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“Nessuno lascia la casa a meno che”, lo struggente inno di Warsan Shire contro l’indifferenza

"Nessuno lascerebbe la casa/ a meno che non sia la casa a spingerti verso il mare": una poesia di Warsan Shire contro l'indifferenza, per ricordare coloro che hanno perso la vita in mare sulle coste di Crotone e tutti i migranti che ogni giorno soffrono in tutto il mondo.

“Nessuno lascia la casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo”.

Quanto dolore, quanta umanità, e quanta verità in questi due versi scritti da Warsan Shire. Oggi più che mai, all’indomani della tragica strage di migranti in Calabria, le parole di Shire risuonano nel vuoto lasciato dalle tante vite stroncate dalla furia del mare, dal gelo dell’inverno e dall’indifferenza dell’uomo, pronto a tutto per i propri interessi.

“Nessuno lascia la casa a meno che” di Warsan Shire

I

Nessuno lascia la casa a meno che
la casa non sia la bocca di uno squalo

scappi al confine solo
quando vedi tutti gli altri scappare
i tuoi vicini corrono più veloci di te
il fiato insanguinato in gola
il ragazzo con cui sei andata a scuola
che ti baciava follemente dietro la fabbrica di lattine
tiene in mano una pistola più grande del suo corpo
lasci la casa solo
quando la casa non ti lascia più stare

Nessuno lascia la casa a meno che la casa non ti cacci
fuoco sotto i piedi
sangue caldo in pancia

qualcosa che non avresti mai pensato di fare
finché la falce non ti ha segnato il collo
di minacce
e anche allora continui a mormorare l’inno nazionale
sotto il respiro/a mezza bocca
solo quando hai strappato il passaporto nei bagni di un aeroporto
singhiozzando a ogni boccone di carta
ti sei resa conto che non saresti più tornata.

devi capire
che nessuno mette i figli su una barca
a meno che l’acqua non sia più sicura della terra

nessuno si brucia i palmi
sotto i treni
sotto le carrozze
nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion
nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse
son siano più di un semplice viaggio

nessuno striscia sotto i reticolati
nessuno vuole essere picchiato
compatito

nessuno sceglie campi di rifugiati
o perquisizioni a nudo che ti lasciano
il corpo dolorante

né la prigione
perché la prigione è più sicura
di una città che brucia
e un secondino
nella notte
è meglio di un camion pieno
di uomini che assomigliano a tuo padre

nessuno ce la può fare
nessuno può sopportarlo
nessuna pelle può essere tanto resistente

II

andatevene a casa neri
rifugiati
sporchi immigrati
richiedenti asilo
che prosciugano il nostro paese
negri con le mani tese
e odori sconosciuti
selvaggi
hanno distrutto il loro paese e ora vogliono
distruggere il nostro

come fate a scrollarvi di dosso
le parole
gli sguardi malevoli

forse perché il colpo è meno forte
di un arto strappato
o le parole sono meno dure
di quattordici uomini tra
le cosce
perché gli insulti sono più facili
da mandare giù
delle macerie
delle ossa
del corpo di tuo figlio
fatto a pezzi.

voglio tornare a casa,
ma casa mia è la bocca di uno squalo
casa mia è la canna di un fucile
e nessuno lascerebbe la casa
a meno che non sia la casa a spingerti verso il mare

a meno che non sia la casa a dirti
di affrettare il passo
lasciarti dietro i vestiti
strisciare nel deserto
attraversare gli oceani

annega
salvati
fai la fame
chiedi l’elemosina
dimentica l’orgoglio
è più importante che tu sopravviva

nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce soffocante
che gli mormora all’orecchio
vattene
scappa lontano adesso
non so più quello che sono
so solo che qualsiasi altro posto
è più sicuro di qua.

Warsan Shire

Warsan Shire è una scrittrice, insegnante e poetessa britannica nata nel 1988 da genitori somali in Kenya. Le sue poesie sono frutto dell’esperienza personale, accorati inni di umanità capaci di emozionare e commuovere i lettori. Nel 2013 è stata insignita del Brunel University African Poetry Prize, selezionata fra oltre 600 artisti. Il componimento che abbiamo letto oggi, “Nessuno lascia la casa a meno che” è diventato il simbolo della lotta per i diritti dei migranti di tutto il mondo.

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