C’è un bacio che guarisce e uno che distrugge l’anima. Poi, c’è il bacio che si insinua come l’acqua, che avvolge con dolcezza e, allo stesso tempo, inganna e trascina verso il fondo.
Quel bacio, insieme carezza e condanna, lo troviamo nella poesia “Undine” di Renée Vivien, poetessa anglo-francese del primo Novecento, figura centrale della letteratura simbolista e lesbica. Una donna capace di scrivere d’amore con il linguaggio della sensualità e del mito, che trasforma le sue liriche in strumenti di seduzione e libertà.
“Undine” (1901) di Renée Vivien: il bacio che incanta e soffoca
Pubblicata nel 1901 nella raccolta Études et Préludes, “Undine” è una delle poesie più emblematiche del suo stile: breve, evocativa, magnetica. Vi si narra l’incontro con una creatura acquatica e irresistibile — una sirena, forse, o semplicemente una donna — che incanta con le sue labbra e insieme distrugge con il suo abbraccio.
Un bacio che sa fare male, e che per questo lascia il segno.
“Undine” (1901) di Renée Vivien
(Francese)
Ton rire est clair, ta caresse est profonde,
Tes froids baisers aiment le mal qu’ils font;
Tes yeux sont bleus comme un lotus sur l’onde,
Et les lys d’eau sont moins purs que ton front.Ta forme fuit, ta démarche è fluide,
Et tes cheveux sont de légers réseaux;
Ta voix ruisselle ainsi qu’un flot perfide;
Tes souples bras sont pareils aux roseaux,Aux longs roseaux des fleuves, dont l’étreinte
Enlace, étouffe, étrangle savamment,
Au fond des flots, une agonie éteinte
Dans un nocturne évanouissement.
(Italiano)
Il tuo riso è leggero, la tua carezza profonda,
i tuoi baci gelidi amano il male che fanno.
I tuoi occhi – fior di loto in deriva sul lago –
e le ninfee impallidiscono al confronto del tuo
volto.Ti muovi come acqua che si apre,
i tuoi capelli si aggrovigliano con dolcezza.
La tua voce è una marea infida,
le tue braccia – giunchi flessuosi.Lunghi giunchi fluviali,
il loro abbraccio stringe, soffoca, uccide con
maestria.
Giù tra le onde, un’agonia
che la notte trascina via in silenzio.
Il bacio come linguaggio di potere
In “Undine”, Renée Vivien sovverte la rappresentazione romantica del bacio. Non è più solo dolcezza o salvezza, ma desiderio. E il desiderio, si sa, può essere una trappola.
La donna di questa poesia potrebbe essere una figura reale come un’amante di Renée Vivien, o forse una sua amica; ma potrebbe anche essere un’idea, come un’ondina — spirito acquatico del folklore tedesco.
È bella, fluida, pericolosa. I suoi occhi sono fiori galleggianti, i suoi capelli si muovono come alghe, la sua voce è una marea. In lei tutto è sensuale, ma niente è davvero sicuro.
È come una sirena dell’Odissea, che canta e irretisce Ulisse. L’ondina nasconde il pericolo in ogni sua fibra, ma a differenza della sirena non ha bisogno della voce.
“I tuoi baci gelidi amano il male che fanno” è uno dei versi più intensi della poesia, perché dice tutto: il bacio è un’arma, non una promessa. È piacere e sofferenza insieme, in un abbraccio che stringe fino a togliere il fiato.
Renée Vivien, una voce controcorrente Renée Vivien, pseudonimo di Pauline Mary Tarn, ha fatto della scrittura un atto radicale. Inglese di nascita ma francese d’adozione, ha vissuto apertamente relazioni lesbiche in un’epoca che le condannava, e ha cantato il desiderio femminile con un’intensità che pochi uomini dell’epoca osavano eguagliare.
La sua poesia è decadente, sì, ma mai sterile. È simbolista, ma profondamente fisica. Nei suoi versi si sentono i corpi, gli umori, le acque. E si sente anche la rivendicazione di un’identità: quella di una donna che scrive, ama, desidera e soffre fuori dai confini imposti.
Il fascino dell’oscuro nella poetica di Renée Vivien
“Undine” è anche una poesia che ci invita a riflettere sul fascino dell’ambiguità. La creatura protagonista è seducente ma letale, dolce ma crudele: un corpo in cui si mescolano bellezza e morte.
Il lettore ne resta affascinato e al tempo stesso inquietato. Ed è proprio questa tensione che rende i versi di Renée Vivien così potenti: il bacio non è più simbolo di salvezza, ma rito di passaggio, ingresso in una zona liminale dove l’amore si confonde con la perdita.
Una voce che ritorna a farsi sentire
Oggi Renée Vivien è sempre più letta, tradotta e studiata. Ma per lungo tempo è stata dimenticata, marginalizzata, messa da parte. Troppo sensuale, troppo fuori dalle righe, troppo difficile da incasellare. Eppure, è proprio nella sua voce che troviamo una delle prime grandi scritture lesbiche europee, profondamente lirica e mai banale.
“Undine”, con la sua apparente semplicità, resta un gioiello da riscoprire. Perché a volte, dietro un bacio, non si nasconde solo l’amore, ma la libertà di essere chi si è, anche nel desiderio più feroce.