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Di quella spiaggia – Racconto di Giuseppe Pugliese

Di quella spiaggia conoscevo tutto.
Ogni anfratto, anche il più nascosto.
Ma ormai non vedo più le cicche, le bottiglie abbandonate, le infradito rotte e condannate a marcire lì nei secoli dei secoli. Non le palette né i secchielli seminascosti dalla sabbia, non il cappello di paglia volato via, né tantomeno i palloni sgonfi lasciati al loro amaro destino per sopraggiunta inutilità.
Non c’è motivo perché io menta in questa storia. Non devo difendermi da nessuno e da nessuna accusa. Non è stata colpa mia.
Tuttavia mi va di raccontarla, e di scendere nei particolari perché forse è davvero possibile che non tutto il male venga per nuocere.
Per lo meno così si dice in giro e io, sinora, non ci ho creduto, né so se mi riuscirà di farlo.
Di dimenticare questa storia non se ne parla neppure, trarne addirittura un profitto mi sembra impossibile, ma devo pur aggrapparmi a una qualche speranza.

* * *

Su questa spiaggia, due anni fa’, è sparita, svanita nel nulla, una bambina.
Un attimo prima era lì, nel suo costumino rosso e col suo salvagente a forma di ochetta e un attimo dopo non c’era più.
La mamma ci aveva messo cinque minuti, non di più, ad accorgersi che la figlia si era allontanata dal suo sguardo. E qualcuno l’aveva subito accusata di essersi distratta, di averla colpevolmente persa di vista.
Ma la signora, poveretta, stava solo cambiandosi il costume. Alla buona, coperta da un telo, lì sulla battigia. Aveva perso l’equilibrio per un momento, rischiando di mostrare le sue nudità ai vicini di ombrellone. Ma lo aveva recuperato, seppure a stento, ed era stato quello il motivo che le aveva fatto perdere il controllo della situazione per qualche istante in più del previsto.
Ma sono cose che capitano. Banali inconvienti che normalmente si risolvono in un battibaleno e senza alcuna conseguenza. Ma quella mattina il destino aveva deciso diversamente.
Io avevo seguito la scena e sperato. Che quell’asciugamano scivolasse via del tutto. Non lo nego.

* * *

Sono il bagnino di questo stabilimento e ne ho viste di cotte e di crude accadere qui.
Sembra un posto felice e lo è, all’apparenza. Per molti in effetti sì, ma non per tutti.
Alle grida successive di aiuto, alla ricerca della bambina ho partecipato da subito. E sì, lo ammetto nuovamente, nei momenti precedenti la sua scomparsa non ero vigile come al solito. Ve l’ho già spiegato il perché.
E’ stato proprio questo, questa mia mancanza a farmi dannare più degli altri. Magari non me ne sarei accorto lo stesso, ma mi si era insediato dentro lo scrupolo. Di non aver fatto tutto il possibile per evitare quella tragedia.

* * *

La baia era piena di barche, da piccole a grandi yacht. Come tutte le domeniche di agosto. E anche negli altri giorni se il tempo era veramente bello.
Si raggiungeva facilmente e l’ormeggio un po’ al largo consentiva una splendida vista dei dintorni.
Io non ho mai capito quale soddisfazione si possa mai provare a fare il bagno uno azzeccato all’altro. Soprattutto se si possiede una barca con la quale potersi isolare almeno un po’. Ma tant’è. Alla gente evidentemente piace la comunanza con gli altri. Anche il piscio e la merda degli altri, talvolta.
O forse è solo la voglia di ostentazione. Come dire “Ho speso così tanto che tutti devono sapere che posso permettermi questo lusso”.
E poi col tender tutti via, a mangiare il pesce al ristorante sulla spiaggia. Caro anche quello certo, ma che problema c’è? Mica ci si può confondere con le teglie di pasta al forno e parmigiana di melenzane o peggio ancora con insipidi panini tirati fuori da capienti contenitori ad ora di pranzo accomodandosi lì per lì direttamente sulla sabbia.

