“Versi lasciati sopra il cuscino” è un malinconico componimento di Gesualdo Bufalino in cui i temi esistenziali della vita e della morte si mescolano a quello sentimentale.
Il 15 novembre 1920 nasceva a Comiso, nel sud est siciliano, Gesualdo Bufalino, scrittore e poeta che, sebbene abbia rivelato il suo talento per la scrittura solo all’età di 61 anni, ci ha regalato autentici capolavori in prosa e in poesia. Fra questi ricordiamo “La diceria dell’untore” ed “Argo il cieco”, oltre che “L’amaro miele”, raccolta poetica da cui è tratto il componimento che vi proponiamo oggi, in occasione dell’anniversario della nascita dell’autore.
“Versi lasciati sopra il cuscino” di Gesualdo Bufalino
Ecco declina già l’anno di nuovo,
ma l’ombra dietro i vetri che ci spia
ancora sazi, ancora ingordi ci ritrova
del suo cibo di mala follia.Diluvi corrono come coltelli
per ogni viottolo del sangue triste:
ah brama buia, perduti duelli,
tentazione di non esistere!Possederti mi è dunque terrore,
e quando madida e dolce sul fianco
piangendo mi manchi, nel cuore
un vento ascolto battere stanco.Coi capelli avvinti e le bocche funeste
come non serve contro la sorte
ogni sera cercare questa celeste
catastrofe che simula la morte.Come non serve affondare la faccia
sul tuo petto di diafana pietra,
ora che già il predone fiutò la nostra traccia
e i suoi cani ci latrano dietro.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “Versi lasciati sopra il cuscino”
Questa poesia di Gesualdo Bufalino, composta da cinque quartine di versi resi armonici dalla rima alternata, è stata pubblicata per la prima volta da Gesualdo Bufalino in un’antologia poetica di Bompiani edita nel 1981 e intitolata “La festa in breve”. Solo successivamente essa è stata inclusa all’interno della maggiore raccolta poetica dell’autore comisano, “L’amaro miele”, edita nel 1996 da Einaudi. “Versi lasciati sopra il cuscino” è inserita all’interno della sezione Quaderni di congedi, di cui costituisce l’apertura.
La finzione amorosa
Questo struggente componimento riprende, in apertura di una nuova sezione della raccolta, il tema con cui si chiude la sezione precedente, intitolata Prosopopea di Gessica.
Il tema principale è l’amore, ma guardato assecondando una prospettiva malinconica e disincantata, che non sempre è propria di chi sperimenta questo sentimento. La poesia si legge agilmente, senza bisogno di parafrasarne i versi, decasillabi ed endecasillabi. Nonostante l’amore, il tempo scorre, corre anzi.
E non lascia nulla dietro di sé. A poco serve abbracciarsi nelle tenebre della notte fingendo che la fine non arriverà. Arriverà. Come arriva per tutto. Per tutti. Da qui, la paura che invade l’io lirico.
Un timore che rabbuia tutti i movimenti quotidiani, anche quello in cui, simulando un attimo di eternità, il protagonista del componimento si avvicina alla sua destinataria “madida e dolce”. Un componimento, insomma, che infonde angoscia, e che lascia importanti spunti di riflessione su cosa significhi per noi “amore”.
Chi è Gesualdo Bufalino
Gesualdo Bufalino nasce a Comiso il 15 novembre del 1920. Sin da piccolo scopre l’amore per la lettura e la poesia, attingendo dalla libreria del padre, un fabbro con la passione per i libri. Il giovane Gesualdo sfrutta ogni mezzo per accaparrarsi quotidiani e nuove letture da intraprendere. Studia al liceo classico, poi si iscrive alla facoltà di Lettere di Catania.
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, gli studi del giovane vengono interrotti dalla chiamata alle armi , che porta Gesualdo Bufalino a combattere in Friuli. Catturato dai tedeschi poco dopo l’armistizio, riesce a fuggire e si rifugia in Emilia Romagna, dove si mantiene insegnando.
Ben presto, però, Bufalino si ammala di tisi, ed è costretto a vivere in un sanatorio per diverso tempo. Tornato in Sicilia, prosegue gli studi a Palermo, dove si laurea con una tesi sull’archeologia.
È l’esperienza del sanatorio che fa maturare in Gesualdo Bufalino il germe della scrittura. Nascerà nel 1981 la “Diceria dell’untore”, l’opera prima dell’autore comisano che lo consacrerà con il Premio Campiello.
Da questo momento, lo scrittore e poeta non cesserà più di scrivere, con lo stile ricercato, che sembra quasi provenire da tempi remoti, che lo contraddistingue. Con “Le menzogne della notte” otterrà il Premio Strega nel 1988. La grande fama non modifica le abitudini dell’autore, che condurrà per tutta la vita un’esistenza modesta e riservata.
Gesualdo Bufalino ci lascia il 14 giugno del 1996, a causa di un incidente stradale avvenuto fra Comiso e Vittoria.