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“Tramontata è la luna”, la sensuale poesia di Saffo che racconta il desiderio

Sul finire della notte, la solitudine si fa più profonda e dal cuore si irradia un desiderio d'amore. Lo racconta Saffo in "Tramontata è la luna".

Così come tramonta la luna, anche la giovinezza appassisce, lasciando spazio alla solitudine e al desiderio. Con “Tramontata è la luna“, la poetessa greca Saffo racconta lo sfiorire del tempo, la natura della solitudine e la forza del desiderio. La leggiamo nella traduzione di Salvatore Quasimodo, che nasconde qualcosa di speciale.

Dove leggere le opere di Saffo tradotte da Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo, celebre poeta del Novecento italiano, ha dedicato molto del suo studio giovanile alla traduzione dei poeti lirici greci.

Dalla traduzione e da un grandioso labor limae, è nato un volume di “Lirici greci” che nel 1942 è stato pubblicato da Zanichelli e da allora non ha cessato di affascinare lettrici e lettori che per la prima volta hanno avuto modo di avvicinarsi alla poesia classica.

Con il suo lavoro, Quasimodo ha cercato di mantenere intatto lo spirito delle fonti, rendendole in una traduzione emozionante, incisiva, capace di rimanere impressa nel cuore. Non sempre la forma del testo d’arrivo rispecchia quella del testo di partenza: è bene saperlo. Quando si traduce, si operano scelte, e ogni scelta implica una perdita.

Nel caso specifico, si perde un po’ dell’originalità della forma, della versificazione, della sonorità. Ma lo spirito rimane intatto.

“Tramontata è la luna” di Saffo

Tramontata è la luna
e le Plejadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amaro indomabile serpente.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.

La natura che parla di noi

Con “Tramontata è la luna”, Salvatore Quasimodo assembla cinque frammenti diversi di Saffo.

Sono versi potenti, in cui l’atmosfera languida del termine della notte fa schiudere nel cuore dell’io lirico un desiderio dirompente.

La luna tramonta, e anche le stelle. La giovinezza non fa eccezione. Un tempo il letto era caldo, reso accogliente e sicuro da due cuori che dividevano la loro oscurità. Adesso, il cuore è uno. E si spaurisce all’idea del buio.

Poi un vento forte ulula fra gli alberi. Così, un brivido corre sul corpo della figura distesa sul letto. Sofferenza e desiderio si mescolano l’uno all’altro diventando una cosa sola, nella natura così come nel cuore della poetessa: fuori e dentro è la stessa cosa. È la natura che parla di noi. O forse siamo noi che riflettiamo nella luna, negli astri, nel vento e negli alberi, i nostri segreti più profondi.

Chi era Saffo

Saffo è stata una poetessa greca vissuta fra il 630 a.C. e il 570 a. C. circa.

Già nell’antichità Saffo, a causa della bellezza dei suoi componimenti poetici e della conseguente notorietà acquisita presso gli ambienti letterari dell’epoca, fu oggetto di vere e proprie leggende, poi riprese e amplificate nei secoli a venire, specie nel momento in cui, a partire dal XIX secolo, la sua poesia divenne paradigma dell’amore omosessuale femminile, dando origine al termine “saffico”.

Gli studiosi della biblioteca di Alessandria suddivisero l’opera della poetessa greca in otto o forse nove libri, organizzati secondo criteri metrici: il primo libro comprendeva i carmi composti in strofe saffiche, ed era composto da circa 1320 versi.

Di questa produzione ci sono rimasti oggi pochi frammenti: l’unico componimento conservatosi integro, immune dal passare del tempo, è il cosiddetto Inno ad Afrodite (fr. 1 V. ), con cui si apriva il primo libro dell’edizione alessandrina della poetessa.

In questo testo, composto secondo i criteri dell’inno cletico, Saffo si rivolgeva alla dea Afrodite chiedendole di esserle alleata riguardo a un amore non corrisposto.

 

 

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