La vita acquista contorni differenti a seconda di come la si guarda: il bambino non la percepisce ancora; il ragazzo la sogna; l’adulto la mastica con monotonia; l’anziano la ricorda. Nel suo potente poema “Un giorno ancora“, Pablo Neruda la racconta con gli occhi maturi di chi guarda in retrospettiva riuscendo, attraverso le parole, a descriverne la natura più profonda.
“Un giorno ancora”, XVIII, di Pablo Neruda
Non si scartano i giorni, né si sommano, sono api
che arsero di dolcezza o scatenarono
il pungiglione: la sfida continua, vanno e vengono i viaggi dal miele al dolore.No, non si sfibra la rete degli anni: non c’è rete.
Né goccia a goccia cadono dai fiumi: non c’è fiume.Il sonno non divide la vita in due metà,
non l’azione, il silenzio, la virtù:
fu come una pietra la vita, un solo movimento
una sola fiammata che baluginò nel fogliame,
una freccia, una sola, lenta o alacre, un metallo
che scese e che discese bruciandosi nelle tue ossa.
La versione originale di “Un giorno ancora”
Los días no se descartan ni se suman, son abejas
que ardieron de dulzura o enfurecieron
el aguijón: el certamen continúa,
van y vienen los viajes desde la miel al dolor.No, no se deshila la red de los años: no hay red.
No caen gota a gota desde un río: no hay río.El sueño no divide la vida en dos mitades,
ni la acción, ni el silencio, ni la virtud:
fue como una piedra la vida, un solo movimiento,
una sola fogata que reverbéro en el follaje,
una flecha, una sola, lenta o activa, un metal
que ascendió y descendió quemándose en tus huesos.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “Un giorno ancora”
I versi che hai appena letto sono tratti da “Un giorno ancora“, un poema scritto da Pablo Neruda di getto fra il 5 e il 6 luglio 1969. Tratto dal volume edito da Passigli Poesia, il componimento è stato tradotto da Valerio Nardoni, che ha cercato di preservare tutta la profondità e l’energia della versione originale nel testo italiano.
La vita: somma, flusso o pietra?
Il componimento XVIII si legge tutto d’un fiato. Genera immagini potenti sin dalla prima lettura. Le api che rimandano alla dolcezza del miele e al dolore della puntura, la rete che si smaglia, il fiume che gorgoglia, insieme di infinite gocce. Il sonno che separa il giorno dalla notte; la pietra, la fiamma, la freccia.
Ci immaginiamo immediatamente un Neruda riflessivo, intento a guardare indietro per dare una definizione di ciò che è stata la sua vita. Questo poema è, infatti, frutto di una scrittura matura.
La vita non è contemplata in quanto somma di eventi, filamenti di rete o gocce di fiume. La vita è una pietra, una fiamma, una freccia, uno sciame di api. È un blocco appassionato, vissuto intensamente nella dolcezza dell’amore, nel dolore delle ferite.
Un’esistenza vissuta con pienezza
Ciò che scaturisce dai versi composti da Pablo Neruda è una riflessione che sembra quasi illuminazione, per il modo in cui essa è raccontata: la preponderanza di paratassi – sintassi breve, con una predominanza delle coordinazioni sulle subordinazioni -, così come il rincorrersi di immagini appartenenti a campi semantici diversi – le api, la rete, il fiume ecc. – contribuiscono a generare nel lettore che si avvicina alla poesia l’idea dell’illuminazione, di un testo nato quasi per caso e abbozzato per non perderne la traccia.
Come se Neruda si fosse accorto del senso della vita, del suo essere un blocco unico da vivere con estrema e immensa passione, solo per fortuna, in un momento in cui i pensieri vagavano liberi senza meta.
In effetti, sappiamo che “Un giorno ancora” è stato composto in una notte del luglio 1969: che sia stato davvero un poema frutto di un’intuizione improvvisa? Quel che è certo è che con esso Neruda ci ha lasciato, ancora una volta, un componimento di folgorante bellezza, che ci restituisce l’idea luminosa e potente che l’autore spagnolo aveva della vita.