Elsa Morante, scrittrice e poetessa neorealista del Novecento, è stata spesso immortalata con i suoi gatti, tra cui spicca “Minna la siamese”, declinando la passione per i felini in opere poetiche e letterarie. Patrizia Cavalli, amica storica della Morante ricorda che anziché stappare spumante la notte di capodanno, le due “nel periodo degli slogan del “Potere a qualcuno”, con Elsa Morante abbiamo festeggiato il capodanno comprando cinque chili di carne da distribuire ai gatti della Piramide.
Gettando questa carne lei gridava: “Potere ai gatti! Potere ai gatti!”.
La Morante, nelle sue passeggiate notturne per le vie della capitale, nutriva quanti più gatti potesse dicendo: “Posso dire che fino ad oggi, io sono arrivata a conquistare una sola verità assoluta: gli animali sono gli angeli. E fra questi angeli: gli arcangeli, le fate, sono i gatti siamesi.”
Gatti come angeli e gatti siamesi come fatine, per la sua Minna, una micia siamese, ha dedicato un’ode poetica contenuta nella prima raccolta poetica di Morante Alibi, edita nel 1952 per Longanesi.
Minna la siamese, la poesia di Elsa Morante
Ho una bestiola, una gatta: il suo nome è Minna.
Ciò ch’io le metto nel piatto, essa mangia,
e ciò che le metto nella scodella, beve.Sulle ginocchia mi viene, mi guarda, e poi dorme,
tale che mi dimentico d’averla. Ma se poi,
memore, a nome la chiamo, nel sonno un orecchio
le trema: ombrato dal suo nome è il suo sonno.Gioie per dire, e grazie, una chitarretta essa ha:
se la testina le gratto, o il collo, dolce suona.
Se penso a quanto di secoli e cose noi due divide,
spaùro. Per me spaùro: ch’essa di ciò nulla sa.Ma se la vedo con un filo scherzare, se miro
l’iridi sue celesti, l’allegria mi riprende.
I giorni di festa, che gli uomini tutti fan festa,
di lei pietà mi viene, che non distingue i giorni.Perché celebri anch’essa, a pranzo le do un pesciolino;
né la causa essa intende: pur beata lo mangia.
Il cielo, per armarla, unghie le ha dato, e denti:
ma lei, tanto è gentile, sol per gioco li adopra.Pietà mi viene al pensiero che, se pur la uccidessi,
processo io non ne avrei, né inferno, né prigione.
Tanto mi bacia, a volte, che d’esserle cara io m’illudo,
ma so che un’altra padrona, o me, per lei fa uguale.Mi segue, sì da illudermi che tutto io sia per lei,
ma so che la mia morte non potrebbe sfiorarla.
Il significato della poesia
I gatti sono creature del cielo, la cui presenza è portatrice di grazia celeste.
Il cielo, per armarla, unghie le ha dato, e denti:
ma lei, tanto è gentile, sol per gioco li adopra.
Metaforicamente e affettuosamente, la Morante paragone le fusa al suono accordato delle corde pizzicate di una chitarra:
una chitarretta essa ha:
se la testina le gratto, o il collo, dolce suona
Una melodia musicale che tocca l’invisibile, dando voce all’anima in uno slancio all’immaginazione e capace di dare sollievo alle ferite più intime e celate dell’anima.
Mi segue, sì da illudermi che tutto io sia per lei,
ma so che la mia morte non potrebbe sfiorarla.
Un’amicizia e un amore non soggetto a regole predeterminate e imposte dall’alto ma intimamente legate nell’istinto da affetto, rispetto e obbedienza per il temperamento di un sentimento privo di condizionamenti e obblighi. I gatti docili e sensibili, per natura, mantengono un atteggiamento deciso e vigile sulla realtà, anche affettiva.
Elsa Morante, sfuggente e sulla difensiva, è stata una donna ardente, anarchica e popolare dalla felina capacità di riuscire con le proprie capacità ad affermarsi come donna nel panorama letterario del tempo. Temperamento che emerge anche dalle sue scelte come nel caso della dedica di apertura al romanzo della Storia dedicato «All’analfabeta per cui scrivo» uscito, per sua volontà, subito in economica.
La Morante viene pervasa da etica pietà “al pensiero che, se pur la uccidessi, processo io non ne avrei, né inferno, né prigione.”
Ancora oggi viene portata avanti la campagna contro i maltrattamenti sugli animali, che non vanno abbandonati, vivisezionati, allevati massivamente in condizioni degradanti e fatti sadicamente soffrire.
Gatti e letteratura, un binomio vincente
Sin dall’antico Egitto i gatti venivano divinizzati come nel caso della dea Bastet era metà donna e metà felino. I romani invece riservavano alla classe agiata la possibilità di possedere un felino. Nel medioevo assunsero una connotazione eretica legata alle streghe e alla malasorte.
A ribaltare completamente il pregiudizio sui felini sarà Leonardo Da Vinci, definendoli un capolavoro della natura tanto da dedicagli un a serie di disegni.
Da quel momento il gatto ha definitivamente conquistato il cuore di molti artisti, imprimendoli nelle loro opere pittoriche e/o letterarie come Baudelaire, Hemingway, Henri Matisse, Andy Warhol, Picasso, Hermann Hesse, Dalì, Ai Weiwe, Klimt, Bukowski, Torquato Tasso, Francesco Petrarca, Italo Calvino, Adriana Zarri, Luciana Peverelli ed Elsa Morante.
Scopri gli scrittori che amano i gatti, da Baudelaire a Bukowski