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L’eternità (1872) di Arthur Rimbaud, poesia sul potere e la dannazione dell’amore

Scopri il vero senso dell'"Eternità" grazie ai meravigliosi versi di Arthur Rimbaud, che mette in poesia tutta la magia dell'amore e della dannazione per Paul Verlaine.

L’eternità di Arthur Rimbaud è una poesia che cerca di offrire una via d’uscita al tormento interiore che colpisce chi ha scelto di affrontare una vita tumultuosa e si ritrova per un attimo a celebrare il vuoto come unica via d’uscita per sopravvivere al senso di distruzione che molte anime umane vivono.

La poesia fu scritta nel maggio del 1872 in uno dei momenti più tumultuosi della vita di Rimbaud, L’éternité, il titolo originale della poesia in francese, è una delle liriche più celebri e misteriose del poeta. Ha solo 18 anni, eppure è già passato per esperienze estreme, la relazione effervescente con Paul Verlaine, gli eccessi.

Per contestualizzare proprio il 2 marzo del 1872  il giovane Rimbaud aggredì il fotografo Étienne Carjat con un bastone munito di lama, per fortuna senza procurargli ferite. Il gesto gli procurò l’esclusione dal Circolo degli Zutistes e il poeta lasciò Parigi prima di tornarci nel maggio dello stesso anno, guarda caso nel periodo in cui scrive proprio la poesia. Parigi per il poeta diventa insopportabile, ma con Paul Verlaine decidono di fuggire via insieme forse proprio per vivere la loro “eternità”.

L’eternità è la dodicesima della raccolta Derniers vers (anche conosciuta come Vers nouveaux). È la terza di quattro poesie raggruppate sotto il titolo Fêtes de la patience. La pazienza, il cui tempo è dato dalla lunghezza dei versi, brevi, è semplicemente quella di Rimbaud “l’azzurro” che si ritira delicatamente dalla casa di Paul Verlaine, come scrive nella poesia precedente, per permettere a lui, “l’onda“, il cangiante, di decidere tra sé e Mathilde. Rimbaud ci riuscì, perché il mese successivo Verlaine lasciò Mathilde per quella che sarebbe diventata “Una stagione all’inferno”.

Leggiamo questa visionaria poesia di Arthur Rimbaud per carpirne il significato.

L’eternità di Arthur Rimbaud

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Anima sentinella,
Mormoriamo l’assenso
Della notte di nulla
E del giorno di fuoco.

Dai suffragi umani,
Dai comuni slanci,
Tu là ti liberi
E voli a seconda.

Poi che da voi sole,
Braci di raso,
Esala il Dovere,
Senza un: finalmente.

Là niente speranza,
Non c’è un orietur.
Scienza con pazienza,
Il supplizio è certo.

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Maggio 1872

L’Eternité, Arthur Rimbaud

Elle est retrouvée.
Quoi ? – L’Eternité.
C’est la mer allée
Avec le soleil.

Ame sentinelle,
Murmurons l’aveu
De la nuit si nulle
Et du jour en feu.

Des humains suffrages,
Des communs élans
Là tu te dégages
Et voles selon.

Puisque de vous seules,
Braises de satin,
Le Devoir s’exhale
Sans qu’on dise : enfin.

Là pas d’espérance,
Nul orietur.
Science avec patience,
Le supplice est sûr.

Elle est retrouvée.
Quoi ? – L’Eternité.
C’est la mer allée
Avec le soleil.

Rimbaud, Verlaine e L’Éternité: la poesia che brucia d’amore e dannazione

L’eternità è una poesia di Arthur Rimbaud che è molto più di una riflessione filosofica sul tempo: è la cristallizzazione poetica di un amore impossibile, che nella sua stessa distruzione diventa assoluto. In Rimbaud, l’eterno non è il paradiso, ma un abbaglio che acceca, un desiderio che non si placa mai.

E in quella luce che se ne va col mare, forse c’è il volto di Verlaine, e con lui, la fine dell’innocenza, dell’amore e della poesia stessa.

Quando l’amore impossibile diventa un lampo poetico

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

Così si apre L’Éternité, una delle poesie più enigmatiche e fulminanti di Arthur Rimbaud. La poesia è una vera rivelazione circolare e visionaria: in poche strofe, il poeta diciottenne definisce l’Eternità come un’unione perfetta, e già perduta,  tra sole e mare. Un’immagine luminosa e struggente, che sembra parlare tanto di un’assolutezza spirituale quanto di un amore bruciante. Un amore che ha un nome: Paul Verlaine.

Una rivelazione improvvisa: l’Eternità è stata ritrovata, come fosse stata perduta. Ma cos’è? L’immagine è paradossale: il mare che scompare con il sole, cioè l’unione tra due simboli di vastità e ciclicità. Eternità come unione perfetta, ma anche scomparsa, dissoluzione. È un momento che non si afferra, un attimo cosmico che contiene il tutto e il vuoto assoluto.

Verlaine tra la notte e il fuoco

Anima sentinella,
Mormoriamo l’assenso
Della notte di nulla
E del giorno di fuoco.

Rimbaud si rivolge a sé stesso, o a una parte interiore – un doppio spirituale e vigile. La “sentinella” è la coscienza in stato di allerta, il poeta veggente che osserva il mondo (e sé stesso) senza mai dormire davvero. È la sua anima in stato d’emergenza, in perenne guardia sull’abisso della vita.

Non si grida, non si proclama: ci si lascia trasportare dal mormorio dell’assenzio. È un’adesione silenziosa, rassegnata, mistica. Rimbaud invita a non opporsi più, ma a sussurrare un sì all’inevitabile.

