La poesia sul tempo di Marcel Proust, sul valore dell’amore per la memoria

21 Luglio 2025

Scopri questa splendida poesia sul tempo di Marcel Proust sul tempo, l'amore e la memoria, che prepara al lavoro di "Alla ricerca del tempo perduto"

La poesia sul tempo di Marcel Proust, sul valore dell'amore per la memoria

Contemplo spesso il cielo della mia memoria di Marcel Proust è una poesia sul tempo, sull’amore e la memoria. Quando si ama si accende qualcosa dentro l’anima che rende indelebile il momento. Il tempo che nella visione del poeta francese tende a cancellare ogni cosa, attraverso lo sguardo o l’esperienza inquadra quel momento speciale scolpendolo nella memoria dell’anima.

L’impronta visiva e sensoriale dell’amore espressa in questa poesia, anticipa l’estetica della Recherche (Alla ricerca del tempo perduto), il romanzo di Marcel Proust, scritto tra il 1906 e il 1922, pubblicato in sette volumi tra il 1913 e il 1927, dei quali gli ultimi tre postumi, dove i ricordi non sono mai solo fatti, ma universi interiori, vivi, luminosi, a volte dolorosi, ma eterni.

Contemplo spesso il cielo della mia memoria è una poesia scritta tra la fine dell”800 e i primi anni del 900, che fa parte della raccolta Poèmes di Marcel Proust furono pubblicate nel decimo dei Cahiers Marcel Proust, presso Gallimard a Parigi nel 1982, introdotte da Claude Francis e Fernande Gontier. La Traduzione italiana che vi proponiamo apre il libro Poesie di Marcel Proust, con la traduzione curata da Luciana Frezza, pubblicato in digitale da Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano il 9 giugno del 2020.

Leggiamo questa stupenda poesia di Marcel Proust per scoprirne il profondo significato.

Contemplo spesso il cielo della mia memoria di Marcel Proust

Il tempo tutto cancella come le onde i giochi
costruiti dai bimbi sulla sabbia spianata,
così precise e vaghe dimenticheremo parole
dietro le quali ognuno sentiva l’infinito.Il tempo tutto cancella gli occhi li lascia accesi
siano d’opale o stella o d’acqua trasparente
belli come in cielo o da un mercante di gemme
arderanno per noi d’un fuoco triste o lieto.

Gli uni monili rapiti al loro scrigno vivente
mi getteranno in cuore i duri riflessi di pietra
come il giorno in cui cinti, cerchiati nella palpebra
splendevano d’un raggio prezioso e deludente.

Altri dolci fuochi che rubò Prometeo
amorosa scintilla che nei loro occhi brillava
per un caro tormento l’abbiamo portata con noi
chiarità troppo pure o troppo rari gioielli.

Costellate per sempre il cielo della memoria
occhi inestinguibili di quelle che amai
sognate come morti, splendete come glorie
sarà acceso il mio cuore come una notte di Maggio.

L’oblio come una bruma cancella i volti i gesti
che adorammo allora nel divino passato,
per cui noi fummo folli, per cui fummo sapienti
miraggi di perdizione e simboli di fede.

Il tempo tutto cancella l’intimità delle sere
le mie mani nel suo vergine collo di neve
sguardi che carezzavano come un arpeggio i miei nervi
la primavera scuoteva su di noi i suoi incensieri.

Altri, erano occhi d’una donna gioiosa,
pure come dolori erano vasti e neri
spavento delle notti e mistero delle sere
portava tutta l’anima fra quelle ciglia incantevoli

e il suo cuore era vano come uno sguardo gioioso.
Altri ci perdevano, mare cangiante e dolce,
dietro l’anima fuggita nei suoi occhi,
in certe sere marine così c’incalza l’ignoto.

Mare degli occhi navigammo sulle tue limpide acque
il desiderio gonfiava le nostre vele rappezzate
partivamo dimentichi delle tempeste passate
sopra gli sguardi alla scoperta delle anime.

Sguardi diversi anime uguali, meglio per noi,
vecchi prigionieri degli occhi, tanto provati,
restarcene a dormire sotto il pergolato
ma sareste partito anche sapendo il poi

per avere in cuore quegli occhi pieni di promesse
come un mare la sera pensoso di sole
avete compiuto tante inutili prodezze
per giungere al paese di sogno che, vermiglio,

oltre l’acqua vera si lamentava d’estasi
sotto l’arco santo d’una nube onesto profeta
ma è dolce per un sogno avere queste pene
e il ricordo di voi brilla come una festa.

Je contemple souvent le ciel de ma mémoire, Marcel Proust

Le temps efface tout comme effacent les vagues
Les travaux des enfants sur le sable aplani
Nous oublierons ces mots si précis et si vagues
Derrière qui chacun nous sentions l’infini.

Le temps efface tout il n’éteint pas les yeux
Qu’ils soient d’opale ou d’étoile ou d’eau claire
Beaux comme dans le ciel ou chez un lapidaire
Ils brûleront pour nous d’un feu triste ou joyeux.

Les uns joyaux volés de leur écrin vivant
Jetteront dans mon coeur leurs durs reflets de pierre
Comme au jour où sertis, scellés dans la paupière
Ils luisaient d’un éclat précieux et décevant.

D’autres doux feux ravis encor par Prométhée
Étincelle d’amour qui brillait dans leurs yeux
Pour notre cher tourment nous l’avons emportée
Clartés trop pures ou bijoux trop précieux.

Constellez à jamais le ciel de ma mémoire
Inextinguibles yeux de celles que j’aimai
Rêvez comme des morts, luisez comme des gloires
Mon coeur sera brillant comme une nuit de Mai.

