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“Venerdì Santo” di Christina Rossetti (1830-1894), una poesia sui dubbi di fede

In occasione del Venerdì Santo condividiamo una poesia di Christina Rossetti sui dubbi riguardo alla fede e al distacco dal credo religioso.

Venerdì Santo (Good Friday) è la poesia di Christina Rossetti che mette al centro una giornata importantissima per il Cristianesimo: il sacrificio di Gesù. Ma, la poetessa italo-inglese in un giorno come questo si interroga sulla propria fede, sui propri dubbi religiosi, sul fatto che non sente quella passione di fronte ad un sacrificio così importante. 

La giornata della crocifissione di Cristo diventa quindi un momento di riflettere sul proprio senso religioso. Un modo per cercare di trovare quella fede che spesso fugge via. 

La poetessa non riesce a piangere, così come accade a chi a fede di fronte a questo avvenimento. Si sente dura come la poeta, la roccia. Non segue quel percorso spirituale di “pecora”. devota al suo pastore.

Emerge nel poema la natura profondamente personale della fede e propone che, nei momenti di dubbio spirituale, l’unica risposta potrebbe essere la ricerca di una maggiore fiducia proprio nella fede.

Venerdì Santo è stata pubblicata nella raccolta di Christina Rossetti The Prince’s Progress and Other Poems del 1866. La poesia parla della lotta spirituale della poetessa londinese per sentirsi vicina a Cristo e agli insegnamenti del cristianesimo, e per piangere il sacrificio da lui compiuto.

Ma andiamo a leggere una delle poesie di Pasqua più profonde e contemporanee, per apprezzarne l’intensità spirituale che Christina Rossetti voleva condividere con i suoi lettori.

Venerdì Santo di Christina Gabriel Rossetti

Sono una pietra e non una pecora
Per il fatto di poter stare, o Cristo, presso la tua Croce
Ad assistere goccia dopo goccia alla lenta effusione del tuo Sangue
Senza piangere?

Non hanno amato così quelle donne
Che ti hanno pianto con tanto dolore;
Non così Pietro che ha pianto amaramente dopo essere caduto,
Non così è stato toccato il ladrone;

Non così il Sole e la Luna
Che nascondono il loro volto in un cielo senza stelle,
Un orrore di grande oscurità nel pieno del mezzogiorno –
Io, solo io.

E tuttavia non rinunciare,
Cerca la tua pecora, vero Pastore del gregge;
Più grande di Mosè, voltati e guarda ancora una volta
E colpisci la roccia.

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Good Friday, Christina Rossetti

Am I a stone, and not a sheep,
That I can stand, O Christ, beneath Thy cross,
To number drop by drop Thy blood’s slow loss,
And yet not weep?

Not so those women loved
Who with exceeding grief lamented Thee;
Not so fallen Peter, weeping bitterly;
Not so the thief was moved;

Not so the Sun and Moon
Which hid their faces in a starless sky,
A horror of great darkness at broad noon –
I, only I.

Yet give not o’er,
But seek Thy sheep, true Shepherd of the flock;
Greater than Moses, turn and look once more
And smite a rock.

Il significato della poesia di Christina Rossetti

In Venerdì Santo, Christina Rossetti si rammarica del fatto che, di fronte al Gesù Cristo crocifisso non riesce a commuoversi, non riesce a stimolare quelle lacrime, come invece accaduto a chi ha pianto di fronte all’evento.

Le donne venerate nella tradizione cristiana che piansero la morte di Cristo; Pietro, uno degli apostoli di Cristo, che pianse “amaramente” il sacrificio di Gesù. Anche uno dei due ladroni – tra i quali Gesù fu giustiziato – si commosse per il suo sacrificio.

Anche il sole e la luna rimasero colpiti dalla crocifissione, dato che entrambi sono scomparsi dalla vista come se fossero in lutto, e il cielo si oscurò, quando Gesù morì.

No, dice Christina Rossetti, è solo lei che non si commuove, ma vorrebbe poterlo fare. La poetessa quindi vive il “Venerdì Santo” pregando Gesù Cristo di continuare a cercare di raggiungerla con la forza del suo sacrificio, paragonandolo a un pastore che deve trovarla, una delle sue pecorelle smarrite.

Rossetti conclude alludendo alla storia di Mosè, la figura dell’Antico Testamento che condusse gli ebrei fuori dall’Egitto e in Israele. Secondo il Libro dei Numeri, “Mosè alzò la mano e con la verga colpì due volte la roccia; l’acqua uscì in abbondanza e la comunità ne bevve e anche le loro bestie” (20:11).

Poiché Cristo è più grande di Mosè, sostiene l’italo-inglese, se egli colpisce la roccia, la sua potenza sarà tale che anche la scrittrice potrà vivere la propria fede religiosa.

Conoscere non significa vivere la fede

Che cosa significa la poesia di Rossetti “Venerdì Santo”? Anche se Rossetti si sente Cristiana e ne conosce i dettami religiosi (dice a Cristo che può “contare goccia a goccia la lenta perdita del tuo sangue”), conoscere qualcosa non porta automaticamente a sentirne la forza.

Ha contemplato molte volte la vista di Gesù sulla croce, ma guardarla e conoscerne il significato non ispira automaticamente le lacrime, ovvero quella passione per la fede.

Rossetti inizia “Venerdì Santo” con una suggestione che è dura, fredda e inamovibile: a differenza di una “pecora” che seguirà Dio come parte del suo gregge, lei è una “pietra” – l’implicazione è che il suo cuore è duro e inamovibile come la pietra.

L’immagine della “pietra” con cui Christina Rossetti inizia “Venerdì Santo” si riverbera in tutta la poesia, come un sasso che sfiora la superficie di un lago.

Possiamo riscontrala proprio in “Pietro”, uno degli apostoli di Cristo che fu così chiamato da Gesù (il suo nome originale era in realtà Simone) perché sarebbe stato la “roccia” su cui Gesù avrebbe costruito la sua chiesa (Pietro viene dal greco petros, “roccia”, da cui si ricava anche “petrolio”).

Poi ritorna in quell’ultima riga e nel violento comando: “colpisci la roccia”. Come Mosè, nell’Antico Testamento, colpendo la roccia aveva dato acqua e quindi vita al suo popolo, così Cristo, colpendo la roccia, alimenterà e ispirerà la fede più profonda di Rossetti nel cristianesimo.

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