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“Nei Campi” di Giovanni Pascoli, una poesia che celebra i contadini

In occasione del 17 aprile, la Giornata mondiale della lotta contadina" condividiamo "Nei Campi" la poesia di Giovanni Pascoli dedicata a chi coltiva per l'umanità.

Nei Campi di Giovanni Pascoli è una poesia che rende omaggio ai contadini e alla loro lotta giornaliera per garantire il giusto raccolto utile alle loro famiglie e all’intera collettività. 

Il 17 aprile di ogni anno viene celebrata la Giornata internazionale delle lotte contadine, per commemorare il massacro di Eldorado do Carajás del 1996 e onorare la resistenza dei contadini di tutto il mondo che persistono nella loro lotta per la giustizia sociale e la dignità.

Giovanni Pascoli attraverso questa poesia mette in scena la perfetta armonia tra il contadino e la natura che lo circonda, sviluppata attraverso l’attività di lavoro giornaliera e da una tradizione che si tramanda di generazione in generazione. 

Nei campi rappresenta il secondo poema della sezione La Sementa della raccolta Primi Poemetti la cui prima pubblicazione risale al 1897 e l’edizione definitiva al 1904.

Ma leggiamo questo splendido componimento per apprezzare lo stile e la grande sensibilità di Giovanni Pascoli.

Nei Campi di Giovanni Pascoli

I

Il capoccio avea detto: «Odimi, moglie.
Senti le rare tremule tirate
che fanno i grilli? Cadono le foglie;

e tristi i grilli piangono l’estate.
L’altra notte non chiusi occhio, tanto era
quel gridìo! – Seminate! Seminate! –

credei sentire. Poi, sentii ier sera
passar su casa un lungo rombo d’ale:
l’anatre vanno per la notte nera.

C’è sopra il verno. Il primo temporale
cova nell’aria. Sai che, per il grano,
presto è talora, tardi è sempre male.

Domani voglio il mio marrello in mano;
ché chi con l’acqua semina, raccoglie
poi col paniere; e cuoce fare in vano

più che non fare. Incalciniamo, o moglie».

II

E per due giorni consegnava il grano
alle soffici porche. Seminare
volle la costa, seminare il piano.

E per due giorni non uscì da mare
pure una nube; e il garrulo vicino,
«Il tempo è in filo,» gli dicea, «compare!»

Ma egli arava tutto il giorno, chino
sopra le porche. Il terzo dì, cantava
al buio il gallo, prima di mattino.

Ed egli al buio sorse, ed aggiogava
le brune vacche (uscirono mugliando
e rugumando la lor verde bava),

e seminava. Dore al giogo, Nando
era alla coda: Nando, il suo maggiore,
che ammoniva le bestie a quando a quando,

tarde, e la forza pargola di Dore.

III

Forza di Dore, le divincolanti
vacche reggevi; ma tuo padre il grano
pulverulento si gettava avanti.

La sementa spargea con savia mano;
altri via via copriva la sementa.
L’aratro andava, nell’ombrìa, pian piano:

qualche stella vedea l’opera lenta.

Un inno alla saggezza di chi sa ascoltare la natura

Nei Campi di Giovanni Pascoli si focalizza sul momento della semina del grano e la poesia è divisa in 2 momenti in cui il “capoccio”, ovvero il mastro contadino, avverte la moglie che è arrivato il momento di seminare e chiede a lei l’aiuto di “incalcinare”, ovvero di purificare il grano.

L’ascolto della Natura

Ciò che colpisce della prima sezione della poesia è la sensibilità all’ascolto della natura del contadino, dove il canto dei grilli avverte che sta per finire l’estate ed è giunto il momento della semina.

Non solo anche il passaggio notturno delle anitre che avvertono la loro migrazione e l’arrivo del primo temporale. La magia descrittiva di Giovanni Pascoli cin fa immergere nella tradizione contadina, dove la natura e il rispetto della stessa diventava garanzia di un buon raccolto.

Giovanni Pascoli attraverso i versi del contadino sembra volerci invitare tutti a tutelare la natura, la biodiversità, altrimenti verranno meno anche i raccolti.

La semina dei campi

Nella seconda parte di Nei Campi è dedicata alla semina dei campi, un lavoro che vedeva tutta la famiglia insieme e dove giorno e notte l’esperta manovalanza del contadino non smetteva di offrire il proprio contributo per far nascere un nuovo raccolto.

Un momento in cui la fatica si unisce all’amore e all’attenzione per la prole, i figli sono anch’essi impegnati al fianco del padre. “Dore al giogo”, ovvero lo strumento usato come mezzo per attaccare le mucche all’aratro, mentre “Nando stava alla coda” e ammoniva le bestie per spingerle a tirare.

Ed ancora una volta l’ascolto della natura diventa rilevante.

Non è ancora arrivata nessuna nube, ma il contadino avverte la sensazione che il tempo potrebbe mettere pioggia da un omento all’altro.

Anche il rapporto con gli animali utili per tirare l’aratro e fondamentali per la semina fanno parte di un’esperienza immersi, in cui tutti gli elementi si fondono e sono essenziali per il risultato finale.

Un lavoro collettivo che vede insieme tutta la famiglia

Nella terza e ultima parte il padre “capoccio” esalta le virtù della piccola figlia che reggeva l’aratro tirato dalle mucche mentre il padre invece seminava a mano.

Un lavoro che evidentemente coinvolgeva anche altri contadini che si occupavano di coprire le sementì una volta passato l’aratro. E come per incanto, come l’immagine di un film il lavoro volgeva verso il termine che già si faceva sera, annunciata dall’apparire delle prime stelle.

Giovanni Pascoli attraverso questa poesia esalata la saggezza del contadino, probabilmente per evidenziare la somiglianza con il “fanciullino”, dove l’ingenua leggerezza della conoscenza assimilata dal continuo rapporto con la natura rende possibile il vivere.

“Il capoccio” è emanazione di un sapere antico che lo rende esperto nel comprendere il linguaggio che arriva dalla natura. Una saggezza che lo fa diventare autorevole e lo rende la guida naturale della propria famiglia e degli altro contadini che come lui devono garantire l’ennesimo raccolto.

Il nostro omaggio a chi coltiva per l’umanità

Il 17 aprile 1996 una manifestazione pacifica di contadini del Movimento dei senza terra diretta alla città di Bélem, nello stato brasiliano di Pará, venne fermata da uno schieramento della polizia militare. Dopo essersi tolti il tesserino identificativo dalle uniformi, gli agenti iniziarono a sparare.

Vennero uccisi 21 contadini e i feriti furono 69. Come rivelato dalle autopsie, 10 dei 21 uomini furono raggiunti da colpi d’arma da fuoco esplosi da distanza ravvicinata. Gli altri furono eliminati utilizzando i loro stessi attrezzi da lavoro.

Noi simbolicamente abbiamo deciso di celebrare questa giornata con una poesia che mette in evidenza la grande saggezza e il rispetto per la natura dei contadini. Il loro lavoro il cibo necessario per vivere dell’intera umanità.

Quindi, rispetto per tutti i contadini, che garantiscono con i loro sacrifici il futuro di tutti noi. Grazie.

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