L’oubli comme une brume efface les visages
Les gestes adorés au divin autrefois,
Par qui nous fûmes fous, par qui nous fûmes sages
Charmes d’égarement et symboles de foi.

Le temps efface tout l’intimité des soirs
Mes deux mains dans son cou vierge comme la neige
Ses regards caressants mes nerfs comme un arpège
Le printemps secouant sur nous ses encensoirs.

D’autres, les yeux pourtant d’une joyeuse femme,
Ainsi que des chagrins étaient vastes et noirs
Épouvante des nuits et mystère des soirs
Entre ces cils charmants tenait toute son âme

Et son coeur était vain comme un regard joyeux.
D’autres comme la mer si changeante et si douce
Nous égaraient vers l’âme enfouie en ses yeux
Comme en ces soirs marins où l’inconnu nous pousse.

Mer des yeux sur tes eaux claires nous naviguâmes
Le désir gonflait nos voiles si rapiécées
Nous partions oublieux des tempêtes passées
Sur les regards à la découverte des âmes.

Tant de regards divers, les âmes si pareilles
Vieux prisonniers des yeux nous sommes bien déçus
Nous aurions dû rester à dormir sous la treille
Mais vous seriez parti même eussiez-vous tout su

Pour avoir dans le coeur ces yeux pleins de promesses
Comme une mer le soir rêveuse de soleil
Vous avez accompli d’inutiles prouesses
Pour atteindre au pays de rêve qui, vermeil,

Se lamentait d’extase au-delà des eaux vraies
Sous l’arche sainte d’un nuage cru prophète
Mais il est doux d’avoir pour un rêve ces plaies
Et votre souvenir brille comme une fête.

Poesia sul tempo e la forza dell’amore per salvare i ricordi dal logorio del tempo

In Contemplo spesso il cielo della mia memoria che coinvolge tutti i sensi e investe di sensualità e bellezza, c’è un elemento che spicca più degli altri, facendosi veicolo del ricordo e dell’amore: lo sguardo. Gli occhi, tratto fisico molto caro a Proust, che infatti spesso lo ha reso protagonista delle sue poesia d’amore, hanno un legame privilegiato con la nostra intimità, con il nostro io più sincero.

La memoria delle emozioni resiste al tempo

Già dal primo verso “Il tempo tutto cancella come le onde i giochi costruiti dai bimbi sulla sabbia spianata”, Marcel Proust ci trascina in un’immagine semplice ma universale, verso la costruzione infantile, fragile ed effimera, annientata dalle onde. È l’emblema della condizione umana, in cui tutto ciò che si crea, si ama, si dice , è destinato all’oblio.

La prima immagine è delicata, infantile, quasi archetipica: il tempo viene paragonato a un’onda che cancella i giochi dei bambini sulla sabbia. È un’immagine semplice, ma che racchiude tutta la fragilità delle costruzioni umane: ogni emozione, parola, ricordo, per quanto carico di significato, è destinato ad essere cancellato.

Eppure, in questa cancellazione, qualcosa resiste.

così precise e vaghe dimenticheremo parole
dietro le quali ognuno sentiva l’infinito.

Il poeta riconosce che anche le parole, pur cariche di significato, svaniscono. Ma è proprio in questo svanire che si intravede l’insegnamento, l’anelito verso l’infinito non può essere cancellato dal tempo. Le parole, simboli dell’infinito interiore, sembrano destinate all’oblio. Ma proprio questa tensione verso l’eterno diventa un tratto distintivo dell’essere umano.

Lo sguardo resiste al tempo che passa

La seconda strofa ribalta la distruzione del tempo. Sono gli occhi delle donne amate, che resistono nella memoria come fuochi sacri, capaci di ardere anche nella lontananza, anche dopo la morte. Gli occhi sono “d’opale o di stella”, “d’acqua trasparente”, “gioielli troppo preziosi” e ancora: “dolci fuochi rubati da Prometeo”.

L’intera poesia costruisce una mitologia dello sguardo che grazie all’amore non è un semplice ricordo, ma una presenza viva, che continua ad ardere nel cuore del poeta.

Il cielo della memoria e la costellazione degli amori

Costellate per sempre il cielo della memoria
occhi inestinguibili di quelle che amai
sognate come morti, splendete come glorie
sarà acceso il mio cuore come una notte di Maggio.

Il cuore della poesia è in questi versi. La memoria grazie all’amore si trasforma in un cielo stellato. Ogni donna amata lascia una luce, una luccichio, una costellazione personale che continua a brillare anche quando tutto il resto è svanito. Il suo sguardo diventa eterno, immutabile, divino. Gli occhi sono gli unici elementi capaci di resistere al tempo, di superare l’oblio, di testimoniare la profondità dell’amore vissuto.

La malinconia dell’oblio e la festa del ricordo

Il resto della poesia alterna immagini dense di nostalgia e sensualità: il collo “vergine come neve”, gli sguardi “che carezzano i nervi come un arpeggio”, la primavera che scuote “i suoi incensieri”, gli “sguardi diversi, anime uguali”, le “prodezze inutili per raggiungere un paese di sogno”,  le“ferite dolci per un sogno”.

Alla fine, si comprende che l’amore non è stato vano, anche se ormai tutto è svanito, lontano, distante. L’esperienza dell’amore, come quella del ricordo, illumina l’anima anche attraverso la perdita.

La conclusione della poesia è struggente e serena:

ma è dolce per un sogno avere queste pene
e il ricordo di voi brilla come una festa.

Il sogno lascia ferite, sì. Ma sono ferite luminose, che brillano nella memoria come una notte di festa. Il cuore di Marcel Proust è acceso, e brucia dolcemente come nella sua Recherche: non per ciò che è stato, ma per ciò che ha lasciato.

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