Novembre di Giovanni Pascoli è una poesia che mette in scena le magiche sensazioni di una giornata di autunno inoltrato, in cui la natura sembra fondersi e raccontare tutte le emozioni che vive il poeta. La malinconia e il ricordo delle persone care che, purtroppo, non ci sono più sono i protagonisti di questa meravigliosa poesia.
Ma, nell’intento di Pascoli c’è anche di mettere in evidenza di quanto precaria e illusiva sia la felicità degli esseri umani. Il poeta lo fa proprio attraverso il fonosimbolismo che la natura riesce a donare. L’estate novembrina in realtà è solo un’illusione, il freddo e il passaggio di stagione hanno già lasciato in tuto ciò che in primavera e in estate era “vivo” i loro effetti.
Giovanni Pascoli definisce “novembre” come l'”estate dei morti”. Nei primi giorni del mese l’arrivo del buio freddo autunnale, lascia spazio al tepore e alla “luce” di giornate che sembrano richiamare la tarda primavera e la stagione estiva.
Novembre è il XVIII poema, l’ultimo, della sezione In campagna della raccolta Myricae di Giovanni Pascoli, pubblicata per la prima volta nel 1891.
Ma leggiamo questa splendida poesia di Giovanni Pascoli per “viverne” l’atmosfera e apprezzarne il profondo significato.
Novembre di Giovanni Pascoli
Gemmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore…Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. È l’estate,
fredda, dei morti.
Il significato di Novembre
Novembre è una poesia di Giovanni Pascoli che attraverso i suoi versi riesce a farci “vivere” le atmosfere di un paesaggio autunnale di fine ‘800. Leggendo la poesia è come essere immersi in quel paesaggio di campagna insieme all’autore e percepire attraverso un’esperienza multisensoriale ciò che la natura riesce a raccontare.
Ciò che si avverte immediatamente all’inizio della poesia è il tepore e l’aria limpida tipica proprio del periodo. E subito scatta l’illusione, dopo il freddo e il “buio” dei mesi autunnali, che sia tornata l’estate. Ma non è così. Quel “sole così chiaro” che spinge in modo automatico a ricercare con la vista “gli albicocchi fioriti”, di fatto, lascia l’amarezza di sentire nel proprio cuore l’odore amaro del biancospino.
La primavera e l’estate sono solo un’illusione
Nell’esperienza della prima strofa è chiara la contrapposizione che si crea tra l’illusione e la realtà. Quella gioia che la natura vuole donare, si scontra con l’amarezza che quella sensazione di felicità di fatto è solo un’illusione. L’estate ormai è passata, tutto è destinato a finire, a sfiorire. D’altronde, l’autunno è la porta che accompagna al freddo e buio inverno, in poesia metafora della fine della vita e della morte.
La natura svela che la vita sfiorisce e la morte prende il sopravvento
Nella seconda strofa, le sensazioni negative iniziano a farsi più forti. L’illusione di un mondo destinato a rinascere e di un ritorno alla vita gioiosa tanto desiderata dal poeta, si spezza per mano stessa dei segnali che la natura offre allo sguardo del poeta. I segnali che la vita è finita e la morte abbia preso il sopravvento diventano evidenti dal “pruno secco” e dall’immagine delle piante spoglie che disegnano nel cielo sereno trame nere.
Negli ultimi due versi della seconda strofa, il poeta ci fa vivere la sensazione del vuoto, della mancanza, della caducità della vita in cui l’esistenza sembra sprofondare nel nulla. Ancora, una volta l’esperienza sensoriale delle parole di Pascoli ci immergono all’interno di quel paesaggio di campagna, dove si vive la solitudine e la distanza da tutto ciò che può essere considerata vita.
“Il cielo è vuoto” e il piede che tocca il terreno durante la passeggiata da la sensazione di sprofondare nel fogliame caduto e di entrare nel nulla.
La sensazione della mancanza e della perdita
Nella terza strofa, il poeta ci fa “sentire” con i suoi versi la sensazione del “silenzio” e quindi della solitudine del poeta di fronte al mondo e alla vita. Lo ribadisce Pascoli “solo”, il senso della mancanza di tutto ciò che gli poteva offrire vita, gioia, amore non c’è, non esiste più.
Quella sensazione di solitudine la possiamo “ascoltare” attraverso vento che riesce a far sentire il rumore delle foglie morte che cadono su giardini e orti. È tangibile, la primavera e l’estate della vita è già passata. Non rimane che vivere “l a fredda estate dei morti”.
L’ossessiva presenza della morte, attraverso le immagini che la natura riesce a restituire, diventa rappresentazione dell’intera poetica di Giovanni Pascoli. Al poeta sembra mancare quel nido protettivo di genitori persi troppo presto.
I suoi cari sono morti, il padre morto ucciso nel 1867, quando Giovanni aveva solo 12 anni. L’anno successivo, nel 1868, il poeta perde anche la madre morì di crepacuore dopo la scomparsa della figlia Margherita Pascoli.
Il poeta subisce altri gravi lutti, tra cui la perdita di due fratelli, ovvero Luigi nel 1871 e Giacomo nel 1876.
Con la perdita di entrambi i genitori alla tenera età di 13 anni la vita inevitabilmente finisce per lasciare il segno. La speranza perde di significato e il senso della morte e della mancanza finisce per accompagnare per tutta la vita. Lui era solo un “fanciullino” le quelle tragiche esperienza lo hanno segnato per sempre.
Le conseguenze di questo tormento esistenziale del poeta sono tangibili in questa poesia. La vita è una mera illusione che non lascia spazio alla speranza di poter trovare felicità e armonia.
Attraverso il fonosimbolismo Giovanni Pascoli in Novembre ci ha permesso di vivere un’esperienza di grade sensibilità emotiva. Il piacere di percepire le sensazioni multisensoriali che la nbatura riesce a donare è qualcosa di grande rilievo stilistico. Riuscire attraverso le parole a vivere una passeggiata in campagna insieme a lui è ciò che manifesta la grandezza poetica di quest’autore.