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“Autoritratto” di Ugo Foscolo, la poesia antesignana del selfie

Buon compleanno a Ugo Foscolo, importante autore del Neoclassicismo che scopriamo attraverso "Autoritratto", una poesia che ricorda un po' i nostri selfie.

È una delle modalità più frequentate per mostrarci agli altri e a noi stessi. Che sia rapido ed estemporaneo o studiato e impostato, il selfie fa ormai parte della nostra quotidianità. E prima dell’avvento dei cellulari con fotocamera? Esistevano altre forme di autoritratto, ben più impegnative e strutturate e meno alla portata di tutti.

È il caso di “Autoritratto“, la poesia attraverso cui il poeta e scrittore del Neoclassicismo Ugo Foscolo si racconta al suo lettore. La scopriamo in occasione del compleanno dell’autore di Zante che ha saputo emozionarci coi suoi versi e con le “Ultime lettere di Jacopo Ortis“.

Ritrarsi a parole

“Autoritratto” è una delle poesie più celebri scritte da Ugo Foscolo. Un sonetto che scorre rapido e crea subito un’uimmagine vivida nel lettore.

Il poeta si racconta. Anzi, si ritrae. Proprio come faremmo noi oggi con le fotocamere del nostro cellulare, in modo più o meno spontaneo. Con una naturalezza apparente, dietro cui si celano uno o più tentativi, pose diverse, luminosità variabili.

In tutti i casi, l’autoritratto, che oggi spesso coincide con il selfie, è figlio della cultura individualistica sorta proprio nel periodo in cui vive Ugo Foscolo, quando fiorisce il culto della personalità e germogliano i semi del Romanticismo.

L’essere al mondo deve essere raccontato, testimoniato. L’io deve uscire dal corpo e dall’anima per esteriorizzarsi.

Sul finire del XVIII secolo e nel primo Ottocento, sono diversi gli autori che scelgono di trasporre il loro autoritratto in poesia. Insieme a Foscolo, ritroviamo anche Alessandro Manzoni, Giacomo Leopardi, Vittorio Alfieri. Tutti preromantici. Tutti desiderosi di mostrare la loro unicità e le loro capacità artistiche.

Così, se nelle due quartine leggiamo le caratteristiche fisiche dell’autore di “Autoritratto”, e siamo immediatamente capaci di immaginarci il suo volto fulvo, nelle terzine scopriamo aspetti della personalità, di un carattere che vive di contrasti.

Mente e cuore, ragione e sentimento. Se potessimo associare un colore a questi versi, sarebbe senz’altro il rosso fulvo dei capelli e della passione di un autore che ci ha saputo regalare opere indimenticabili e che, con il suo “Autoritratto”, ci ricorda quanto le nostre inclinazioni e i nostri bisogni siano simili anche con il passare delle stagioni.

“Autoritratto” di Ugo Foscolo

Solcata ho fronte, occhi incavati intenti;
Crin fulvo, emunte guance, ardito aspetto;
Labbro tumido acceso, e tersi denti,
Capo chino, bel collo, e largo petto;

Giuste membra, vestir semplice eletto;
Ratti i passi, i pensier, gli atti, gli accenti,
Sobrio, umano, leal, prodigo, schietto;
Avverso al mondo, avversi a me gli eventi.

Talor di lingua, e spesso di man prode;
Mesto i più giorni e solo, ognor pensoso,
Pronto, iracondo, inquieto, tenace:

Di vizi ricco e di virtù, do lode
Alla ragion, ma corro ove al cor piace:
Morte sol mi darà fama e riposo.

Ugo Foscolo

Ugo Foscolo, nato Niccolò, viene alla luce a Zante il 6 febbraio 1778 da una famiglia che vanta origini nobili ma che di fatto è tutt’altro che benestante.

Trascorre parte della sua infanzia in Dalmazia e nel 1785 si trasferisce con la famiglia a Spalato, dove il padre esercita la professione di medico con un salario modesto.

Dopo la morte del padre, avvenuta nel 1788, Ugo Foscolo si trasferisce prima a Zante e poi a Venezia, dove partecipa ai rivolgimenti politici del tempo manifestando simpatie verso Napoleone, scelta di cui si pentirà amaramente dopo il trattato di Campoformio.

Si trasferisce poi a Milano, dove conosce Monti e Parini. Qui, il poeta lavora come redattore del “Monitore italiano”, ma l’anno dopo si trasferisce a Bologna, dove diventa aiutante cancelliere di un tribunale militare.

Nel 1804 si reca in Francia per motivi militari, dove fa la conoscenza dell’inglese Fanny Emerytt, con cui intraprende una liaison amorosa da cui nasce la figlia Floriana.

Dopo essere tornato per alcuni anni in Italia si trasferisce a Londra, dove muore il 10 settembre 1827.

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