Vita della mia vita (Gitanjali, 4) di Rabindranath Tagore è una poesia in prosa che racchiude il senso più alto dell’amore: autentico, universale, cosmico. In poche righe il poeta bengalese ci consegna una lezione che non appartiene solo al campo spirituale, ma alla vita concreta di ciascuno di noi. È un invito a trasformare il modo in cui viviamo ogni giorno, adottando i suoi dettami come guida morale ed esistenziale.
Non importa se il dialogo si stabilisce con il divino o con gli esseri umani: il principio resta lo stesso. Amare in modo puro e profondo significa riconoscere una forza che non è soltanto emotiva, ma cosmica, capace di nutrire la volontà e sostenere l’anima nelle sfide quotidiane. Tagore ci ricorda che la vera connessione, quando è autentica, genera energia vitale: è in essa che risiede il segreto della vita piena.
Vita della mia vita è il Canto 4 della raccolta di poesie Gitanjali: Song Offerings di Rabindranath Tagore, che fu pubblicata per la prima volta nel 1910, tradotta in inglese nel novembre del 1912 dall’India Society di Londra. Grazie alla traduzione inglese di quest’opera Tagore ricevette nel 1913 il Premio Nobel per la letteratura, divenendo il primo non europeo, il primo asiatico e l’unico indiano a ricevere questo riconoscimento.
leggiamo questi stupendi versi di Rabindranath Tagore per poter apprezzare la qualità e il significato delle sue parole.
Vita della mia vita (Gitanjali 4) di Rabindranath Tagore
Vita della mia vita, cercherò sempre di mantenere puro il mio corpo,
sapendo che il tuo tocco vivente è su tutte le mie membra.Cercherò sempre di tenere lontane tutte le falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei quella verità che ha acceso la luce della ragione nella mia mente.Cercherò sempre di allontanare ogni malvagità dal mio cuore e di mantenere vivo il mio amore,
sapendo che tu risiedi nel rifugio più intimo del mio cuore.E mi impegnerò a rivelarti nelle mie azioni,
sapendo che è il tuo potere a darmi la forza di agire.
Life of my life (Gitanjali 4), Rabindranath Tagore
Life of my life, I shall ever try to keep my body pure,
knowing that thy living touch is upon all my limbs.I shall ever try to keep all untruths out from my thoughts,
knowing that thou art that truth which has kindled the light of reason in my mind.I shall ever try to drive all evils away from my heart and keep my love in flower,
knowing that thou hast thy seat in the inmost shrine of my heart.And it shall be my endeavour to reveal thee in my actions,
knowing it is thy power gives me strength to act.
Le 4 lezioni di Tagore sulla forza dell’amore
In Vita della mia vita, Rabindranath Tagore consegna una verità semplice e allo stesso tempo universale: l’amore è il principio che regge l’esistenza. Non un amore parziale o limitato, ma un amore autentico, capace di abbracciare il corpo, illuminare la mente, purificare il cuore e tradursi in azione.
La poesia diventa così un vero manifesto: non importa se il dialogo è rivolto al divino o agli esseri umani, il nucleo rimane immutato. Solo l’amore puro e profondo, riconosciuto come forza cosmica, può sostenere l’anima e nutrire la volontà nel cammino quotidiano. È in questa connessione vitale che Tagore vede il segreto di una vita piena e armoniosa.
Il corpo come tempio sacro dell’esistenza
La prima promessa dell'”io lirico” riguarda il corpo.
Vita della mia vita, cercherò sempre di mantenere puro il mio corpo,
sapendo che il tuo tocco vivente è su tutte le mie membra.
Il corpo è il primo spazio in cui l’amore divino si manifesta. Il corpo non è semplice materia, né un involucro destinato al decadimento: è dimora del sacro.
Quando Tagore invita a “mantenere puro” il corpo, non parla di un’ascetica rinuncia, ma di rispetto e responsabilità. Custodire il corpo significa riconoscere che ogni cellula porta l’impronta della Vita. Anche il gesto più semplice, respirare, camminare, nutrirsi, può diventare un atto d’amore verso il dono ricevuto.
Il corpo è dunque il primo tempio in cui gli umani possono, o meglio dovrebbero, onorare l’esistenza. L’amore universale inizia da qui. Dalla consapevolezza che siamo stati toccati dal divino e che dobbiamo rispondere con cura. Il rispetto per sé stessi, equivale al rispetto per il divino. La vita è un dono non bisogna mai dimenticarlo e “curare” il proprio essere anche fisicamente corrisponde al rispetto massimo nei confronti dell’assoluto.
La mente illuminata dalla verità
La seconda strofa sposta il discorso alla mente, che Tagore considera luogo di luce.
Cercherò sempre di tenere lontane tutte le falsità dai miei pensieri,
sapendo che tu sei quella verità che ha acceso la luce della ragione nella mia mente.
L’amore, per essere autentico, non può vivere di illusioni: ha bisogno di chiarezza, di verità, di onestà.
Le “falsità” non sono solo le bugie dette agli altri, ma soprattutto gli autoinganni che oscurano la mente: l’orgoglio, i pregiudizi, le illusioni dell’ego. Tenerle lontane significa liberarsi da ciò che distorce la realtà.
