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Andrea, Marta, l’altra – Racconto di Maurizio Costacurta

Andrea andò sul terrazzo di casa sua per innaffiare i fiori che curava con la frequenza che si addice a chi ha il pollice verde come lei. Ortensie, campanule, viole e gli immancabili gerani. Il terrazzo era delimitato da un muro con sopra una quinta di carabottino in legno che aveva acquistato nelle demolizioni dei cantieri navali di Viareggio dove viveva. Nei cantieri la conoscevano tutti, era una progettista di barche e aveva disegnato anche un paio di tavole da surf. Aveva due lauree, ingegneria e architettura, vecchio regime, e aveva fatto la tesi di architettura sul progetto esecutivo, calcoli e arredi, di un panfilo di novanta piedi, che un cantiere di Viareggio le chiese per omologare il progetto e realizzare la barca. La lode sulla tesi le aprì una marea di opportunità. Non c’erano molte ragazze progettisti navali con doppia laurea, avvenenti come lei.
Il terrazzo aveva una vista a trecentosessanta gradi dal lungomare alle Alpi Apuane, il carabottino faceva da schermo per il sole, ma non altro perché nel raggio di duecento metri non c’erano case alte come quella dove Andrea e Marta vivevano insieme. Marta era un dirigente del Comune, si occupava di promozione turistica. Stavano insieme da sei anni, dopo che ognuna aveva chiuso una storia con un’altra donna. Marta aveva fatto la corte ad Andrea, pur sapendo che conviveva con una donna più anziana e per due anni vissero il loro amore in clandestinità. Quando Marta lasciò la sua compagna che aveva scelto di cambiare vita e non voleva più un figlio, chiese ad Andrea di mettersi con lei. La compagna di Andrea le disse che era nell’ordine delle cose, che lei aveva un futuro con una donna più giovane e che lei, Marina, le faceva i suoi auguri e le rimaneva amica. Senza una parola sul tradimento.
Andrea stese l’asciugamano sul lettino imbottito si tolse il pareo e il reggiseno, una volta seduta prese una crema per proteggere la pelle dai raggi del sole, era una crema speciale che consentiva di abbronzarsi senza subire eritemi o altre effusioni. Nessuno poteva vederla e questo da una parte la tranquillizzava, dall’altra un po’ le aggravava il senso di solitudine che spesso la opprimeva per la sua condizione. Certo, lei è Marta andavano al mare, al bagno “Maurizio” oppure al bagno “Alhambra”, che avevano la piscina, il Tirreno a Viareggio non sempre invita a fare il bagno. Quando volevano un po’ di libertà, specie per l’abbronzatura integrale, andavano sulle spiagge libere a nord della città, alle prime ore del mattino e si mettevano in libertà, facevano il bagno insieme, si scambiavano effusioni in acqua. Talvolta andavano per il weekend a San Vincenzo oppure in Liguria. Per il resto andavano al cinema, a teatro, giravano per il centro, non dovevano rendere conto a nessuno, certo se le coppie “normali” non dovevano fare attenzione ad esporsi in pubblico, loro sì, e non erano le uniche lesbiche di Viareggio.
Erano fiere del loro amore, non facevano male a nessuno, tranne che a una certa morale, ma non era un loro problema. Andrea però viveva male la condizione di osservato speciale che si sentiva addosso quando era in giro con Marta, che invece non aveva nessuna remora, la accarezzava, la temeva sottobraccio, per cercare di farla sentire a suo agio in pubblico come quando erano da sole, a casa o in viaggio, in albergo. Il paese, Viareggio, in fin dei conti, è piccolo e la gente anche. E mormora. Quando era in crisi, Andrea chiamava Luciano Parodi, un amico di Bogliasco, che aveva preparato la tesi insieme a lei, ognuno la sua, lui un off-shore cabinato, e si erano laureati lo stesso giorno. Luciano appena saputo che Andrea era omosessuale le dichiarò che l’avrebbe amata per sempre e che era orgoglioso di conoscere una ragazza come lei. Specie dopo aver fatto l’amore con lei. “Luciano, non te la prendere, ho deciso, voglio che il ricordo del sesso con un uomo sia legato a te. D’ora in avanti, e lo so da molto tempo, non andrò mai più con gli uomini, con le donne è diverso”.
Luciano aveva un vulcano dentro di sé. Non erano mai stati a letto insieme ed era successo dopo che avevano finito il modellino della barca di Andrea per la tesi, come se lei lo volesse ringraziare. Erano stati spesso soli a studiare e non era mai successo nulla, quella sera però era stato, per così dire inevitabile. Il legame si era stretto quando Luciano le aveva chiesto di fare da testimone alle sue nozze. Sua moglie non temeva Andrea anche se non sapeva nulla di lei, salvo, “che strano”, che non avesse un compagno. Andrea si vedeva con Luciano a Spezia o a Tellaro, a Porto Venere, sempre di nascosto dalle loro compagne, e parlavano per ore, passeggiavano abbracciati e si scambiavano pareri ed opinioni. Talvolta Andrea dimenticava perché era lì, tanta era la forza di Luciano, tanta era la sua capacità di farla sentire a suo agio, tra le sue braccia.
Marta ed Andrea avevano deciso di sposarsi e volevano andare a Copenaghen, così, intanto non ci erano state prima e, poi, avevano deciso di fare una cosa diversa. Marta aveva delle conoscenze legate al suo lavoro in diverse amministrazioni della comunità europea e ottenne velocemente le informazioni che servivano, l’elenco dei documenti per le nozze e chi avrebbe celebrato la cerimonia. Ottenne che non fosse una cerimonia multipla, ma che fosse solo per lei e Andrea. Tutto questo movimento turbava Andrea che vedeva qualcosa di strano nel comportamento di Marta, qualcosa che andava oltre l’eccitazione per il matrimonio. Decise che non era nulla di stravolgente, che era un passo importante e che quello poteva essere l’effetto che provocava su Marta.
Andò in un negozio del centro per comprare il suo regalo di nozze a Marta. Conosceva la commessa da quando erano bambine.
“Ciao, Andrea, come stai?”.
“Bene, grazie, tu?”.
“Ti è piaciuta la collana che ti ha comprato Marta? A me molto”. “Quale collana?”.

 

Maurizio Costacurta

 

 

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