Gitanjali 27, anche titolata Luce, oh dov’è la luce?, di Rabindranath Tagore è una poesia che evidenzia quanto l’amore sia importante per la vita e per conquistare la felicità. Non bisogna mai lasciarsi prendere dalla disperazione, perché grazie all’amore che si ha dentro è possibile superare i momenti bui e illuminare le tenebre dell’esistenza.
In occasione del Natale questa poesia di Tagore ci sembra ideale per poter dare senso al vero significato della natività e del pensiero che Gesù e il Cristianesimo vero indicano come vera dottrina. La vita è amore e va affrontata con il massimo amore possibile. I problemi e le difficoltà possono solo renderci più forti se si crede nell’amore assoluto, quello vero.
Luce, oh dov’è la luce? fa parte della raccolta di poesie in prosa Gitanjali del poeta bengalese Rabindranath Tagore pubblicata per la prima volta nel 1910. Grazie alla traduzione in lingua inglese Song Offerings (Offerta di canti) da lui stesso redatta, Tagore ricevette nel 1913 il Premio Nobel per la letteratura, divenendo il primo non europeo, il primo asiatico e l’unico bengalese a ricevere questo riconoscimento.
Leggiamo questa stupenda poesia di Rabindranath Tagore per apprezzarne l’immenso significato.
Gitanjali 27 – Luce, oh dov’è la luce? di Rabindranath Tagore
Luce, oh dov’è la luce? Accendila con il fuoco ardente del desiderio!
C’è la lampada ma non c’è mai un guizzo di fiamma: è questo il tuo
destino, cuore mio? Ah, la morte sarebbe di gran lunga migliore per te!
L’infelicità bussa alla tua porta, e il suo messaggio è che il tuo signore è
sveglio e ti chiama alla prova d’amore attraverso le tenebre della notte.Il cielo è coperto di nuvole e la pioggia è incessante. Io
non so cosa sia ciò che si agita in me, non ne conosco il significato.
Il lampo di un attimo trascina un’oscurità più profonda sulla mia vista.
e il mio cuore cerca la strada per raggiungere il luogo in cui la musica della
notte mi chiama.Luce, oh dov’è la luce! Accendila con il fuoco ardente del
desiderio! Tuona e il vento si precipita urlando attraverso il
vuoto. La notte è scura come una pietra nera. Non lasciare che le ore
passino al buio. Accendi la lampada dell’amore con la tua vita.
Gitanjali 27 – Light, oh where is the light?, Rabindranath Tagore
Light, oh where is the light? Kindle it with the burning fire ofdesire!
There is the lamp but never a flicker of a flame—is such thy
fate, my heart? Ah, death were better by far for thee!
Misery knocks at thy door, and her message is that thy lord is
wakeful, and he calls thee to the love-tryst through the darkness
of night.The sky is overcast with clouds and the rain is ceaseless. I
know not what this is that stirs in me—I know not its meaning.
A moment’s flash of lightning drags down a deeper gloom on my
sight, and my heart gropes for the path to where the music of the
night calls me.Light, oh where is the light! Kindle it with the burning fire of
desire! It thunders and the wind rushes screaming through the
void. The night is black as a black stone. Let not the hours
pass by in the dark. Kindle the lamp of love with thy life.
Solo l’amore vero può condurre alla felicità
Luce, oh dov’è la luce? è una poesia di Rabindranath Tagore che mette a nudo una verità essenziale: la vita trova senso solo attraverso l’amore. Non come sentimento astratto, ma come forza vitale capace di attraversare l’oscurità e di restituire direzione all’esistenza. Per Tagore, la felicità non è una conquista esterna, ma il risultato di una scelta interiore: accendere la luce dell’anima anche quando tutto intorno sembra spegnersi.
L’essere umano è inevitabilmente esposto a difficoltà, fratture, momenti di smarrimento. La poesia suggerisce che proprio in questi passaggi critici l’amore diventa l’unica energia in grado di scaldare, sostenere e dare continuità alla vita. Non come evasione dal dolore, ma come risposta consapevole alle sue prove.
