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“All’immaginazione”, la poesia di Emily Brontë che celebra il potere della fantasia

L'ispirazione, la vivacità dell'anima e la fantasia possono salvarci dalle brutture del mondo. Ce lo racconta Emily Brontë nella sua "All'immaginazione".

Nasceva il 30 luglio 1818 nella desolata brughiera inglese Emily Brontë, la più lirica delle tre sorelle autrici di alcuni dei capolavori più amati della letteratura europea. Oltre all’amato “Cime tempestose“, Emily è autrice di bellissimi versi. Uno dei suoi componimenti più toccanti si intitola “All’immaginazione“. Lo si può leggere all’interno del volume “Emily Brontë. Poesie” edito nel 1997 da Einaudi  con traduzione e prefazione curate da Ginevra Bompiani.

“All’immaginazione” di Emily Brontë

Se stanca della lunga fatica del giorno,
e dell’avvicendarsi terreno delle pene,
e smarrita e pronta a disperare,
la tua voce gentile mi richiama –
o mia leale amica, non sarò sola
finché mi parlerai con questo tono!

Il mondo esterno è così desolato,
quello interiore mi è due volte caro;
il tuo mondo che odio inganno e dubbio
e il gelido sospetto non conosce;
dove io tu e libertà
siamo i sovrani senza discussione.

Che importa se tutt’intorno
dimorano il pericolo la tenebra e il dolore,
se nel recinto del nostro cuore
risplende un cielo immacolato,
tiepido dell’intrico di diecimila raggi
di soli senza inverno?

La Ragione a buon diritto si lamenta
per la triste realtà della Natura,
e dice al cuore affranto che i suoi sogni
sempre saranno vani;
e la Verità può calpestare i fiori
appena nati dalla Fantasia.

Ma tu sei sempre qui a richiamare
le ondeggianti visioni, e nuove glorie
a spirare sull’appassita primavera
e una vita più bella a evocar dalla morte,
bisbigliando con voce divina
di mondi veri che hanno il tuo splendore.

Io non credo alla tua larva di eliso,
ma nell’ora placata della sera
sempre ti sono grata, potere benigno,
e ti do il benvenuto,
consolatrice delle pene umane
speranza più lucente quando speranza dispera.

Se la vita non è abbastanza

All’interno di questi versi dedicati all’immaginazione, Emily Brontë condensa alcuni degli elementi che rendono unica la sua penna: il legame con la natura, il racconto della solitudine, il potere della fantasia, in primis, che è poi protagonista della poesia.

“All’immaginazione” vive di contrasti: al mondo esterno, descritto come “così desolato”, ne corrisponde uno interno vivace, libero, in cui il cielo terso domina il paesaggio e il sole splende di luce e di amore. I versi sono permeati della delicatezza che contraddistingue la sua autrice. Anche nei momenti bui, in cui protagonista è la solitudine, insieme al dolore e alla desolazione, questa armoniosa leggerezza prevale, come a dire che davvero l’immaginazione salva la vita.

Che importa se tutt’intorno
dimorano il pericolo la tenebra e il dolore,
se nel recinto del nostro cuore
risplende un cielo immacolato,
tiepido dell’intrico di diecimila raggi
di soli senza inverno?

Emily Brontë

Emily è la quinta di sei figli. Nasce nel 1818 nello Yorkshire da una famiglia di estrazione modesta: il padre, curato perpetuo di un villaggio immerso nella brughiera, perde la moglie quando i figli sono ancora piccoli. È una vedova di mezza età, la governante della canonica, a occuparsi dei bambini e della loro crescita.

In un ambiente segnato dal lutto, dalla solitudine, dal forte contatto con la natura e dalla fede, crescono le sorelle Brontë e il loro innato talento per la scrittura. Tutto nasce da un gioco che coinvolge l’intera famiglia: ci si immagina in un’isola deserta, e si inventano le avventure più disparate. Da questo momento in poi, le tre sorelle non cesseranno di immaginare e scrivere.

Trarranno ispirazione dalla loro vita, dalla loro casa, dalle loro esperienze. Raccontando il loro vissuto, ma anche immaginando storie nuove e amori mai sperimentati, riusciranno a catturare lo spirito dell’età vittoriana e della brughiera in pagine eterne.

Emily è la più poetica, la più sensibile e lirica delle tre. I suoi componimenti, rinvenuti dalla sorella maggiore Charlotte nel 1845, parlano di una donna appassionata che si è aggrappata all’immaginazione per infondere nuova linfa ai suoi giorni. Scompare nel 1848, mentre pensa alla stesura del suo secondo romanzo, afflitta dalla tubercolosi e dalla morte del fratello maggiore Branwell, vittima dell’alcolismo e degli oppiacei.

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