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“Le tue mani”, la poesia di Neruda sull’importanza del tatto per l’amore

Non possiamo più toccarci, il contagio del Coronavirus lo vieta. "Le tue mani" di Pablo Neruda ci fanno riflettere su cosa si perde in amore

Le tue mani, è una delle poesie belle di Pablo Neruda che in questo strano periodo di pandemia fa riflettere. Neruda esordisce Quando le tue mani muovono, amore, verso le mie, cosa mi portano in volo? Le mani inevitabilmente sono il senso della complicità, del riconoscersi senza dover guardare, dell’unione intima, dell’emozione più forte. Le mani permettono di colmare le distanze, permettono l’unione fisica e ancora più quell’intimità che solo la fisicità può regalare. 

L’amore, si sa senza dover ricorrere agli esperti, non è fatto solo di parole, di sguardi, di baci. Le carezze, gli abbracci sono fondamentali nel con-tatto con l’altro. Le mani sono un propulsore di energia emozionale che aiuta immediatamente a percepire l’altro. 

Adesso, però, il contagio è il nemico privilegiato del contatto. E le mani sono la base del contatto. Quindi, diventano inesorabilmente uno dei principali protagonisti della trasmissione del virus. Bisogna lavarle, disinfettarle, coprirle con i guanti, renderle distanti dagli altri. Che peccato!

Tutto il valore simbolico delle carezze, dello stringere la mano o le mani a chi si ama, a chi si rispetta, a chi si stima, a chi si vuole bene, non è più permesso. Le mani, il con-tatto sono il pericolo. Bisogna interrompere i legami. E come spegnere l’interruttore di un dispositivo elettrico. Inevitabilmente, siamo destinati a a perdere energia.

"Ancora abbiamo perso questo tramonto" di Neruda, la sofferenza per un amore distante

“Ancora abbiamo perso questo tramonto” di Neruda, la sofferenza per un amore distante

Nella poesia “Ancora abbiamo perso questo tramonto” Neruda esprime cosa si prova lontani dalla persona che si ama, un sentimento comune oggi e dovuto al distanziamento sociale

La poesia è  tratta da I versi del Capitano

Le tue mani, è tratta dal libro I versi del Capitano, una raccolta di poesie pubblicata per la prima volta a Napoli nel 1952  in forma anonima, e in edizione limitata di 44 esemplari. L’idea della pubblicazione fu di Paolo Ricci, noto pittore, critico d’arte, giornalista e forte intellettuale antifascista. Solo l’anno successivo il libro fu pubblicato per i lettori dall’editore Losada di Buenos Aires, con una nota introduttiva di Rosario de la Cerda, nome fittizio dietro cui si celava Matilde Urrutia, prima amante e poi diventata  terza moglie di Pablo Neruda. 

L’edizione del libro a nome Pablo Neruda avvenne per la prima volta in Cile, nel 1963, con una nota scritta dallo stesso Neruda che spiegava perché era stato utilizzato l’anonimato. 

 

Le tue mani– Pablo Neruda

Quando le tue mani muovono,
amore, verso le mie,
cosa mi portano in volo?
Perché si sono fermate
sulla mia bocca, all’improvviso,
perché le riconosco
come se una volta, prima,
le avessi toccate,
come se prima di esistere
avessero già percorso
la mia fronte, la mia cintura?

La loro morbidezza giungeva
volando sul tempo,
sul mare, sul fumo,
sulla primavera,
e quando tu hai posato
le tue mani sul mio petto,
ho riconosciuto quelle ali
di colomba dorata,
ho riconosciuto quella creta
e quel colore di grano.
Per tutti gli anni della mia vita
ho vagato cercandole.

Ho salito scale,
ho attraversato scogliere,
mi hanno trascinato via treni,
le acque mi hanno riportato,
e nella pelle dell’uva
mi è sembrato di toccarti.

Il legno di colpo
mi ha portato il tuo contatto,
la mandorla mi annunciava
la tua morbidezza segreta,
finché si sono strette
le tue mani sul mio petto
e lì come due ali
hanno concluso il loro viaggio.

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