Spiaggia marina di Theodor Storm è una poesia che mette in scena la nostalgia di chi è costretto a stare lontano dalla casa natale, a chi per motivi diversi ha dovuto lasciare la terra natia sentendone la mancanza.
Il concetto di lontananza riemerge sempre all’interno della mente umana, soprattutto quando ci si ritrova a vivere la magia di uno spettacolo naturale che riesce a dare voce alla parte più profonda dell’anima. Il paesaggio che si guarda finisce per diventare esperienza interiore.
Spiaggia marina fu scritta nel 1853/54 e fu pubblicata per per la prima volta nel 1856. Una lettera al padre da parte di Theodor Storm conferma che usò i versi di questa poesia per esprimere tutta la sua nostalgia della sua città natale Husum, tranquilla cittadina portuale della Germania del Nord.
Leggiamo la poesia di Theodor Storm per viverne la magia e la bellezza, nella traduzione di Antonio De Salvo.
Spiaggia marina di Theodor Storm
Sulla laguna ora volano i gabbiani,
e il crepuscolo irrompe;
sugli umidi banchi di sabbia
si specchia la luce della sera.Grigi volatili filano
qui vicino all’acqua;
come sogni giacciono le isole
nella nebbia sul mare.Sento dell’inquieta fanghiglia
il suono segreto,
solitario richiamo d’uccello –
così è sempre stato.Ancora una volta freme sommessamente
e poi tace il vento;
percettibili si fanno le voci
che sono sull’abisso.
Meeresstrand, Theodor Storm
Ans Haff nun fliegt die Möwe,
und Dämmerung bricht herein;
über die feuchten Watten
spiegelt der Abendschein.Graues Geflügel huschet
neben dem Wasser her;
wie Träume liegen die Inseln
im Nebel auf dem Meer.Ich höre des gärenden Schlammes
geheimnisvollen Ton,
einsames Vogelrufen –
so war es immer schon.Noch einmal schauert leise
und schweiget dann der Wind;
vernehmlich werden die Stimmen,
die über der Tiefe sind.
In Spiaggia marina, Theodor Storm dà voce alla nostalgia di chi è lontano da casa. Una nostalgia che non urla, ma pesa. Che non si placa, ma si porta dentro, come un’eco costante. attraverso immagini leggere e struggenti: gabbiani che volano nella luce del crepuscolo, isole immerse nella nebbia, il silenzio del vento che si ritira. Ogni verso è sospeso tra due mondi: quello presente, fisico, e quello perduto, interiore.
Chi prova nostalgia non sente solo la mancanza di un luogo, ma di un senso di appartenenza. Non è solo la distanza geografica a ferire, ma l’assenza di un tempo, di un ritmo, di una lingua del cuore.
Essere lontani da casa significa spesso vivere in una realtà che non ci somiglia del tutto. Significa portare dentro ricordi che nessuno attorno a te conosce, odori che nessuno riconosce, parole che si spezzano in bocca perché non trovano un orecchio disposto a comprenderle davvero.
come sogni giacciono le isole
nella nebbia sul mare.
Quelle isole sono i ricordi: ciò che amavamo, ciò che ci ha cresciuti, ciò che ci ha resi chi siamo. Ma ora sono lontane, avvolte nella nebbia. Si vedono, ma non si toccano. Sono lì, eppure intoccabili. Come la casa da cui ci si è allontanati.
Chi vive lontano da casa non parte mai da solo. Porta con sé una valigia piena di assenze, che prende forma nelle visioni, nei profumi immaginati, nei ricordi che prendono forma. Ogni dettaglio diventa una scheggia dolce e dolorosa, perché ciò che è familiare diventa lontano, e ciò che è vicino diventa estraneo.
Con il tempo, la nostalgia non sparisce, ma si trasforma. Diventa parte dell’identità. Un luogo in cui rifugiarsi nei momenti di solitudine. A volte basta un suono, un colore, una canzone per riaprire quella ferita silenziosa. Altre volte, invece, è proprio quella nostalgia che ci tiene vivi, che ci ricorda da dove veniamo, cosa abbiamo amato, chi siamo davvero.
percettibili si fanno le voci
che sono sull’abisso.
Quelle voci sono memorie, emozioni, radici. Sono la prova che, anche se lontani, non abbiamo mai davvero lasciato casa.
La nostalgia non è una debolezza. È una forma profonda, silenziosa, resistente di amore. Amore per ciò che è stato, per ciò che ci ha formato, per quella casa reale o simbolica che ci manca ogni giorno.
Essere lontani da casa significa imparare a convivere con un vuoto pieno di significato. Significa guardare avanti con il cuore rivolto indietro. E sapere che, anche se il mondo cambia, anche se noi cambiamo, quella nostalgia resterà sempre fedele a noi.
Theodor Storm
Theodor Storm nasce il 14 settembre 1817 a Husum, una cittadina portuale situata nel Nord dell’attuale Germania – precisamente nel land dello Schleswig-Holstein. Proveniente da una famiglia molto agiata, Theodor Storm trascorre un’infanzia felice e bucolica, immerso in un ambiente sereno e totalmente appagante.
Segue le orme del padre, celebre e rispettato avvocato, e studia diritto a Kiel, capitale del land in cui si trova Husum. Dopo aver concluso con successo gli studi, sposa una delle sue cugine e comincia ad esercitare la professione nella città natale. In parallelo, nei momenti liberi dalla vita familiare e dagli obblighi professionali, Theodor Storm coltiva le sue più grandi passioni, la scrittura e la poesia. È il 1843 quando pubblica, insieme agli amici Ferdinand Röse, Theodor et Tycho Mommsen, un libro dal titolo “Lieder Buch dreier Freunde”, letteralmente “Il Canzoniere dei tre amici”.
Per ragioni politiche legate alla promulgazione di una nuova costituzione da parte del governo danese nel 1848 – Husum era allora parte del territorio della Danimarca –, Theodor Storm decide di lasciare la città dove è nato e cresciuto e di trasferirsi, insieme a tutte le sue attività e la sua famiglia, nei territori governati dallo Stato prussiano.
Comincia un periodo di spostamenti e traslochi, che portano l’uomo prima a Potsdam, e poi a Heilbad Heiligenstadt. Nel 1864, quando i danesi lasciano ufficialmente Husum e lo Schleswig-Holstein, Storm decide di tornare nell’amata cittadina portuale dove ha lasciato parte di sé e dei suoi ricordi. Theodor Storm muore il 4 luglio 1888, stroncato da un tumore.