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“Non chiederci la parola”, la poesia di Eugenio Montale sulle incertezze dell’uomo

In questa poesia, Eugenio Montale si rivolge al consueto interlocutore invitandolo a meditare sulla crisi di certezze dell'uomo contemporaneo

L’impossibilità da parte dell’uomo di trovare risposte certe nella vita. Di questo parla “Non chiederci la parola che squadri da ogni lato” la poesia scritta nel 1923 da Eugenio Montale che apre l’omonima sezione nell’opera Ossi di seppia.

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato

Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l’animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l’ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

Le incertezze dell’uomo secondo Eugenio Montale

In questa poesia, Eugenio Montale si rivolge al consueto interlocutore invitandolo a meditare sulla crisi di certezze dell’uomo contemporaneo, che spesso pensa di poter trovare una formula risolutiva (la parola che squadri da ogni lato) o una spiegazione sicura alle sue inquietudini e alle vicende della storia. Celebre rimase il monito finale:

“Codesto solo oggi possiamo dirti, / ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”

In ultima analisi l’unica verità che è data all’uomo è la coscienza dell’impossibilità di avere qualche certezza, ovvero una coscienza in negativo, in un mondo indecifrabile e inconoscibile. Significativa è in tale ottica la scelta dell’autore di utilizzare i verbi al plurale, per sottolineare la condivisione di questa consapevolezza con tutti gli altri uomini.

 

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