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“Non sappiamo mai quanto siamo alti” di Emily Dickinson, poesia sulla consapevolezza

Per trovare le giuste motivazioni leggi "Non sappiamo mai quanto siamo alti" la poesia di Emily Dickinson che ci fa riflettere sulle nostre potenzialità.

Non sappiamo mai quanto siamo alti di Emily Dickinson è una poesia di grande motivazione che ci spinge ad osare, ad andare avanti, a non aver paura di raggiungere i nostri obiettivi. L’importante è agire in modo determinato e allo stesso tempo nel rispetto dei principi etici.

La poesia fu scritta intorno al 1870 e ci dona un messaggio chiaro. La vita va affrontata con il massimo coraggio e la necessaria determinazione. Ma, non c’è bisogno di strafare e inseguire ciò che non siamo. 

Solo se prenderemo coscienza delle nostre possibilità potremo toccare il cielo semplicemente stando in piedi.

Emily Dickinson mette in evidenza l’atteggiamento, fin troppo frequente, dell’indietreggiare passivamente di fronte alla responsabilità e alle difficoltà della vita.

Un’analisi acuta delle nostre paure, sulle nostre insicurezze, che non ci permettono di vedere con lucidità le nostre capacità, la nostra “altezza”.

Ma, leggiamo la poesia per apprezzarne l’immensa bellezza.

Non sappiamo mai quanto siamo alti di Emily Dickinson

Non sappiamo mai quanto siamo alti
Finché non siamo chiamati ad alzarci
E allora, se siamo conformi allo scopo
Le nostre stature toccano i cieli –

L’Eroismo che recitiamo
Sarebbe una cosa normale
Se non curvassimo noi stessi i Cubiti
Per paura di essere un Re –

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We never know how high we are, Emily Dickinson

We never know how high we are
Till we are asked to rise
And then if we are true to plan
Our statures touch the skies –

The Heroism we recite
Would be a normal thing
Did not ourselves the Cubits warp
For fear to be a King –

Essere protagonisti della nostra vita

Emily Dickinson è una di quelle poetesse che, quando si parla di solitudine, auto-analisi, introspezione, viene sempre nella nostra mente. La maggior parte delle sue poesie, infatti, sono state scoperte dopo la sua morte.

Questo perché tutta la sua attività poetica, essa l’ha sviluppata in un esilio volontario. Questo l’ha portata ad essere, ancora oggi, una delle voci più acute e analitiche del nostro animo.

In questa poesia, intitolata Non sappiamo mai quanto siamo alti, Emily Dickinson ci parla della passività che, la paura della vita, spesso caratterizza il nostro modo di fare. Ci sentiamo immobili davanti alla vita, incapaci di affrontarla, spaventati.

Bisogna avere la forza di sapersi alzare

“Non sappiamo mai quanto siamo in alto”, inizia con questo verso la poesia. Ciò vuol dire che possiamo essere in alto, anche se non siamo consapevoli di quanto possiamo essere grandi finché non si presenta una situazione che ci spinge ad agire con coraggio e audacia.

Ed è proprio in queste occasioni che le persone “sono chiamate ad alzarsi”. Gli eventi speciali, che la vita ci pone davanti, ci costringono a salire per affrontare la vita.

Se affrontiamo ciò che ci capita con coraggio, se “siamo conformi allo scopo” possiamo crescere di statura fino a toccare il cielo. In altre parole, serve determinazione, consapevolezza, motivazione e focalizzazione per poter scalare il cammino della nostra esistenza.

Ma, non bisogna in nessun modo recitare il ruolo dell’eroe per poter arrivare in alto. Non c’è bisogno di cambiare noi stessi per ottenere i risultati che desideriamo. 

Non serve l’ansia da prestazione

In molti non vogliono in nessun modo ambire ad un modo di essere diverso dal proprio, hanno timore “di essere un Re”. Non sentono l’esigenza di cambiare la misura del proprio essere per inseguire l’ambizione.

Preferiscono rimanere dove sono e non assumersi le pressioni che derivano dall’essere un sovrano onnipotente, un essere divino o forse un dio.

Preferiscono rimanere umili ed evitare aspettative straordinarie. Alla persona media non importa essere contorta e piegata da misure tangibili e concrete.

Lasciarsi alle spalle la condizione umana empirica può essere piuttosto spaventoso, quindi, in definitiva, va bene condurre una vita modesta e con i piedi per terra. “La paura di essere dei re” indica per l’appunto questo rifiuto del mettersi in gioco.

Perché il “re” rappresenta il simbolo della responsabilità, colui che è in grado di prendere decisioni al di là delle volontà degli altri. Il re indica una persona consapevole e in grado di scegliere, di muovere passi in autonomia. 

Ma noi scegliamo di non essere dei Re e ci incurviamo. Rallentiamo. E se così non facessimo, come scrive Emily  Dickinson, “L’eroismo che allora recitiamo sarebbe normale”. 

L’insegnamento arriva chiaro e forte: non dobbiamo smettere di combattere per i nostri obiettivi, i nostri sogni, con le nostre capacità. Non dobbiamo nasconderci dietro la passività e la paura, ma prenderci la responsabilità di scegliere e rendere concreti i nostri talenti.

Perché iniziare essere Re significa iniziare ad  essere protagonisti attivi della nostra vita, significa conoscere la nostra altezza. 

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