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“Per quanto puoi” (1913), la poesia di Kavafis che insegna a vivere la vita con passione

“Per quanto puoi” è una delle poesie più belle scritte da Konstantinos Kavafis: un invito a vivere con gioia e con pienezza, per celebrare il valore di ciò che ci circonda.

La poesia è spesso legata al mondo ideale, a quello immaginario e immaginato. Non è questa l’occasione. Nella sua “Per quanto puoi”, Konstantinos Kavafis riflette sul valore della vita a partire dalla quotidianità, impartendoci un grande insegnamento: i nostri giorni, così come i nostri corpi, non vanno mortificati, bensì celebrati.

Ma scopriamo gli stupendi versi di “Per quanto puoi” di Konstantinos Kavafis.

“Per quanto puoi” di Konstantinos Kavafis

E se non puoi fare della tua vita quel che vuoi,
in questo almeno sforzati
per quanto puoi: non umiliarla
nella troppa familiarità con il mondo,
nel viavai della gente, nelle chiacchiere.

Non mortificarla portandola qua e là,
andando per le strade, e non esporla
alle sciocchezze di ogni giorno
delle relazioni, dei vincoli,
fino a renderla estranea, molesta.

Il significato di questa poesia

Il punto di arrivo di una riflessione

Composta da due strofe di versi liberi, in cui prevalgono tuttavia gli endecasillabi, “Per quanto puoi” è una poesia che ha avuto un lungo processo di gestazione: Konstantinos Kavafis ha iniziato a lavorare al suo canovaccio nel 1905, ma solo otto anni dopo l’ha data alla luce nella sua forma finale.

È il 1913 quando il “più antico dei poeti moderni”, come viene spesso definito, pubblica la sua “Per quanto puoi”, manifesto programmatico di una vita intera. Che si tratti di un punto di arrivo è evidente dallo straordinario attacco della poesia: il primo vocabolo, quello che apre il componimento, è anche il più semplice esistenze in qualunque lingua.

Si tratta di una “e”, una congiunzione che unisce qualcosa di invisibile ai versi che proprio da qui iniziamo a leggere.

Celebrare la vita

“E se non puoi fare della tua vita quel che vuoi,/ in questo almeno sforzati/ per quanto puoi: non umiliarla”. Da una lunga riflessione, a cui rimaniamo sospesi grazie a quella congiunzione pendente, scaturiscono le due strofe di una poesia straordinaria, ritenuta da molti fra le più belle mai scritte da Kavafis: il poeta ci invita a guardare alla vita con rispetto, a fare ciò che possiamo per celebrarla, per conferire ai nostri giorni il giusto valore.

Gli imperativi negativi – “non umiliarla”, “non mortificarla”, “non esporla” – ci fanno pensare con urgenza a tutte le volte in cui abbiamo trattato il tempo che abbiamo a disposizione – insieme al corpo entro cui è racchiusa la nostra anima – con sufficienza, vestendolo di chiacchiere inutili, di relazioni ammalate, di azioni insensate. Quante volte trasciniamo la nostra vita dietro di noi con pesantezza, inciampandovi sopra, senza rendercene conto.

Come possiamo”

Questo può ricordarci “Per quanto puoi” di Konstantinos Kavafis: la vita non è mai perfetta. Quasi mai risponde ai nostri desideri e aspettative. Questo, tuttavia, non vuol dire che essa non sia un dono prezioso da preservare.

Prendendo spunto da una prospettiva cristiana (quella che invita a celebrare la vita attraverso la purezza del corpo), Kavafis rovescia l’insegnamento: il corpo non va mortificato, la vita non va umiliata.

Dobbiamo elevarci, dobbiamo inseguire il desiderio, il sogno, il piacere. Soltanto così, i nostri giorni sono degni di essere vissuti. E il titolo, così come il terzo verso del componimento del poeta greco, ci ricordano che se la perfezione è irraggiungibile, una vita degna di essere vissuta la si può costruire, “per quanto possiamo”.

Konstantinos Kavafis

Konstantinos Kavafis (1863-1933) è conosciuto come “il più antico dei poeti moderni”. Di origini greche, ma nato e cresciuto ad Alessandria d’Egitto, è uno degli autori che, più di tutti, si sono adoperati per creare un ponte fra la tradizione e l’innovazione. Della sua produzione poetica, che risente soprattutto nelle fasi iniziali dell’influenza simbolista, ci sono rimasti poco più di 150 frammenti, oggi raccolti nel volume “Kavafis”.

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