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Addio caro sogno – Racconto di Vanessa Romani

Non lo senti un sogno nascere.
Forse nasce prima di noi, forse senza di lui non potremmo esistere noi. I sogni non fanno chiasso, ci sussurrano all’orecchio la loro esistenza e nel farlo alimentano il nostro sguardo.

Cominciai a scrivere il giorno in cui la mia sensibilità mi fece cadere a terra. Fu quello il giorno in cui conobbi il mio sogno. Sotto forma di penna e foglio, il mio sogno era lì fermo, come se mi stesse aspettando da una vita. Mi curò le ferite, si prese cura di me e delle mie paure. Mi tenne al sicuro e mi rese sicura, sicura di ciò che avrei amato e di ciò che con premura avrei evitato. Non fu l’unico sogno che conobbi nella mia vita, ce ne furono altri di sogni, ma nessuno ebbe la forza di questo. Ci vuole forza per resistere agli urti della vita, del mondo come va, della realtà come viene costruita e come ce la costruiamo e il mio sogno sembrava di averne abbastanza di forza, per tutti e due.

Insieme trasformavamo la fantasia in dolci frasi da leggere e insieme immaginavamo un mondo diverso, con nuvole colorate e il profumo dell’estate. Ci emozionavamo di esistere insieme io e il mio sogno. Ci credevamo ad una vita insieme e nel crederci provavamo a costruirci un posto nel mondo. Il mondo: quanto lo amavamo il mondo quando ne cercavamo il senso e ne inventavamo un finale infinito. Ci divertivamo a creare e a disfare, a disfare e a creare di nuovo. Non importava quanto male potesse fare immaginare vite diverse, più belle, più amate, più volute o più desiderate, non importava perché era importante resistere, e nel farlo, esistere.

Ci deluse il mondo a me e al mio sogno, ci deluse il giorno in cui, convinti di aver trovato il nostro posto, quello in cui sentirsi giusti nel momento esatto, ci rise in faccia mostrandoci la sua vera realtà: non c’era posto per noi due insieme, non in questa vita, non ora.

Questa è una storia di cuori infranti, di lacrime che non hanno fine e di una mente che non trova riparo. Il cuore che cerca una soluzione è costretto a confrontarsi con una realtà che non aspetta che non sogna, che non si sente leggera nei suoi vestiti di apparenza senza essenza.

Un giorno, quando il sole si era nascosto a sorridere nella notte, il mio sogno venne a salutarmi.
Ci guardammo come fossimo due amanti, lontani da sguardi indiscreti.
Gli occhi lucidi di chi non è pronto a dire addio. Le ginocchia di chi ha paura a vivere la disillusione da solo. Ci abbracciammo forte, lo ringraziai per avermi tenuto viva per così tanto tempo, lo ringraziai per aver creduto con me, per aver provato con me a vivere in riva al mare. Ci guardammo a lungo, promettendoci di continuare ad esistere nel limbo del tempo che il mondo dimentica. Ci siamo promessi di non dimenticarci, di non dimenticarci di noi, di quei tempi in cui insieme una vita leggera era possibile.
Lo strinsi al petto cercando di trattenere il suo ricordo quanto più potessi per impedire al mondo di graffiarmi quell’unica parte di cuore tenuta in salvo.

Gli dissi addio tra le lacrime, e mentre il mio sogno se ne andava, sapevo che prima o poi, un giorno, ci saremmo rivisti.

Vanessa Romani

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