Mario Luzi svela il senso del tempo con “L’immensità dell’attimo”

13 Settembre 2025

Scopri “L’immensità dell’attimo” di Mario Luzi, una poesia che intreccia ermetismo e riflessione sull’esistenza, tra tempo, natura ed eterno.

Mario Luzi svela il senso del tempo con “L’immensità dell’attimo”

Nella sua prima raccolta, “La barca” (1935), la voce di un giovane Mario Luzi già rivela quella che sarà la sua costante poetica: interrogare la vita nel suo rapporto con l’eterno, cercare un senso laddove domina il silenzio e illuminare la realtà con l’intensità di uno sguardo visionario.

In questo periodo, quando ancora può dirsi parte della stagione ermetica, scrive “L’immensità dell’attimo” — che è parte della raccolta —: una poesia che concentra in pochi versi la tensione verso l’assoluto e l’impossibilità di definire compiutamente il senso dell’esistenza.

Tra osservazione della natura e meditazione, il tempo si ferma e gli esseri viventi tacciono.

Nell’istante sospeso, emerge la verità profonda, indelebile, che l’uomo può soltanto percepire ciò che lo circonda ed è e ciò che ancora non è…

“L’immensità dell’attimo” di Mario Luzi

Quando tra estreme ombre profonda
in aperti paesi l’estate
rapisce il canto agli armenti
e la memoria dei pastori e ovunque tace
la segreta alacrità delle specie,
i nascituri avvallano
nella dolce volontà delle madri
e preme i rami dei colli e le pianure
aride il progressivo esser dei frutti.
Sulla terra accadono senza luogo,
senza perché le indelebili
verità, in quel soffio ove affondan
leggere il peso le fronde
le navi inclinano il fianco
e l’ansia de naviganti a strane coste,
il suono d’ogni voce
perde sé nel suo grembo, al mare al vento.

La lirica è costruita come una riflessione sull’attimo sospeso, sull’esperienza di un tempo che non è più soltanto cronologico ma diventa tempo interiore, quasi cosmico. L’estate, invece di portare vitalità, “rapisce il canto agli armenti / e la memoria dei pastori” (V. 3/4): la vita ordinaria si interrompe, gli animali tacciono, i pastori dimenticano.

È come se la stagione somma del ciclo naturale conducesse a un silenzio che prepara a una rivelazione. In questo silenzio emergono “le indelebili verità” (V. 11/12), accadimenti che non hanno un luogo né un perché. Luzi indica che la realtà ultima non è spiegabile con la logica: la verità si manifesta senza necessità e senza causa, come puro evento.

L’umano e l’immensità

Questa poesia così bella e luminosa parla di una condizione tipicamente umana: la percezione che la vita sia attraversata da momenti di rivelazione improvvisa, in cui si sente il peso e al tempo stesso la leggerezza del mistero.

È l’“immensità dell’attimo”: un frammento di tempo che diventa assoluto, perché in esso si affaccia l’eternità. È come quando si rimane fermi a contemplare l’orizzonte in spiaggia o le nubi nel cielo, quell’attimo in cima alla montagna in cui l’aria è rarefatta e l’erba umida al tatto. La natura che parla in un attimo, l’immensità dell’universo che ci circonda, la sensazione di essere solo un piccolo granello di sabbia in una clessidra.

E Luzi lo descrive proprio con questo tipo di metafore, valicando l’astrazione: immagini naturali — i frutti che maturano, le fronde che si piegano, le navi che inclinano —, che danno concretezza a un’esperienza che riguarda il senso ultimo dell’essere.

Versi principali

“la segreta alacrità delle specie”

Sotto questo silenzio (segreto) continua il mistero incessante della generazione, della vita che si rinnova in modo invisibile ma costante.

“Sulla terra accadono senza luogo, / senza perché le indelebili verità”

La parte filosofica della poesia è in questi versi. Basta comprenderla per raggiungerne la chiave e decodificare le immagini scelte da Luzi. Le verità dell’essere non hanno spiegazione, sono rivelazioni che non si possono cancellare o spiegare, ed è per questo che l’essere umano rimane muto dinnanzi all’immensità.

“le navi inclinano il fianco / e l’ansia de naviganti a strane coste”

Immagine simbolica dell’uomo sospinto verso l’ignoto: il viaggio è la vita stessa, con la sua tensione verso terre misteriose.

“il suono d’ogni voce / perde sé nel suo grembo, al mare al vento”

La parola umana si annulla nella vastità cosmica, dissolvendosi come eco nel vento e nel mare.

Luzi e la sua vita

Mario Luzi nasce a Firenze nel 1914 e attraversa un secolo segnato da guerre, dittature e crisi esistenziali. Quando pubblica “La barca”, ha appena ventun anni ed è immerso nel clima dell’ermetismo fiorentino.

Tuttavia, la sua poesia non rimane chiusa nell’autoreferenzialità simbolica tipica del movimento: fin da subito cerca un rapporto con il mondo, con la realtà concreta e insieme con la dimensione spirituale.

La riflessione dell’“attimo immenso” può essere letta anche alla luce della giovinezza del poeta: Luzi sente l’urgenza di dare un senso a un’esistenza che, tra guerre imminenti e precarietà sociale, appare fragile e sospesa. Non è un caso che la critica sottolinei come nei suoi testi di esordio si percepisca già il tentativo di andare oltre i limiti dell’ermetismo, verso una poesia che sia testimonianza di un “vuoto profondo” ma anche di una ricerca incessante di senso.

Dopo “La barca”, Luzi si afferma come una delle voci centrali della poesia italiana del Novecento. Insegna letteratura francese, traduce autori come Racine e Mallarmé, si avvicina progressivamente a una poesia sempre più aperta al dialogo con la storia e con la fede. Negli anni maturi diventerà il poeta della speranza, capace di far dialogare il mistero con la vita quotidiana, fino a ricevere la nomina a senatore a vita nel 2004.

Nella sua lunga carriera, Luzi non smetterà mai di interrogare il tempo, l’attimo, la verità ultima. Ciò che qui è espresso in forma giovanile e quasi ermetica — l’“immensità dell’attimo” — diventerà nei decenni successivi un tema costante della sua poesia, declinato con sempre maggiore chiarezza e trasparenza.

Riflettere sull’attimo

Leggere “L’immensità nell’attimo” è un piccolo gesto che dà voce alla poetica di un genio del Novecento, un giovane poeta che ha cercato di sondare l’immensità attraverso le possibilità umane. È anche un modo per fermarsi a riflettere su quanto vasto sia lo spazio che occupiamo, quanto ci sia davvero necessario e quanto, invece, ci ostiniamo a desiderare.

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