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“Natale” (1916), la malinconica poesia di Ungaretti dedicata a chi soffre

“Natale” è una poesia di Giuseppe Ungaretti scritta nel 1916 e successivamente pubblicata nella raccolta “Allegria di naufragi”. Una poesia da dedicare a tutti coloro che, nonostante il periodo di festa, vivono la tragedia della guerra, della malattia e della solitudine.

Natale” è una poesia di Giuseppe Ungaretti che ben interpreta lo stato d’animo di tutti coloro che, malgrado i giorni di festa oramai alle porte, portano dentro di sé e all’esterno i segni della sofferenza.

“Natale” potrebbe essere il manifesto di tutte quelle donne e uomini che in ogni parte del mondo sono costretti a vivere la tragedia e le atrocità della guerra e della violenza. Pensiamo alle persone coinvolte dal conflitto a Gaza e in Ucraina, ma anche a tutte le persone che sono testimoni di guerre vicine e lontane molte volte fuori dall’attenzione dei media.

Natale di Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

La poesia di un giovane in tregua dalla guerra

“Natale” è stata composta il 26 dicembre del 1916, quando l’Italia era entrata in guerra da più di un anno e lo stesso Ungaretti aveva vissuto gli orrori della guerra.

Il poeta si trova a Napoli, in temporanea licenza dal fronte, presso alcuni amici. La dura esperienza bellica ha finalmente un momento di tregua, ma Ungaretti non riesce ad affrontare la normalità della vita di tutti i giorni, perché non riesce a cancellare dalla sua mente le immagini della guerra.

Nonostante il periodo natalizio, Ungaretti non ha voglia di festeggiare, di uscire di casa per “tuffarmi in un gomitolo di strade“: egli invoca la solitudine, vuole restare al caldo di casa, in compagnia delle “quattro capriole di fumo del focolare“. Si sente molto stanco, mentalmente e fisicamente dato il recente passato, e vuole essere lasciato solo “come una cosa posata sull’angolo e dimenticata“.

Lo stato d’animo del poeta è vuoto, senza alcuna voglia di comunicare se non la volontà di restare da solo. Uno stato d’animo esplicitato nella poesia non solo dalle parole e dalle frasi brevi, ma anche attraverso l’assenza della punteggiatura.

Una poesia per dare voce a chi non ce l’ha

La barbarie della guerra è difficile da immaginare per chi non l’ha mai vissuta. Non c’è dubbio che lascia un segno indelebile in chi la vive o l’ha vissuta. La grandezza di “Natale” sta proprio nell’evidenziare il loro stato d’animo, le loro emozioni, i loro sentimenti.

“Natale” dà voce anche a tutti coloro che vivono direttamente o indirettamente un periodo difficile, e che piuttosto che immergersi nell’atmosfera delle feste preferiscono restare soli, chiudersi il casa lontani da luminarie e addobbi natalizi. L’unica loro volontà è quella di rifugiarsi tra le mura domestiche dove “non si sente altro che il caldo buono“, per utilizzare i versi di Ungaretti: l’unico modo per poter trovare la pace perduta.

A Natale è a chi soffre che bisogna volgere l’attenzione e la comprensione. Bisogna saper rispettare il loro stato d’animo, anche quando vorrebbero essere lasciati “come una cosa posata in un angolo e dimenticata“.

La partecipazione alla prima guerra mondiale e l’Allegria

Come tanti giovani del suo tempo, Giuseppe Ungaretti credeva ingenuamente nella guerra e nelle possibilità di una vittoria nazionale e popolare per liberare l’Italia dall’invasore austriaco. Così prese parte alla campagna degli interventisti.

Ungaretti fu chiamato al fronte; in un primo momento sembrava destinato a restare in un ospedale militare, poi, come soldato semplice, fu inviato sul Carso.

La guerra nel Carso fu fonte di grande ispirazione per il poeta, il quale scrive in trincea diverse poesie, prima apparse sulla rivista «Lacerba» nel 1915 e poi pubblicate, nel dicembre 1916, nella raccolta Il porto sepolto: il diario dal fronte.

A queste poesie se ne aggiungono altre, confluite prima nella raccolta Allegria di naufragi del 1919, poi nell’edizione dell’Allegria del 1931 e, con altre varianti, in quella definitiva del 1942.

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