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“Lo sai: debbo riperderti e non posso” (1934) di Eugenio Montale, potente poesia sulla scelta in amore

Cosa si prova quando si perde la donna amata? Scoprilo con "Lo sai: debbo riperderti e non posso", la poesia di Eugenio Montale.

Lo sai: debbo riperderti e non posso di Eugenio Montale è una poesia sulla voglia di poter vivere liberamente il proprio amore e sulle grandi contraddizioni che provoca nell’animo la donna desiderata.

La poesia è ispirata alla paura della perdita di Clizia, pseudonimo che il poeta utilizzava per Irma Brandeis, una delle figure femminili più presenti nella poetica montaliana, a cui Eugenio Montale dedicò diversi “Mottetti”. Clizia  è la Musa di Montale e in questa poesia diventa il simbolo sofferto per la propria rinascita, il fluido magico per accendere la luce ed eliminare il buio che offuscava la vita del poeta.

Ma, allo stesso tempo è “l’inferno” di una relazione che si sovrappone a quella con Drusilla Tanzi Marangoni, a cui Montale diede il soprannome di Mosca, per gli occhiali spessi che portava, la cui storia d’amore inizia nel 1927, diventando presto una figura importante per il poeta genovese. La loro relazione durò fino alla morte di lei avvenuta il 20 ottobre del 1963.

Lo sai: debbo riperderti e non posso fu scritta nel 1934 e fu pubblicata per la prima volta sulla Gazzetta del popolo il 5 dicembre dello stesso anno. Diventò poi la prima poesia dei Mottetti, la seconda sezione della raccolta di poesie Le Occasioni di Eugenio Montale pubblica a Torino da Einaudi nel 1939.

Leggiamo questa poesia d’amore di Eugenio Montale per vivere le emozioni del poeta e comprenderne il significato.

Lo sai: debbo riperderti e non posso di Eugenio Montale

Lo sai: debbo riperderti e non posso.
Come un tiro aggiustato mi sommuove
ogni opera, ogni grido e anche lo spiro
salino che straripa
dai moli e fa l’oscura primavera
di Sottoripa.

Paese di ferrame e alberature
a selva nella polvere del vespro.
Un ronzìo lungo viene dall’aperto,
strazia com’unghia ai vetri. Cerco il segno
smarrito, il pegno solo ch’ebbi in grazia
da te.
E l’inferno è certo.

Qualsiasi scelta farà per Eugenio Montale sarà l’inferno

Lo sai: debbo riperderti e non posso è una poesia di Eugenio Montale la cui interpretazione apre ad uno scenario in cui le protagoniste sono ben due donne, che non vengono mai citate, con cui il poeta vive una relazione e che per certi versi sono fondamentali per la sua vita.

Il contesto della poesia legato a due donne 

La prima è  Drusilla Tanzi, sposata dal 1910 con il critico d’arte Matteo Marangoni, da cui ebbe il figlio Andrea. Lei era una scrittrice, era amica e appassionata di Italo Svevo, faceva parte del gruppo Solaria di Firenze.

Eugenio e Drusilla si incontrarono per la prima volta nel 1927 a Firenze e tra loro nasce una relazione che durerà per sempre, sebbene Montale era abbastanza sensibile alle altre donne. Naturalmente, Drusilla lascio il marito per stare al fianco del poeta e prendersi cura di lui.

Per Eugenio Montale, Drusilla, che era più grande di ben 11 anni rispetto al poeta genovese, è stata il punto di riferimento della sua esistenza. La spalla dove potersi poggiare e l’anima che lo ha guidato fin quando è stata in vita.

L’arrivo di Clizia nella vita del poeta

Il poeta, però il 15 luglio del 1933, un anno prima della realizzazione di Lo sai: debbo riperderti e non posso, incontra Irma Brandeis, una giovane donna americana che è anche una sua fan, la quale arriva a Firenze per studio e per piacere.

Irma vuole a tutti i costi incontrare Montale e già al primo incontro, il poeta genovese che insegnava in quel periodo a Firenze, perde letteralmente la testa per Irma.

Tra i due inizia una relazione difficile, tormentata, ma, allo stesso tempo ricca di emozioni infinite. Una relazione fisica ed epistolare che durò dal 1933 al 1939.

Irma Brandeis viene idealizzata da Montale in Clizia, assume contemporaneamente i tratti di una donna reale e quelli della donna salvatrice e angelicata, che, richiamando alla memoria la tradizione stilnovista di Dante e Petrarca.

Diventa per il poeta il salvagente dove aggrapparsi per sopravvivere al grave disagio esistenziale che purtroppo vive. Clizia è la salvezza che lo distoglie, almeno in parte, dallo stato di abbandono, dalla profonda solitudine che avverte nella sua esistenza.

E il convivere questa doppia relazione non può che scatenare effetti devastanti per i tre protagonisti. Passano gli anni e nel 1938, a causa delle leggi razziali, Irma torna definitivamente negli Stati Uniti.

Il poeta vorrebbe raggiungerla, ma Drusilla tenta il suicidio ben due volte. Nel 1939 finisce anche il rapporto epistolare tra Montale e Clizia.

Montale nei Mottetti non vuole perdere nessuna delle sue Muse

Da questo contesto nasce Lo sai: debbo riperderti e non posso. Ben due donne fanno parte della sua vita e lui fa difficoltà a prendere la decisione di andare definitivamente con l’una e con l’altra.