Luce, oh dov’è la luce? guida il lettore in una ricerca che è insieme spirituale ed esistenziale. In un mondo avvolto dalle tenebre, Tagore non propone scorciatoie, ma invita a riattivare il desiderio, a trasformarlo in fiamma, a renderlo principio attivo dell’agire umano.
L’amore che illumina l’oscurità
Fin dal primo verso, la richiesta di “luce” coincide con il bisogno di significato. L’oratore non cerca una salvezza esterna, ma una forza interiore capace di orientare la propria vita. La lampada esiste, ma resta spenta: l’essere umano possiede già ciò che gli serve, eppure manca il coraggio di accenderlo.
Tagore suggerisce che ogni individuo si trova nella condizione di poter reagire alle intemperie dell’esistenza. Il dolore, le prove, i momenti di crisi non sono meri incidenti, ma passaggi che chiedono una risposta profonda. È qui che compare la “prova d’amore”: solo attraversando il sacrificio e l’esposizione alla fragilità si può accedere a una consapevolezza più alta di sé.
Il buio come forza che risveglia
Nella seconda strofa, la natura diventa specchio dell’anima. Il cielo coperto, la pioggia incessante, il lampo che acceca e subito riporta un’oscurità più profonda raccontano lo stato interiore di chi attraversa un periodo di smarrimento. Il buio non è statico, ma dinamico: scuote, trascina, mette alla prova.
Eppure, proprio questa dimensione tragica diventa motore di reazione. L’anima, messa alle strette, inizia a cercare una via d’uscita. Il buio, in Tagore, non è mai fine a se stesso: è il luogo in cui matura il desiderio di luce, il punto di svolta in cui la passività si trasforma in scelta.
Accendere la lampada dell’amore
Nell’ultima strofa, la domanda iniziale trova finalmente una risposta. La luce non arriva dall’esterno, non viene concessa come premio, ma nasce da un atto radicale: accendere la lampada dell’amore con la propria vita. È qui che la poesia rivela il suo nucleo più profondo.
L’amore diventa l’unica soluzione possibile, non perché annulli il dolore, ma perché lo rende attraversabile. È una grazia che chiede partecipazione, responsabilità, fedeltà a sé stessi. Non esistono alternative: la vita mette continuamente alla prova, e solo credendo nell’amore, amare, amarsi, restare aperti, si può affrontare l’angoscia senza soccombere.
Rabindranath Tagore affida al lettore una verità limpida e impegnativa. La felicità e il benessere interiore non nascono dall’assenza del buio, ma dalla capacità di illuminarlo con l’amore.
L’amore come scelta che salva l’umano
Nel tempo presente, segnato da un’inquietudine diffusa e da una costante esposizione al rumore, Luce, oh dov’è la luce? continua a parlare con una lucidità sorprendente. La poesia di Rabindranath Tagore non promette salvezze facili né scorciatoie emotive. Indica, piuttosto, una responsabilità profonda: scegliere l’amore quando il buio sembra più convincente della speranza.
La luce, in Tagore, non coincide con l’ottimismo né con la rimozione del dolore. È una forma di fedeltà all’umano, una decisione quotidiana di non chiudersi, di non lasciare che la sofferenza trasformi il cuore in una terra sterile. Accendere la lampada dell’amore significa restare presenti alla vita anche quando essa si mostra fragile, contraddittoria, faticosa.
In questo senso, la poesia offre una lezione decisiva per l’uomo contemporaneo: il buio non è un errore da correggere, ma una soglia da attraversare. E ciò che permette il passaggio non è la forza, né il controllo, ma la capacità di amare senza garanzie, di custodire il desiderio anche quando sembra inutile.
Rabindranath Tagore ci ricorda che la felicità non nasce dall’eliminazione delle tenebre, ma dalla trasformazione del loro significato. L’amore non cancella l’ombra, la rende abitabile. È questa la sua forma più alta: non una promessa astratta, ma una pratica di luce che restituisce dignità all’esistenza.
Alla fine, Luce, oh dov’è la luce? lascia al lettore un compito essenziale e irrevocabile: non attendere che la luce arrivi, ma diventare responsabili della sua accensione. Perché solo l’amore, quando viene vissuto come scelta e non come attesa, può condurre davvero alla felicità.
