Nella poesia che stiamo per leggere, “L’oggi svanisce”, si intrecciano il tema del passare del tempo e dell’intensità della vita. Il componimento, nato dalla penna di Pablo Neruda, è un tripudio di immagini, che si ispirano alla potenza della natura.
“L’oggi svanisce” di Pablo Neruda
L’oggi svanisce. È stato un involucro
di fredda luce volta al suo recinto,
alla madre sua cupa, per rinascere.
Lo lascio ora avvolto al suo lignaggio.
È vero, giorno, che anch’io ho partecipato della luce?
Tempo, son anch’io parte delle tue cateratte?
O mie sabbie, o mie solitudini!Se è vero che ci andiamo,
ci andammo consumando
in piena salsedine
e a colpi di fulmine.
La mia ragione visse alle intemperie,
donai al mare il mio cuore calcareo.
Il significato di questa poesia
Dove leggere “L’oggi svanisce”
Si comprende leggendo il componimento sin dalla prima volta: “L’oggi svanisce” fa parte della produzione più matura di Pablo Neruda. La poesia, infatti, mette al centro della scena la riflessione sul tempo che passa, sulla vita e sul ruolo che noi acquisiamo all’interno del mondo che ci ospita.
I versi sono stati composti nel 1969 e fanno parte di un’opera scritta di getto nella notte fra il 5 e il 6 luglio: si intitola “Un giorno ancora”, un poemetto con cui il prolifico autore cileno ha voluto imprimere su carta la sua “presenza nel mondo”, il suo “esserci”. Abbiamo letto “L’oggi svanisce” in una traduzione curata da Valerio Nardoni.
Essere al mondo
Breve e intensa. Così potremmo subito definire una poesia in cui le immagini prendono vita: l’oggi, il tempo presente che prende vita sotto forma di sottile e passeggero involucro di luce, pronto a dissolversi e a rinascere, in un eterno contrasto fra luce e tenebre; il tempo che, con le sue cataratte, travolge e obnubila inducendo al dubbio; il mare e la sua salsedine, il fulmine che si consuma come un fiammifero… tutte immagini che scorrono dinanzi agli occhi repentine, che riverberano di una luce rapida e folgorante destinata a spegnersi in fretta.
È il tempo che passa, la vita che scorre. La sua intensità, però, rimane. E ci si chiede quale ruolo sia stato affidato al singolo, che si sbraccia per sopravvivere alla corrente. Nonostante i dubbi, la fragilità e le paure, o forse proprio per questo, la vita è un dono inestimabile.
E Pablo Neruda ce lo ricorda, mostrandoci la bellezza ineffabile dell’essere al mondo, dell’esserci, creature che abitano con coscienza un mondo che non sarebbe lo stesso senza di noi.
Pablo Neruda
Ricardo Eliécer Neftalí Reyes Basoalto, meglio noto con lo pseudonimo Pablo Neruda, nasce in Cile nel 1904 da un’umile famiglia, che cerca di garantirgli una vita serena e felice nonostante le difficoltà economiche. Pablo va a scuola e si iscrive persino all’università ma, alla fine, non riesce a portare a termine gli studi, così decide di arruolarsi nel corpo diplomatico cileno.
Così, il giovane viaggia molto, poiché presta servizio in diversi paesi negli Stati Uniti, in Europa e in Asia. Appassionato di lettere e scrittura, Pablo in Spagna fa la conoscenza di García Lorca e di Alberti, che diventano quasi una fonte di ispirazione per l’uomo, che si avvicina alla poesia modernista.
Allo scoppio della guerra civile, Neruda prende una netta posizione contro Franco, e si colloca sempre di più fra quegli intellettuali impegnati che guardano con favore al socialismo. Perciò, rientrato in Cile, aderisce al Partito Comunista Cileno e si impegna politicamente. Sono questi gli anni in cui Neruda, infatti, viene eletto senatore.
Quando la situazione politica cambia in Cile, e gli esponenti del Partito Comunista vengono esiliati, Pablo Neruda è costretto a lasciare nuovamente il suo paese per poi rientrarvi, grazie ad un’amnistia, nel 1952.
Nel frattempo, la sua produzione poetica diventa sempre più amata e celebrata, tanto che nel 1971 viene insignito del Nobel per la Letteratura. Pablo Neruda, che viene riabilitato politicamente con l’elezione del presidente Allende, muore in Cile nel 1973.