* * *

Sono arrivate di corsa, come le formiche attirate dal miele, anche tante televisioni. Tanti inutili, superflui “giornalisti”. Pronti a ripetere per giorni le stesse cose, Ovvero il niente. Quelli del tg regionale hanno anche provato ad intervistarmi, ma io li ho mandati a cagare.
E’ ovvio che mi abbia interrogato la polizia, sono stato uno dei primi se non il primo, e ho collaborato il più possibile. Conosco la zona palmo a palmo, ve l’ho detto. Ma niente. Non è stata più ritrovata.

* * *

Il tempo era splendido, il mare una tavola e non avevo notato niente di sospetto. Il solito andirivieni di una marea confusa di bagnanti. Avevo prestato maggior attenzione giusto ad un paio di ragazzini che si stavano allontanando troppo dalle acque basse per dirigersi un po’ più al largo, dove c’è sempre un filo di corrente traditrice. Ma non si erano neanche spinti a tanto alla fine. Il mio megafono era rimasto fermo al suo posto.
La prima ipotesi era che si fosse allontanata spontaneamente; ma in acqua, pattugliata palmo a palmo, non c’era. Il salvagente era stato subito ritrovato placidamente trasportato dal mare poco più in là.
Nessuno aveva notato qualcuno allontanarsi in fretta o strani movimenti tra le barche ferme lì davanti e comunque abbastanza distanti dalla riva e al contempo troppo vicine tra loro per compiere un rapimento senza intoppi.
Perché poi di questo aveva cominciato a parlarsi: di rapimento.
O, nella migliore delle ipotesi, di un gesto di disperazione di qualche donna senza figli; desiderosa di averne uno. Così carino per giunta.
E, purtroppo, sembra incredibile lo so, ma le cose vanno anche così.
Niente. Niente di niente. Nessuna traccia, nessun indizio. Nessun individuo sospetto.
Avranno interrogato centinaia di bagnanti quel giorno stesso. E chi l’aveva vista aveva giurato “‘ncopp ‘a capa dei figli miei Marescià” che era lì. Sino ad un attimo prima l’avevano vista e poi… pouff… non c’era più.

* * *

Alla madre, l’ex marito, erano separati da poco, gliel’aveva fatta vedere brutta. Oltre il dolore c’erano stati rabbia e risentimento. Ma la donna non aveva colpe particolari. Ed era distrutta.
E’ tornata tutti i giorni per più di due mesi. Sino a quando anche lo stabilimento, a fine stagione, ad ottobre inoltrato, ha chiuso i battenti.
Abbiamo anche scambiato qualche parola, di tanto in tanto. Ci sentivamo, ognuno a modo suo, colpevoli.
E’ tornata anche pochi giorni fà. Ci siamo solo scambiati uno sguardo di muta e reciproca consapevolezza.
Ma è andata via subito stavolta. L’incubo albergherà per sempre in lei. Il rimpianto di non essere stata attenta, anche se solo per pochi minuti, non la abbandonerà mai.
Non lascia in pace me… figuriamoci lei…

* * *

A volte, mentre riposo nei momenti di quiete sotto il mio ombrellone gigante, sogno.
Sogno che un gabbiano ce la riporti. Anche non uguale uguale a prima, magari un po’ cresciutella, ma viva e vegeta, e in ottima salute.
Sogno che mi viene incontro e mi chiede della mamma. “Mi sono scottata al sole” mi dice “mi brucia qui!” e mi indica le spalle, effettivamente rosso fuoco.

* * *

E una volta è successo.
Che una bambina mi abbia svegliato per dirmi che…
Ho provato un emozione fortissima e subito dopo una delusione tremenda.

* * *

C’è uno scarto di pochi minuti, trecento secondi non di più, nella mia vita.
Qualcosa che purtroppo però permarrà. All’infinito.

 

 

Giuseppe Pugliese

 

 

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