La “notte di nulla” è il vuoto, l’annullamento, l’assenza totale di senso, speranza, luce. È il nichilismo assoluto, ma anche una pace immobile, anestetica. È la discesa nell’abisso, l’alienazione, il rifiuto sociale, l’assenza di scopo.

Il “giorno di fuoco” è l’opposto: è il tempo della passione, dell’estasi, del tormento. È la luce bruciante dell’amore, del desiderio, della poesia stessa. Ma è anche la distruzione e  il fuoco che consuma l’anima e il fisico.

Accettare entrambi significa accettare la dualità irriducibile dell’esistenza: non scegliere tra luce e buio, ma abbracciare entrambi, senza illusioni.

La liberazione dai legami terreni

Dai suffragi umani,
Dai comuni slanci,
Tu là ti liberi
E voli a seconda.

In questa strofa Rimbaud celebra la propria liberazione da tutto ciò che lo circonda, il poeta si sottrae al giudizio comune, al peso delle emozioni condivise e imposte. Rimbaud li rifiuta “i comuni slanci” perché per lui la verità vive nell’esperienza radicale e individuale.

Il “tu” è ancora l’anima sentinella, o il sé poetico, che finalmente si emancipa. Dove? “Là”, ovvero nel punto in cui si è lasciato alle spalle il mondo umano, il tempo lineare, le illusioni collettive. È un gesto simbolico: Rimbaud rompe con la morale, con la società, con i sentimenti codificati.

La libertà è un “volo”, non un’ascesa imposta, ma un abbandono totale volontario, guidato dalle proprie scelte, che diventano interpretazione di ogni singolo momento. Rinnovarsi sempre e interpretare le cose di volta in volta senza codici o schemi.

Arthur Rimbaud espone la propria dichiarazione di indipendenza spirituale e poetica. Lo fa attraverso il distacco dal mondo, riscatta la propria anima e la lascia fluire nel mistero dell’eternità.

Mai più un finalmente

Poi che da voi sole,
Braci di raso,
Esala il Dovere,
Senza un: finalmente.

Il poeta desacralizza il sole, non è vita, verità, ma qualcosa che colpisce, cattura, illude, inganna. Il sole non illumina, brucia dolcemente, come una passione sterile, decorativa, inutile. È un sole che non salva, ma seduce e consuma.

È un sole che domina, imprigiona riesce a generare quel senso del “dovere” che è imposizione e molte volte sottomissione. Il “dovere” non porta da nessuna parte. Non arriva mai il momento in cui si dice “è finita”, “è valsa la pena”, “siamo salvi”.

L’eternità non ha orizzonte

Là niente speranza,
Non c’è un orietur.
Scienza con pazienza,
Il supplizio è certo.

Il “là” richiama lo spazio dell’Eternità, già evocato prima. Ma qui si fa chiaramente privo di qualsiasi speranza. Nessun conforto ultraterreno, nessuna illusione. È l’anti-apocalisse, l’anti-religione. L’Eternità non offre salvezza, ma è un luogo senza luce interiore, senza attesa, senza senso: il vuoto. “Non c’è un orietur”, ovvero non ci sarà nessuna alba in grado di rischiarare l’ eterno. Nessuna redenzione. Nessun futuro luminoso. Non ci sarà un “dopo” migliore.

Il sapere (“scienza”) e la resistenza (“pazienza”) sono tutto ciò che resta. Sono le virtù tragiche di chi conosce e accetta. Nessuna fede, nessuna speranza. Solo la lucidità, la conoscenza dell’inutile, l’accettazione disciplinata del nulla. Un atteggiamento quasi stoico, ma senza nobiltà: sopravvivere sapendo che non c’è salvezza.

Non solo non c’è speranza, ma la sofferenza è inevitabile. La vita stessa, o forse la coscienza dell’eterno, è una forma di condanna esistenziale. È la consapevolezza che brucia, e che non smette mai.

Tutto è destinato a sfuggire

È ritrovata.
Che? – L’Eternità.
È il mare andato via
Col sole.

L’assoluto è riapparso. Evidentemente, l’incontro con Paul Verlaine riprende vita. Arriva come una rivelazione. L’”Eternità” non ha bisogno di aggettivi. È un nome puro, che non va definito ma semplicemente riconosciuto. L’effetto è volutamente enigmatico: la poesia non spiega, ma rivela.

Tutto scompare, come quando al tramonto il giorno finisce. “Il mare”, che personifica Paul Verlaine, svanisce, non è più visibile. “È andato via” con il sole, simbolo della luce, chiarezza, rivelazione.

Mare e sole sono due archetipi che insieme generano una visione totale: unione di materia e luce, corpo e spirito. Ma “andati via” indica una perdita, non una permanenza: l’Eternità è una bellezza che si sottrae, una verità che non può durare nel tempo, ma solo nel lampo dell’intuizione. L’eternità, per Arthur Rimbaud, non è una durata, ma un attimo assoluto.

L’eternità non è promessa di salvezza, ma rivelazione improvvisa di un tutto che si dissolve. Un abbaglio sublime. Un momento che basta a sé stesso. Un’illuminazione senza via di ritorno.

Il volto di Verlaine dietro il sole

Paul Verlaine è una presenza invisibile ma persistente nella poesia. Lo è nella figura del “giorno di fuoco”, lo è nell’immagine del dovere che “esala” dal sole, braci di raso, senza mai compiersi. È un amore senza un “finalmente”, una tensione che non si chiude, un’infinità che logora.

L’Eternità, in fondo, è anche la memoria di un attimo d’amore così totalizzante da non potersi ripetere. Come il mare che si allontana col sole, ciò che resta è un vuoto perfetto: eterno.

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