Così come tramonta la luna, anche la giovinezza appassisce, lasciando spazio ad una sensazione di nostalgia dove trionfano la solitudine e il desiderio. Con “Tramontata è la luna“, la poetessa greca Saffo racconta attraverso una raffinata e malinconica riflessione notturna lo sfiorire del tempo, la natura della solitudine e la forza del desiderio.
“Tramontata la luna” è una breve lirica della poetessa Saffo, la cui edizione originale risale al VI secolo a.C. e che negli anni ha avuto diverse traduzioni prestigiose: fra tutti quelle di Giacomo Leopardi, Cesare Pavese e Salvatore Quasimodo.
Riportiamo di seguito la traduzione ufficiale della poesia per poi soffermarci sulla versione tradotta da Salvatore Quasimodo, che amplifica ancor di più le emozioni che la versione originale suscita nel lettore.
“Tramontata è la luna”, poesia di Saffo tradotta da Giulio Guidorizzi
È tramontata la luna
insieme alle Pleiadi
la notte è al suo mezzo
il tempo passa
io dormo sola.“Tramontata è la luna”, poesia di Saffo tradotta da Quasimodo
Tramontata è la luna
e le Plejadi a mezzo della notte;
anche giovinezza già dilegua,
e ora nel mio letto resto sola.
Scuote l’anima mia Eros,
come vento sul monte
che irrompe entro le querce;
e scioglie le membra e le agita,
dolce amaro indomabile serpente.
Ma a me non ape, non miele;
e soffro e desidero.
Dove leggere le opere di Saffo tradotte da Salvatore Quasimodo
Salvatore Quasimodo, celebre poeta del Novecento italiano, ha dedicato molto del suo studio giovanile alla traduzione dei poeti lirici greci.
Dalla traduzione e da un grandioso labor limae, è nato un volume di “Lirici greci” che nel 1942 è stato pubblicato da Zanichelli e da allora non ha cessato di affascinare lettrici e lettori che per la prima volta hanno avuto modo di avvicinarsi alla poesia classica.
Con il suo lavoro, Quasimodo ha cercato di mantenere intatto lo spirito delle fonti, rendendole in una traduzione emozionante, incisiva, capace di rimanere impressa nel cuore. Non sempre la forma del testo d’arrivo rispecchia quella del testo di partenza: è bene saperlo. Quando si traduce, si operano scelte, e ogni scelta implica una perdita.
Nel caso specifico, si perde un po’ dell’originalità della forma, della versificazione, della sonorità. Ma lo spirito rimane intatto.
La natura che parla di noi
Con “Tramontata è la luna”, Salvatore Quasimodo assembla cinque frammenti diversi di Saffo.
Sono versi potenti, in cui l’atmosfera languida del termine della notte fa schiudere nel cuore dell’io lirico un desiderio dirompente.
La luna tramonta, e anche le stelle. La giovinezza non fa eccezione. Un tempo il letto era caldo, reso accogliente e sicuro da due cuori che dividevano la loro oscurità. Adesso, il cuore è uno. E si spaurisce all’idea del buio.
Poi un vento forte ulula fra gli alberi. Così, un brivido corre sul corpo della figura distesa sul letto. Sofferenza e desiderio si mescolano l’uno all’altro diventando una cosa sola, nella natura così come nel cuore della poetessa: fuori e dentro è la stessa cosa. È la natura che parla di noi. O forse siamo noi che riflettiamo nella luna, negli astri, nel vento e negli alberi, i nostri segreti più profondi.
L’attribuzione della poesia
Così come avviene per altri frammenti associati alla poetessa greca, anche questa attribuzione a Saffo è stata a lungo contestata: citato come anonimo da Efestione (XI, 5), riacquisisce la maternità saffica solo in Apostolio (V, 98). Le contestazioni erano sorte per il tono popolare e per l’allusione ad una situazione giudicata troppo scabrosa per la poetica saffica ed infine per la presenza di forme non eoliche. Le argomentazioni più articolate in difesa dell’autenticità di questo frammento si trovano presso Benedetto Marzullo
Chi era Saffo
Saffo è stata una poetessa greca vissuta fra il 630 a.C. e il 570 a. C. circa. Già nell’antichità Saffo, a causa della bellezza dei suoi componimenti poetici e della conseguente notorietà acquisita presso gli ambienti letterari dell’epoca, fu oggetto di vere e proprie leggende, poi riprese e amplificate nei secoli a venire, specie nel momento in cui, a partire dal XIX secolo, la sua poesia divenne paradigma dell’amore omosessuale femminile, dando origine al termine “saffico”.
Gli studiosi della biblioteca di Alessandria suddivisero l’opera della poetessa greca in otto o forse nove libri, organizzati secondo criteri metrici: il primo libro comprendeva i carmi composti in strofe saffiche, ed era composto da circa 1320 versi.
Di questa produzione ci sono rimasti oggi pochi frammenti: l’unico componimento conservatosi integro, immune dal passare del tempo, è il cosiddetto Inno ad Afrodite (fr. 1 V. ), con cui si apriva il primo libro dell’edizione alessandrina della poetessa.
In questo testo, composto secondo i criteri dell’inno cletico, Saffo si rivolgeva alla dea Afrodite chiedendole di esserle alleata riguardo a un amore non corrisposto.
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