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“Vento di prima estate”, l’affresco estivo di Giorgio Caproni

Domani ha ufficialmente inizio l'estate. Per l'occasione scopriamo insieme una bellissima poesia in cui Giorgio Caproni sembra quasi dipingere un quadretto estivo, fatto di luci, colori e voci che si dilatano trasportati dal vento.

L’estate o la si ama o la si odia. Non ci sono mezzi termini. Quel che è certo è che si tratta della stagione più attesa dell’anno, in cui molti di noi riescono a prendersi un po’ più di tempo per sé, per viaggiare o rilassarsi, per rallentare.

In occasione del solstizio d’estate vogliamo farvi scoprire una bellissima poesia di Giorgio Caproni, intitolata proprio “Vento di prima estate”.

“Vento di prima estate” di Giorgio Caproni

A quest’ora il sangue
del giorno infiamma ancora
la gota del prato,
e se si sono spente
le risse e le sassaiole
chiassose, nel vento è vivo
un fiato di bocche accaldate
di bimbi, dopo sfrenate
rincorse.

Un affresco di luci e voci

In soli nove versi, fra l’altro brevi ed apparentemente semplici, Giorgio Caproni ci trasporta dentro un paesaggio estivo che pare quasi un affresco. La visione, fatta di metafore, enjambents, sinestesie e assonanze, ci pone dinanzi agli occhi l’idea delle prime sere d’estate, quando l’imbrunire si fa tardo e i giochi, le compagnie e le luci sono ancora vivi per le strade.

Quella che in apparenza sembra una descrizione molto sensoriale di una serata estiva, in realtà nasconde altro. Il non detto che si cela dietro a “Vento di prima estate” si percepisce immediatamente, anche dopo una prima lettura superficiale.

Il movimento che pervade ogni singolo verso sembra nascondere, infatti, l’affresco di un volto che, infuocato e accaldato, sta vivendo un attimo di concitazione, magari preso dall’imbarazzo, o dalla vergogna.

Giorgio Caproni

Affermato poeta, traduttore insegnante e critico italiano, Giorgio Caproni nasce a Livorno il 7 Gennaio 1912 da una famiglia piuttosto agiata. Terminate le scuole medie, s’iscrive all’Istituto musicale “G. Verdi”, dove studia violino, attratto dall’armonia e dal fascino della musica, che però hanno vita breve nel cuore dell’autore.

A diciotto anni, infatti, Giorgio Caproni rinuncia definitivamente all’ambizione di diventare musicista e s’iscrive al Magistero di Torino. Anche questa strada ha vita breve: il giovane abbandona presto gli studi. Ed è proprio in questi anni che inizia a scrivere i primi versi poetici, non essendo mai del tutto soddisfatto del risultato.

È il periodo degli incontri con i nuovi poeti dell’epoca: Montale, Ungaretti, Barbaro, e delle correnti che sperimentano con le forme, lo stile, il lessico.

Dal 1939 si trasferisce a Roma. Partecipa alla Resistenza italiana e dopo la fine della guerra diviene maestro di scuola elementare; convola a nozze con la sua storica compagna Rosa Rettagliata, vera identità della Rina delle sue opere.

Giorgio Caproni muore il 22 Gennaio del 1990 a Roma. Viene sepolto con la moglie Rina nel cimitero di Loco di Rovegno.

Le poesie di Giorgio Caproni

Il volume “Tutte le poesie” edito da Garzanti raccoglie l’intera produzione di Giorgio Caproni, compreso “Res Amissa”, pubblicato postumo nel 1991. È dunque possibile cogliere nella sua interezza una delle più importanti voci poetiche del Novecento.

Il dato essenziale della modernità di Giorgio Caproni è quella sua particolare musica cui si deve la naturalezza con cui il poeta passa, senza mutar tono, dal quotidiano all’astratto, dal colore al disegno, dal colloquiale all’epigrafico, dal domestico al metafisico.

Temi preferiti da Caproni sono il viaggio, la frontiera, le terre di nessuno con i loro paesaggi solitari e le loro rare apparizioni e la caccia, ossessiva, a un’inafferrabile preda. Unico rifugio umano è proprio l’incerto confine tra il vero e l’immaginario, tra il certo e il possibile: anche l’assoluto, se esiste, abita nell’ambiguità.

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