La poesia inizia infatti con il verso da cui prende il titolo, “Lo sai: debbo riperderti e non posso”. L’io lirico di Eugenio Montale si rivolge all’amata, che molto probabilmente il poeta fonde in questa donna idealizzata che comprende Clizia e in parte anche Mosca (Drusilla).

Il poeta genovese esprime tutto il proprio dolore per la sua donna. È già avvenuto che sei sono separati e questa volta vorrebbe a tutti i costi evitare che ciò possa accadere. È come se continuasse un discorso iniziato prima o che era stato troncato. Lui non si può permettere in nessun modo di riperdere la sua donna.

Sta camminando nella sua Genova e tutto ciò che lo circonda lo colpisce scuotendolo. La sua città nella poesia diventa un incubo. L’addio di lei risuona ancora più forte perché lo esclude e lo disarma. Lo rende debole, inerte. È come se fosse imprigionato in una gabbia, incapace di reagire a quella separazione.

Qualsiasi scelta farà Montale perderà una delle sue donne e inevitabilmente la sua vita, o meglio una parte, vivrà inevitabilmente “l’oscura primavera”.

L’immagine che si percepisce nella seconda strofa della poesia è quella del porto di Genova. Un’immagine che non può che coincidere con la decadenza che qualsiasi contesto “industriale portuale” può lasciare allo sguardo dello spettatore.

Quella decadenza coincide con l’esistenza del poeta. Malgrado, l’intensa operatività, tutto appare come degradato, disordinato, sgradevole alla vista e ai sensi.

E come per incanto, come accade quando ci si muove in contesti simili, un suono fastidioso, “un ronzìo lungo” (che se ci pensiamo potrebbe essere associato al fastidio della “mosca”) si avverte graffiante all’udito, come quando con le unghia si crea strisciando i vetri si crea quel suono terribile all’ascolto (qui il correlativo oggettivo prende forma).

Quel suono assurdo coincide con il fastidio interiore che il poeta avverte. Può essere associato alle parole “graffianti” della “donna immaginata” che gli rendono evidente che sta per avvenire la separazione, il distacco.

Parole che suonano così intensamente da perforare l’anima del poeta devastandolo. Cosa tocca fare, qual è la soluzione, la scelta giusta.

In questo fastidioso caos in cui il poeta si ritrova, cerca di ritrovare la forza di reagire, di poter ritrovare la via per tornare indietro. Due donne, due amori. Ognuna è importante per lui, non può farne a meno. La giovane americana l’ha stordito, lo fa sentire vivo, come può farne a meno.

Allo stesso tempo, sovviene il “senso di colpa” di mollare la sua Mosca. Il timore di affrontare la vita senza la sua “guida” e allo stesso tempo le minacce di lei che è disposta a fare qualsiasi cosa per lui, anche rinunciare alla vita. Ricordiamo che Drusilla, tenta il suicidio ben due volte a causa di questa tormentata relazione.

E allora cosa fa Montale? Poeticamente fonde Clizia con Mosca in un’unica figura femminile, che si trasforma nella vera donna salvifica per lui. La donna assoluta, quella che può completarlo in tutto. La donna che gli garantisce di poter sopravvivere alla vita e godere degli attimi di gioia.

Irama Brandeis gli offre il massimo della passione, Drusilla Tanzi gli dona stabilità e certezza. Dalla sintesi delle due donne il poeta trova la via per uscire fuori dal sofferto buio interiore che porta dentro di sé.

Questo dilemma, questa ricerca, qualsiasi scelta farà per una o l’altra donna, “l’inferno è certo”. Non c’è via di scampo. Il segno del distacco da una delle due porterà guai alla sua anima. Ma non può rinunciare a vivere queste relazioni. Di certo, in quel periodo è totalmente coinvolto dalla passione per Irma Brandeis. Ma Drusilla rimane presente nel suo esistere.

In Eugenio Montale è chiaro lo spirito di appartenenza al femminile che lo accompagna. Non sa rinunciarci, per lui è l’essenza della sua stessa vita. Nella femminilità trova sostegno alla continua sofferenza che si porta dentro. Ma, allo stesso tempo sa che per poter sopravvivere alla mancanza, deve affrontare l’inferno di un menage che non promette niente di buono.

Forse le vere “donne amate” sono la Poesia e la sua Genova

Ribadiamo che anche la sua città natale, Genova, offre senso al contesto poetico di Lo sai: debbo riperderti e non posso, per certi versi anche lei è la sua creatura che porta nel cuore e che malgrado i fastidi che gli provoca diventa non facile rinunciarvi.

Genova diventa anch’essa protagonista del mottetto, e se dobbiamo individuare la terza Musa di Eugenio Montale è la poesia come opera che permette al poeta di poter vivere e condividere se stesso.

È i poemi che lui crea, la sua poetica, l’amante che non può perdere e che deve a tutti i costi non perdere. La sua poesia è il suo inferno, la sua dannazione e allo stesso tempo l’amore più grande.

Il fatto che la poesia vede la sua ambientazione a Genova, non è un caso. Genova è la linfa vera della sua poesia, la città che gli stimola le emozioni più intime. La “donna” che ama, ma che lo rende dannato. E nella sua città che è nato il suo essere poetico, e come tale vive le contraddizioni di un amore antico e allo stesso tempo sofferto.

La sua poesia, la sua Genova, sono come Clizia e allo stesso tempo come Mosca. Non può rinunciare a nessuna di loro.

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