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“Vanità” (1917) la sublime poesia di Giuseppe Ungaretti sulla fragilità umana

Scopri il significato di "Vanità" la poesia di Giuseppe Ungaretti che mette in evidenza la fragilità umana di fronte all'immensità dell'Universo.

Vanità è una poesia di Giuseppe Ungaretti che evidenzia quanto l’avidità tipica degli umani perde significato e forza di fronte all’immensità dell’Universo che ci accoglie e ci circonda. 

L’umanità si sente suprema, superiore, tende a sopraffare, si pone come “padrona” della vita e del destino di tutti gli esseri viventi. Le conseguenze sono chiare e sotto gli occhi di tutti. La distruzione sembra il paradigma che guida il cammino degli umani. 

Giuseppe Ungaretti scrive questo capolavorovanita  mentre, da soldato impegnato nella Prima Guerra Mondiale, il 19 agosto 1917 si trova a Vallone una valle situata in Friuli Venezia Giulia. 

Vanità così come altre poesia di Giuseppe Ungaretti scritte durante il periodo bellico fa parte della raccolta di poesie L’Allegria (1931). Questa è una delle liriche che più tardi un grande autore come Pier Paolo Pasolini celebrò il capolavoro delle composizioni rarefatte Ungarettiane.

Ma leggiamo la breve ma intensa poesia per comprenderne il significato.

Vanità di Giuseppe Ungaretti 

Vallone il 19 agosto 1917

D’improvviso
è alto
sulle macerie
il limpido
stupore
dell’immensità

E l’uomo
curvato
sull’acqua
sorpresa
dal sole
si rinviene
un’ombra
Cullata e
piano
franta

La Vanità umana diventa nulla di fronte all’immensità dell’infinito

Vanità di Giuseppe Ungaretti è una poesia che mette in scena una dicotomia di grande effetto e che rende il senso della visione ungarettiana dell’esistenza. 

Il protagonista del poema è lo stesso poeta, che si trova in pieno scenario di guerra, che non viene nominata da Ungaretti, ma evocata attraverso la rappresentazione delle macerie. 

Per comprendere il contesto, quel 19 agosto 1917, in quella vallata ad U che tocca il fiume, il giovane soldato viene colto da una riflessione di grande profondità.

In Giuseppe Ungaretti scatta una riflessione dicotomica dell’esistenza rappresentata da un lato dall’immensità, dalla vestita del cielo e la flebile immagine di un’ombra riflessa sull’acqua del fiume che scorre.

Sono ormai anni che Giuseppe Ungaretti incontra solo “macerie”. La guerra creata dagli uomini porta solo rovina e distruzione. L’animo umano finisce inevitabilmente per imbarbarirsi. La bellezza dell’essere scompare, tutto ciò che si vive durante il conflitto è barbarie.

Di fronte all’immensità del Creato, la vanità umana perde di significato

Ma, quel giorno Giuseppe Ungaretti alzando la testa, sopra le rovine generate dalla forza distruttiva degli uomini, guardando il cielo, rimane colpito, incantato dall’immensità del Creato.

Si rende conto che la bellezza va oltre l’uomo. La grandezza è qualcosa che sovrasta la vita umana, la supera e la controlla. In quello sguardo veloce e improvviso, fatto quasi per istinto, scopre l'”immensità”.

Guardando quel cielo, lo stesso che l’ha sovrastato per giorni, settimane, mesi, anni, prende coscienza di quanta meraviglia ci sia oltre gli umani. 

È questa riflessione prende forma e trova conferma nel momento in cui “l’uomo” si abbassa sull’acqua, del fiume che tocca la vallata, e scopre la sua ombra “Cullata e piano franta” . 

La visione di quell’ombra che si frastaglia nel fluire dell’acqua, rende evidente quanta pochezza e fragilità ci sia nella “vanità” umana.

La vanità umana si trasforma in un vuoto cosmico in cui l’esistenza degli uomini è destinata a sprofondare se non prende coscienza della sua fragilità. 

Oggi, la scienza conferma che gli uomini sono infinitesimali puntini neri contenuti nella vastità dell’Universo. L’intero pianeta Terra è un piccolo punto di fronte all’immensità dello Spazio.

Vanità è quindi un atto di coscienza dei limiti dell’uomo. La riflessione di Giuseppe Ungaretti dovrebbe essere condivisa e acquisita da tutto il genere umano per evitare che la follia distruttiva continui a prendere il sopravvento. 

La consapevolezza di quanto siamo “piccoli” potrebbe e dovrebbe spingere gli esseri umani a “fare squadra” per sopravvivere al dominio dell’assoluto. 

La bellezza del Creato andrebbe vissuta con armonia e amore. Quell’ombra sull’acqua può trasformarsi in luce, se si prende coscienza della nostra fragilità. La vita dell’uomo sulla terra è come quell’ombra finisce per sparire e disperdersi nel fluire veloce del tempo. 

Non bisogna mai dimenticare, ci vuol far capire Ungaretti, che l’uomo è un passeggero mortale di una natura immortale. Quindi, mette in evidenza la manifesta fragile precarietà dell’uomo e la sua vanità nel mondo.

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