra temendone ogni giorno la presenza?

Quel bacio per lei è l’anticamera del desiderio più intimo da cui traspare la voglia irruente di fare l’amore come se quel momento fosse stato da troppo tempo rimandato.

Neanche con il fidanzato ha mai provato nulla di simile ed ora la sua lingua si aggroviglia in un altra come un’ossessa impregnandosi degli odori del piacere.

Francesca sente la sua saliva invadere quelle labbra, mischiandosi nella bocca come in un duello di fine fioretto tra spadaccini esperti.

Ne è appagata, innamorata, neanche si accorge che il godimento le permette a stento di respirare e che l’altrui bacio sta diventando ora affamato, quasi vorace e pieno di potere, cercando il suo consenso.

Ma non c’è bisogno, lo aspettava, glielo ha già concesso. Non può far nulla per impedirlo, neanche se lo avesse voluto.

Lo sciabordio della risacca in quel momento è la più semplice e meravigliosa delle sinfonie, uguale a quella che emana il corpo di una donna quando vibra in preda ad un amplesso.

 

Il bagnino la trova nuda la mattina dopo verso le sei, ancora seduta sulla sdraio in una posizione naturale. E’ morta già da qualche ora ma le labbra sono eccessivamente rosse.

Le gambe scivolano sulla sabbia composte e rilassate come se non provassero alcuna vergogna di quella nudità mentre le braccia sono ancora avvinghiate ai braccioli quasi a non volerli lasciare più.

La testa è reclinata verso destra, i capelli conservano ancora il dolce profumo di gelsomino. Gli occhi sono finalmente aperti, non sono tristi come qualche ora prima, hanno assecondato il loro desiderio.

 

Sul collo dal lato sinistro due piccoli fori, sembrano la puntura di un insetto.

 

Quando i genitori giungono sulla spiaggia accompagnati dalla polizia hanno il volto perso nel vuoto, annebbiati nella mente. Non si sono neanche accorti che la figlia è rimasta fuori l’intera notte e ora sono invasi dai sensi di colpa.

La mamma ha tra le mani il vestitino a fiorellini che Francesca indossava la sera precedente, lo tortura e ritortura con le dita e lo ha ridotto ad un fagotto. Odora di buono e di pulito.

Dove lo ha trovato, le chiede un ispettore.

Sull’amaca, l’ho trovato poggiato sull’amaca. Era piegato.

 

 

Luigi Del Vecchio

 

 

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