La verità, che Tagore identifica con il divino, è la fonte stessa della ragione. Pensare in modo limpido, senza falsità, significa allineare la propria mente alla natura dell’amore cosmico. Solo una mente illuminata può essere fedele a questo amore universale e guidare le scelte quotidiane.
Un dettame che oggi risuona con una forza sorprendente. Nel mondo contemporaneo, infatti, non sono solo le menzogne a minacciare la limpidezza interiore, ma soprattutto quelle distorsioni quotidiane che finiscono per condizionare il nostro sguardo sul mondo.
Pensare sempre al peggio, nutrire risentimento, abituarsi alla critica distruttiva, vedere nell’altro solo un potenziale danno: ecco le “falsità” più insidiose, perché non provengono dall’esterno ma si radicano dentro di noi. Sono abitudini mentali che oscurano la ragione e ci allontanano dalla possibilità di vivere con autenticità.
Tagore ci ricorda che la verità non è soltanto un fatto logico o filosofico: è una luce che accende la mente, che la rende strumento di amore e di connessione. Una mente libera da falsità non solo pensa meglio, ma diventa capace di orientare la vita verso il bene, mantenendo viva la fiamma dell’amore universale.
Il cuore come santuario dell’amore
Il cuore è il centro segreto dell’essere umano, il santuario in cui abita la Vita.
Cercherò sempre di allontanare ogni malvagità dal mio cuore e di mantenere vivo il mio amore,
sapendo che tu risiedi nel rifugio più intimo del mio cuore.
Tagore ci offre una delle immagini più potenti, ovvero che Dio, o l’amore cosmico, non vive lontano da noi, ma nel luogo più intimo, nel rifugio interiore che custodiamo.
Allontanare la malvagità significa purificare le emozioni da odio, rancore, invidia e avidità. Sono queste le forze che minacciano il cuore e lo separano dalla sua origine. Mantenere vivo l’amore, invece, equivale a proteggere la fiamma che ci lega al divino.
L’amore non è una virtù accessoria, ma la condizione essenziale del cuore. È la prova che il divino risiede in noi. Chi custodisce l’amore nel cuore rende onore alla Vita stessa.
Per ripulire l’anima dall’inquinamento tipico degli umani, bisogna saper impegnarsi a nutrirla di amore, in modo costante e continuativo. La purificazione interiore in quasi tutte le religioni, nella filosofia orientale, nel pensiero mistico avviene soltanto impegnandosi ad amare.
Le azioni come rivelazione del divino
Il percorso trova il suo compimento nelle azioni.
E mi impegnerò a rivelarti nelle mie azioni,
sapendo che è il tuo potere a darmi la forza di agire.
Non basta custodire corpo, mente e cuore: l’amore cosmico deve tradursi in gesti concreti. È nelle azioni quotidiane, il lavoro, le relazioni, le scelte che si fanno, che il divino diventa visibile, tangibile.
Rabindranath Tagore parla di “rivelare” Dio nelle azioni. Questo significa che ciò che facciamo può diventare specchio del sacro. Ogni gesto, se compiuto con consapevolezza e purezza, è una manifestazione dell’amore universale.
Ma qui emerge anche l’umiltà del poeta. Non attribuisce a sé la forza di agire. La riconosce come dono, come flusso vitale che scorre in lui. Le azioni giuste non nascono dall’ego, ma dall’aprirsi alla forza che viene dal divino. In questo modo, l’amore cosmico diventa energia operativa, capace di trasformare la vita quotidiana.
Una lezione per il nostro tempo
Rileggere oggi Vita della mia vita significa accorgersi di quanto la poesia di Tagore parli non solo al cuore del singolo credente o amante della bellezza, ma all’intera umanità smarrita tra complessità, conflitti e paure.
Il suo appello alla purezza del corpo può tradursi nella responsabilità di rispettare la vita, la salute, l’ambiente che ci ospita. L’invito a mantenere la mente libera dalle falsità diventa urgente se pensiamo all’epoca delle fake news, dei pregiudizi digitali, della polarizzazione mediatica. Il cuore come santuario dell’amore ci ricorda che senza empatia, compassione e fiducia reciproca, nessuna società può reggere. Infine, le azioni come rivelazione del divino mostrano che non bastano buone intenzioni o pensieri elevati: è nei gesti concreti, nella cura, nella giustizia, nella responsabilità verso l’altro che si misura la verità dell’amore universale.
Rabindranath Tagore ci consegna così una bussola per il nostro presente. Non un misticismo astratto, ma una spiritualità incarnata che ci chiede di vivere ogni giorno con corpo integro, mente lucida, cuore amorevole e azioni giuste. È qui che la poesia diventa etica, e l’etica diventa vita vissuta.
In fondo, il suo messaggio non potrebbe essere più attuale: solo l’amore autentico, coltivato nella verità e tradotto in azioni, può salvare la vita individuale e collettiva dal rischio di smarrirsi. Non è un ideale lontano, ma un impegno quotidiano, possibile a ciascuno di noi.