Oggi pomeriggio il fiume è bellissimo e deserto. Uno di quei pomeriggi di novembre in cui si può pensare che, tutto sommato, anche nella fine ci possa essere molta grazia.
Aspetto il passaggio della manifestazione appoggiato al parapetto, il parco alle spalle, l’altra riva di fronte. Non c’è nessuno, solo colori e odori d’inverno, il freddo e l’acqua che rumoreggia oltrepassando il dislivello della vecchia centrale elettrica. Le ombre lucide dei cormorani si tuffano, veloci e taglienti, e i gabbiani sono allineati sulla diga come tanti bei soldatini bianchi, con il becco al sole. Mi piacerebbe prendere un po’ di tutto questo e portartelo. Ma mi sembra poco praticabile e, ormai, del tutto inutile.
Non sono più solo, una donna è arrivata. Ha un’espressione vaga e sorridente, ma porta dei grandi occhiali da sole, non vedo i suoi occhi. La osservo, discretamente, ma potrei farlo apertamente, non credo neanche si sia accorta di me, è altrove, insieme a qualcuno. E sono felici, sembrerebbe. Si toglie gli occhiali per osservare il volo dei cormorani, adesso il sorriso è aperto. Perché ho l’impressione che, come me, vorrebbe assorbire tutto questo, trasformarlo in un’immagine tridimensionale e sensoriale per portarlo a lui?
E m’immagino la scena: mattina presto, la metro è piena di ragazzi assonnati, di signore con gli occhi cerchiati, nonostante il correttore, e di lavoratori malrasati e ruvidi. Le porte si aprono, flusso e riflusso di gente scontrosa e distratta, una signora sale. La sua borsa è stranamente voluminosa, ondeggia, schiamazza e salta fuori un cormorano, affusolato ed urlante. Sicuramente lo ha catturato nottetempo, lo ha tramortito mentre dormiva appollaiato su un ramo. Lo ha ficcato in una borsa e stamattina, lo porta a lui. Ma perché lo ha preso? Solo per fargliene dono? No, in realtà, lei è l’ultima Circe fluviale, ed aveva bisogno del cormorano per un esperimento senza precedenti: provare che se l’uomo potesse volare, sarebbe felice, per sempre.
Deve aver sentito i miei pensieri, si volta verso di me, mi guarda, sorpresa. Allora è vero, ho indovinato tutto, ma lui, chi è? Se la guardo attentamente negli occhi forse potrei cogliere il suo riflesso. Sapere perché.
Il mio sguardo è diventato troppo insistente, lei rimette gli occhiali, ritorna ad osservare i cormorani, continua a sorridere, ma non come prima. Lo conosco bene quel sorriso. Il sorriso della risacca.
Faccio un passo verso di lei, devo trovare qualcosa di intelligente da dirle.
– Buongiorno, mi perdoni, non volevo distrarla dai suoi pensieri. Ma vorrei ringraziarla, perché lei mi ha distratto dai miei, da una risacca di pensieri da cui vorrei uscire.
Si toglie gli occhiali e mi tende la mano. E’ calda. Ha una stretta energica. Ma non mi dice il suo nome.
– Marco, molto piacere.
– E la risacca, come si chiama?
Ride, mi sta prendendo palesemente in giro e io la guardo, continuo a guardarla.
– Marta. E’ partita un mese fa.
– Dovrebbe partire anche lei. Costruirsi una bella barchetta colorata, caricarla di cose futili ed indispensabili, carta e penna, per esempio, scendere il fiume, attraversare l’oceano e seguire la rotta delle balene. Pare faccia molto bene per le pene d’amore.
Come fa a sapere che ne sarei capace? Forse perché ne sarebbe capace anche lei. Forse perché è lei ad averne voglia.
– Ottima idea, passo a Decathlon, mi attrezzo e vado. Rischia di fare un po’ freddo in questa stagione, ma tanto meglio, è ancora più virile. Anche lei stava pensando a qualcuno, vero?
I suoi occhi sono diventati più scuri, e non credo sia solo l’effetto della luce che cambia. C’è qualcosa di caldo e vivo che emana da lei.
– Mi perdoni, sono stato indiscreto. Tornando alle balene, temo che avrei bisogno di un finanziatore.
– Crede? Basta trascinare qualche amico nell’avventura, fare un bel blog e improvvisarsi paladini di Moby Dick. Un flusso inarrestabile di foto farà il giro del mondo: un gruppo di giovani, aitanti e valorosi, possibilmente barbuti, che lottano a mani nude contro crudeli balenieri, loschi, funerei e barbuti a loro volta, ma con barbe di altri colori. Qualche post ben scritto, un paio di interviste strategiche, e tutti gli editori si strapperanno le vesti pur di avere i diari del nuovo Hemingway.
Perfetto, sa che scrivo, che sono ecologista e che ho parecchi amici alternativi. Devo andarmene, presto, altrimenti finirò trasformato in un balenottero in miniatura, e lei mi metterà nel suo acquario insieme a tutti gli altri.
Adesso ride. Deve avere quarant’anni, dei figli, sicuramente, che ridono come lei.
– Arrivederci, giovane marinaio. Se posso darle un consiglio, eviti la risacca, il mare aperto è molto meglio.
Infila gli occhiali, si appoggia un attimo al parapetto, sta salutando i cormorani, immagino, se ne va.
Non ho più voglia di stare qui. Se mi sbrigo, in mezzoretta a piedi sono a Decathlon.
Pedrazzini Giovanna