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“Se domani non torno” (2011), la poesia di Cristina Torres Cáceres contro la violenza sulle donne

"Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto". Scopri la poesia di Cristina Torres Cáceres, giovane attivista peruviana, divenuta celebre grazie alla condivisione social e diventata fin da subito il simbolo della lotta contro la violenza sulle donne.

C’è una poesia straziante che invita a riflettere sull’annosa piaga del femminicidio. Si intitola “Se domani non torno” ed è stata scritta da Cristina Torres Cáceres, giovane attivista peruviana, nel 2011. Una poesia resa celebre dalla condivisione social, e diventata fin da subito il simbolo di una lotta che deve interessare tutti noi: quella contro la violenza sulle donne.

“Se domani non torno” di Cristina Torres Cáceres

Se domani non rispondo alle tue chiamate, mamma.
Se non ti dico che non torno a cena. Se domani, il taxi non appare.
Forse sono avvolta nelle lenzuola di un hotel, su una strada o in un sacco nero (Mara, Micaela, Majo, Mariana).
Forse sono in una valigia o mi sono persa sulla spiaggia (Emily, Shirley).
Non aver paura, mamma, se vedi che sono stata pugnalata (Luz Marina).
Non gridare quando vedi che mi hanno trascinata per i capelli (Arlette).
Cara mamma, non piangere se scopri che mi hanno impalata (Lucia).

Ti diranno che sono stata io, che non ho urlato abbastanza, che era il modo in cui ero vestita, l’alcool nel sangue.
Ti diranno che era giusto, che ero da sola.
Che il mio ex psicopatico aveva delle ragioni, che ero infedele, che ero una puttana.

Ti diranno che ho vissuto, mamma, che ho osato volare molto in alto in un mondo senza aria.
Te lo giuro, mamma, sono morta combattendo.
Te lo giuro, mia cara mamma, ho urlato tanto forte quanto ho volato in alto.
Ti ricorderai di me, mamma, saprai che sono stata io a rovinarlo quando avrai di fronte tutte le donne che urleranno il mio nome.

Perché lo so, mamma, tu non ti fermerai.
Ma, per carità, non legare mia sorella.
Non rinchiudere le mie cugine, non limitare le tue nipoti.
Non è colpa tua, mamma, non è stata nemmeno mia.
Sono loro, saranno sempre loro.

Lotta per le vostre ali, quelle ali che mi hanno tagliato.
Lotta per loro, perché possano essere libere di volare più in alto di me.
Combatti perché possano urlare più forte di me.
Perché possano vivere senza paura, mamma, proprio come ho vissuto io.
Mamma, non piangere le mie ceneri.

Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.

Stop al femminicidio

Fare rumore. Questa è l’intenzione da cui nasce la poesia “Se domani non torno”.

I versi, che sembrano riprodurre una lettera scritta da una donna vittima di violenza alla madre, invitano chi legge a non restare indifferente, a guardarsi dentro per scoprire quanto si possa e si debba ancora fare per estirpare un fenomeno tanto grave e pericoloso.

Grave perché le donne vittime di violenza sono moltissime in tutto il mondo e il numero non sembra diminuire. Pericoloso non solo perché la violenza sulle donne è un atto che spesso sfocia nel femminicidio, ma anche perché essa è frutto di una cultura immersa nel patriarcato e nella disuguaglianza di genere.

Struggenti gli ultimi versi con cui termina questa lettera/poesia: “Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto.
Se domani tocca a me, voglio essere l’ultima.” Un ultimo appello di dolore, e al tempo stesso di speranza affinché il sacrificio della donna non sia vano, affinché sia l’ultimo di un elenco di violenze che deve assolutamente cessare.

La poesia diventata virale

Non sappiamo molto sull’autrice di questi struggenti verso, se non che Cristina Torres Cáceres è molto attiva nel campo della difesa dei diritti dei popoli indigeni e che ha composto i versi che stiamo per leggere per denunciare l’ennesimo caso di femminicidio perpetrato in Messico.

“Se domani non torno”, conosciuta nella versione spagnola – quella originale – perché più volte proposta dal movimento “Non una di meno”, nato in Argentina nel 2015, è rimbalzata sul web nella sua traduzione italiana un anno fa, a seguito dello struggente discorso che Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha tenuto in diretta tv chiedendo di ricordare la sorella non in modo tacito, con il canonico minuto di silenzio che resta più un simbolo che una presa di posizione.

Elena ha chiesto a gran voce: “Bruciate tutto”. Proprio come chiede l’io lirico protagonista della poesia di Torres Cáceres: “Se domani sono io, se domani non torno, mamma, distruggi tutto”.

Il problema della violenza sulle donne

Quanto la violenza sulle donne sia da tempo una piaga sociale ce lo ha dimostrato recentemente anche l’arguto film di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani“: la violenza sulle donne è un atto così radicato nella nostra società che ci sembra normalissimo assistere a certe dimostrazioni di forza guardandole con ingenuità, senza riconoscerne il pericolo e la dannosità.

I numeri legati alla violenza di genere sono ancora preoccupanti: secondo gli ultimi dati UNICEF veicolati in vista della Giornata contro la violenza sulle donne, oggi nel mondo 650 milioni di ragazze e donne (1 su 5) oggi in vita hanno subito violenza sessuale da bambine, di cui oltre 370 milioni (1 su 8) hanno subito stupri o aggressioni sessuali; in contesti fragili, le ragazze corrono un rischio ancora maggiore, con una percentuale di stupri e aggressioni sessuali durante l’infanzia di poco superiore a 1 su 4.

Quasi 50 milioni di ragazze adolescenti tra i 15 e i 19 anni (1 su 6) sono state vittime di violenza fisica o sessuale da parte del marito o del partner nell’ultimo anno. Circa 550 milioni di bambini (circa 1 su 4) vivono con madri vittime di violenza compiuta dai loro partner.

Numeri e statistiche che dimostrano quanto abbiamo ancora tanta strada da fare: donne, uomini, tutti. Per non lasciare più da sole le donne vittime di violenza; per non permettere più che questa passi inosservata anche agli occhi delle sue vittime.

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